Nei giorni in cui il Parlamento Europeo vota il congelamento della procedura d'ingresso di Ankara - a cui il presidente turco ha risposto minacciando di "aprire i valichi" - viene confermata la cella, in attesa di una sentenza per "terrorismo armato", ad autori, intellettuali e giornalisti di un quotidiano sospeso ad agosto

Rischiare l'ergastolo per un articolo. Un'idea, un'opinione. È la nuova normalità nella Turchia post-golpe, dove ieri è stato confermato il carcere in attesa di sentenza per Asli Erdogan, scrittrice pluripremiata all'estero e in patria, e Necmiye Alpay, una linguista, insieme ad altri quattordici editor e collaboratori del quotidiano Özgür Gündem, chiuso ad agosto con l'arresto di amministratori e giornalisti, fra cui le due intellettuali. Asli Erdogan è accusata di terrorismo armato per la presunta propaganda a favore del partito curdo dei lavoratori (Pkk), «solo in connessione al suo esercizio pacifico del diritto alla libertà di espressione», come ha scritto la rete internazionale di autori Pen, rinnovando in un appello la richiesta al governo – democratico - di Ankara di «non usare lo stato d'emergenza per zittire ogni dissenso pacifico, i media e la formazione».


Esattamente quanto sta continuando invece ad accadere, secondo quanto riconosciuto anche dal Parlamento Europeo che ieri ha votato a larga maggioranza il congelamento della procedura d'ingresso del paese in Europa per le misure sproporzionate di repressione attuate dopo il golpe, misure che «attentano ai diritti e alle libertà fondamentali riconosciuti dalla Costituzione turca», oltre a violare «i valori democratici fondamentali dell'Unione europea». La reazione è stata quasi immediata: «Se l’Europa si spingerà troppo oltre, permetteremo ai rifugiati di passare dai valichi di frontiera», ha dichiarato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il giorno dopo il voto.


Continua, così, il duello fra sicurezza dei confini, flussi migratori e pressioni per il rispetto dei diritti umani in Turchia. In mezzo, oltre centoventimila arresti nella società civile. «Difendo il diritto a dare voce alle mie opinioni», ha detto ieri Alpay in un'udienza del processo, la cui continuazione è stata posticipata a febbraio. Un piccolo comitato s'era riunito fuori dal tribunale per portare supporto agli intellettuali processati. Can Duendar, l'ex direttore del quotidiano  Cumhuriyet che ora vive in esilio, ha parlato alla fiera del Libro di Francoforte, in ottobre, per esprimere solidarietà a Asli Erdogan, i cui libri sono stati tradotti in 17 lingue. Anche in Italia è stata diffusa la campagna “Io leggo Asli Erdogan” coordinata da alcune associazioni, che invitano a leggere brani dell'autrice inviando video e foto di sostegno. La scrittrice, spiegano, rischia di vedersi aggravare, in carcere, le sue confizioni di salute.