Il disastro del Tupolev diretto in Siria fa riflettere i russi sull'opportunità dell'avventura militare siriana e sulle possibili prossime mosse del Cremlino sullo scacchiere mediorientale. Mentre il costo umano ed economico dell'operazione sale. E si fa più realistica la prospettiva di rimanere incastrati in un conflitto senza fine

Le scatole nere sono state rinvenute a 17 metri di profondità nel Mar Nero, a 8,6 miglia nautiche dalla costa di Sochi, dal cui aeroporto il Tupolev 145 era decollato un minuto prima di sparire dai tracciati radar. Ci vorranno una o due settimane per una prima lettura, e mesi per avere un quadro più preciso del disastro aereo che ha provocato 92 vittime il giorno di Natale. Ma il ministero della Difesa russo ha già una sua versione quasi definitiva: insufficiente spinta dei reattori al decollo e successivo stallo aerodinamico. Un incidente, insomma. Secondo fonti citate dalla Tass, il pilota ha tentato un ammaraggio e il velivolo si è impennato rovesciandosi su un lato. Ma alcuni investigatori sentiti dalla Interfax hanno riferito che sui corpi recuperati ci sono le tracce di un'esplosione.


ESPLOSIONE NON VUOL DIRE ATTENTATO

Precedenti dichiarazioni secondo cui i rottami dell'aereo sono sparsi su più di quattro miglia nautiche (circa otto chilometri) e i cadaveri risultano smembrati, avevano fatto suonare più di un campanello. Ma anche se la versione del ministero della Difesa fosse incorretta e ci fosse stata un'esplosione, ciò non implicherebbe necessariamente un attentato: gli esperti ricordano il caso del volo TWA-800 diretto da New York a Roma via Parigi ed esploso con 230 persone a bordo sull'Atlantico il 17 luglio del 1996 12 minuti dopo il decollo dall'aeroporto JFK di New York. Era il 17 luglio del 1996. Una lunga inchiesta concluse che fu un incidente, causato probabilmente da un'esplosione di gas all'interno di un serbatoio di carburante, innescata da un corto circuito. Da allora gli standard internazionali richiedono l'installazione a bordo di accorgimenti tecnici in grado di evitare un simile evento. Ma il Tu-145 proveniente da Mosca e rifornitosi di carburante all'aeroporto di Sochi poco prima di sparire dai tracciati aveva più di trent'anni. Il ministero della Difesa russo ha annunciato che non utilizzerà più quel tipo di aereo.

Che si sia trattato di incidente o di terrorismo, il disastro del Tupolev diretto in Siria fa riflettere i russi sull'opportunità dell'avventura militare siriana e sulle possibili prossime mosse del Cremlino sullo scacchiere mediorientale, mentre il costo umano ed economico dell'operazione sale e la prospettiva di rimanere incastrati in un conflitto senza fine appare sempre più realistica: "la Russia potrebbe ritrovarsi in un circolo vizioso di sangue", dice all'Espresso l'esperto di politica estera russa in Medio Oriente ed ex diplomatico Nikolay Kozhanov.


IL "CIRCOLO VIZIOSO"

Nel giro di otto giorni è stato assassinato l'ambasciatore russo a Ankara Andrei Karlov, tre poliziotti sono rimasti uccisi in Cecenia in un attacco rivendicato dall'Isis, e adesso questo: sono morti artisti, giornalisti delle reti televisive nazionali, e "Doktor Liza" il medico Elizaveta Glinka, attiva in decine di missioni umanitarie e popolare in Russia quanto da noi il chirurgo di guerra Gino Strada. Gente pacifica, che andava in Siria non per combattere ma per lavoro, come i cantanti dell' Alexander Ensemble e i giornalisti, o per portare aiuti sanitari.

Una settimana orribile che nel 2016 segue: la morte di due infermiere russe all'inizio di dicembre nel bombardamento di un ospedale militare ad Aleppo; l'abbattimento di un elicottero di ritorno da una missione umanitaria nell'agosto scorso, con cinque vittime; l'uccisione di tre soldati addetti agli aiuti umanitari e di un consigliere militare tra febbraio e giugno. Senza contare l'attentato jihadista che il 31 ottobre 2015 costò la vita alle 223 persone a bordo dell'Airbus di linea russo sul deserto del Sinai.


COSTI E BENEFICI

Il quotidiano indipendente Vedomosti in un editoriale sostiene la necessità di un dibattito pubblico sulla partecipazione alla guerra, "perché tutti vi partecipiamo, volontariamente o involontariamente". I caduti tra i civili superano quelli tra i soldati (25 in tutto dall'inizio delle operazioni, secondo i dati ufficiali) e aumenteranno ancora, a causa di attentati, o anche di incidenti, scrive Vedemosti. "Per quali scopi, queste vittime? I costi umani sono troppo alti", spiega l'editorialista.

"Mosca ha sottovalutato i rischi dell'intervento militare nel conflitto", ha scritto l'analista di politica internazionale Vladimir Frolov, secondo cui "prima o poi si dovrà uscire da questa guerra, ed è meglio farlo prima che i costi superino i benefici già raggiunti". I caduti tra i miltiari ufficialmente sono stati finora 25. E i più triviali costi economici non scherzano.


MILIARDI IN FUMO

Combattere in Siria costa alle casse dello Stato russo da 2,3 8 milioni di dollari al giorno. In quindici mesi si sono spesi tra uno e 3,6 miliardi, alla faccia della crisi economica che continua a far scendere stipendi e potere d'acquisto dei russi. D'altra parte, la campagna militare lascia ben poco spazio ad altre priorità di politica estera e interna. Anzi, è diventata essa stessa politica interna: i media di stato hanno cavalcato la guerra per stimolare il patriottismo dei russi e fare in modo che stringano la cinghia con un certo orgoglio e senza protestare.

Verso la fine del 2016, la propaganda ha potuto celebrare quello che in effetti è stato un ottimo risultato, per Vladimir Putin: la riconquista di Aleppo, la seconda città della Siria, da parte dell'alleato Bashar Assad. E' stata una bella fatica buttare tutte quelle bombe sui civili per aprire la strada a miliziani del dittatore, ma la missione è stata compiuta. Ora si può addirittura parlare di processo di pace, o di mezza-pace, al tavolo della trilaterale Mosca-Ankara-Teheran, anche se Assad risulta più invadente del previsto nel dettare condizioni e rende difficile il negoziato. E fermo restando che una pace vera può esser raggiunta solo tornando a trattare con li Stati Uniti.


ATTACCHI E TRATTATIVE

Con la presa di Aleppo la Russia ha acquisito la certezza di poter influenzare ogni regolamento della crisi ma ha anche fatto un passo verso "il graduale incagliamento nel conflitto siriano", dice Nikolai Kozhanov, sottolineando come ormai la presenza degli stivali russi sul terreno (forze speciali, addestratori, consiglieri, genio) non possa più esser negata e non potrà che aumentare. "Mosca è perfettamente consapevole del fatto che non è possibile pacificare la Siria solo con la spada, ma sta utilizzando la tattica trattare solo dopo un attacco vincente", aggiunge l'analista diplomatico.

L'offensiva su Aleppo infatti è iniziata dopo il collasso dei colloqui del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov con il segretario di Stato americano John Kerry. E prima di iniziare colloqui con la nuova amministrazione Usa, "potrebbe esser ritenuta necessaria la presa di un'altra roccaforte in mano agli oppositori di Assad: la città di Idlib. Mi aspetto che i combattimenti in Siria nel prossimo futuro so concentreranno a Idlib, col pieno coinvolgimento della Russia", conclude Kozhanov.

Che la forza militare di Mosca non abbia in vista alcun disimpegno è dimostrato dalla figuraccia fatta dai siriani di Assad a Palmyra, obiettivo di una efficace controffensiva dell' Isis poche settimane dopo la liberazione della città. "Una brutta botta per l'immagine di Mosca e di Assad, e la riprova che l'eccessiva fiducia in sé stessi è sempre punita, e che lo Stato islamico è ancora in grado di combattere e di attaccare", secondo Kozhanov. "Le forze di Damasco hanno dimostrato di aver raggiunto il limite della loro capacità nel riconquistare e tenere le posizioni, e solo con il sostegno di Russia e Iran potranno garantire il controllo territoriale".

"C' E' SOLO IL DIALOGO"

L'intervento russo in Siria è nato per opportunismo, senza una strategia a lungo termine né una strategia di uscita. Vladimir Putin ha dimostrato che, per capacità militare e disposizione a utilizzarla, la Russia non può che esser considerata una potenza globale. Il ruolo guadagnato in Medio Oriente con le armi implica una presenza stabile, che sarà semmai rafforzata, e non certo diminuita. Nelle guerre è sempre più facile entrare che uscirne, e in questo caso non sembra proprio aver fretta di farlo. Anzi, il successo in Siria sembra aumentare l'ambizione di Putin, che sta da tempo interessandosi al caos libico e non fa mistero del suo sostegno a Khalifa Haftar, il leader militare la cui fazione controlla più territorio di ogni altra in Libia.

"Il dialogo, c'è solo il dialogo", rispondeva la dottoressa Elizaveta Glinka sui teatri di guerra se qualcuno gli chiedeva in che modo si può porre fine a un conflitto. Per ora, la tattica di far precedere ogni dialogo da un' offensiva ha pagato, nell'impresa di Vladimir Putin in Medio Oriente. Oltre a una tattica, è anche la ricetta per una guerra infinita. Ma su questo al Cremlino oggi non si riflette. Si resta concentrati su come massimizzare i benefici militari e politici, e non si pensa troppo ai costi, o alle vittime dirette e indirette. Qualsiasi cosa sia successa sul Tupolev in rotta verso la Siria, potrebbero essere ancora molti i caduti e soprattutto gli "effetti collaterali" che i russi dovranno piangere.