"Le violenze delle milizie armate di al-Baghdadi non hanno niente a che fare con la nostra fede islamica". Perché i musulmani credono nella convivenza pacifica. Come sta avvenendo in Puglia. Parla Saifeddine Maaroufi, imam di Lecce

Saifeddine Maaroufi da più di 10 anni predica fra Tunisia, Italia, India, Marocco. Come Imam di Lecce guida una comunità in crescita, anche per gli italiani che si convertono all'Islam. La voce calma, l'aria sorridente, non si limita a seguire le preghiere nella moschea di via Livio Tempesta, a coordinare l'attività delle due associazioni “NOI Salento” che ha fondato per promuovere il dialogo fra musulmani e pugliesi, ma condivide consigli, domande e dibattiti in Rete.

In un video mostra ai novizi il modo giusto per compiere le abluzioni; su Facebook risponde ai fedeli; per blog e siti web traduce e commenta la dottrina religiosa, con posizioni a volte bollate come troppo “progressiste” da alcuni commentatori ostili. A “l'Espresso”, ha spiegato perché il mondo islamico deve ripudiare la violenza messa in campo non solo da Isis, ma anche dalle altre formazioni terroristiche. Perché «i giovani che scappano da casa per unirsi a delle guerre ingiuste, che non fanno che alimentare l'odio e le sofferenze, non stanno certamente seguendo i precetti del profeta».

L'unico modo per non farli partire dall'Italia, dice, è «far conoscere il vero messaggio di pace dell'Islam». Possibile, nel paese spaventato di oggi, dove, come è successo a Firenze, i vicini chiamano i vigili per impedire una preghiera autorizzata? «Assolutamente sì», risponde: «E lo posso dimostrare. Con il nostro esempio».

Ben 125 imam hanno scritto una lettera - "Letter to al-Baghdadi" - per condannare le violenze compiute da Isis definendole contrarie ai principi del Corano. È d'accordo?
«Sono d’accordo. I crimini che le milizie armate di al-Baghdadi commettono contro liberi cittadini irakeni e siriani, di diverse etnie e religioni, non ha assolutamente niente a che fare con la nostra fede islamica. E la nostra voce di condanna deve arrivare, forte e chiara, a lui e al mondo intero»

In Italia si è mosso qualcuno?
«Sicuramente ci sono state delle condanne, ma non gli è stata data eco. Già ai primi d'agosto, ad esempio, avevo mandato a un giornale locale un messaggio ufficiale, in cui scrivevo: “I cittadini irakeni stanno subendo un'aggressione vandalica da parte di una forza straniera, composta da milizie internazionali, che si vuol nascondere sotto un velo islamico, che di islamico non ha nulla. Perciò condanno quello che hanno fatto e quello che stanno facendo e tutto quello che faranno, finché i complici li lasceranno fare”. Non è stata pubblicata»

Perché simili atti di condanna non ci sono stati nei confronti di altri gruppi jihadisti come al-Nusra o Boko Haram?
«Le assicuro che le condanne ci sono state, ma come detto prima, non se ne è parlato abbastanza, perché il problema non preoccupava il mondo, come ora lo fa l’espansione dello stato islamico in Siria e soprattutto in Iraq, terra di petrolio, sotto protettorato americano dal 2003»


Come vivono i musulmani queste violenze? E la risposta dell'Occidente? Si avverte la paura di un nuovo post-11 settembre?
«Il danno esiste ma è relativo: la stragrande maggioranza del mondo islamico vive e continuerà a vivere nello stesso modo in cui ha sempre vissuto, in armonia e tolleranza con il resto del mondo. Certo, c'è il rischio che cambi l'atteggiamento nei confronti dei musulmani, diventando più diffidente e purtroppo anche islamofobo»

Diversi commentatori hanno rispolverato antichi fantasmi. Come quello dello “scontro di civiltà". Anche l'Isis pala di "crociata musulmana contro l'Occidente"...
«Scontro di civiltà: è quello che l’ISIS vorrebbe! Ma in realtà le civiltà orientali (islamiche) e quelle occidentali (cristiane) hanno vissuto insieme da secoli. E sebbene abbiano avuto periodi di tensione l’epoca moderna ha mostrato come queste due civiltà possano sorpassare le differenze per raggiunge un bene comune, di convivenza pacifica. Se ci mettiamo a creare, seppur virtualmente, uno "scontro di civiltà", questo giova solo ai programmi dell'ISIS che vuole un clima caotico, che gli permetterà di infiltrarsi».


Ma lo jihad non implica una difficile convivenza con altre religioni o con istituzioni democratiche?
«Ogni volta che il Corano ha parlato di Jihad, è sempre stato un atto di difesa e mai un atto di attacco. Quindi non c’è nessun rischio per una convivenza pacifica tra i musulmani e non musulmani. Il profeta stesso ha convissuto con gli ebrei a Medina, per anni, con rapporti sociali e di commercio; e così hanno fatto per secoli in Andalusia, dove ebrei, cristiani e musulmani, vivevano e lavoravano insieme per il bene dell’umanità»

E l'aspirazione a uno Stato che riconosca il Corano come legge?
«È una falsa idea, diffusa dalla milizie dell'Isis, quella per cui l’Islam o il Corano ordinerebbero di instaurare un califfato o uno stato islamico. È semplicemente una menzogna. L’Islam richiede ai musulmani di aumentare la loro fede e di portare il messaggio della fede, ma mai e poi mai ha chiesto di creare uno Stato islamico»

Giovani da tutto il mondo però stanno partendo per combattere quella battaglia...
«Rispondo con un esempio chiaro: “Un giovane uomo venne a chiedere il permesso del profeta ?, per andare a fare Jihad [combattere], allora il messaggero di Dio, gli chiese se avesse dei genitori e la risposta fu: Sì. Allora il profeta? gli ordinò: {È nei tuoi genitori che devi fare jihad [curandoli e accudendoli]}.” I giovani che scappano da casa, abbandonando i loro genitori per unirsi a delle guerre ingiuste non stanno certamente seguendo i precetti del profeta»
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Da dove nasce la radicalizzazione che porta tanti occidentali a unirsi ai militanti di al-Nusra o Isis?
«Credo che derivi da una conoscenza molto limitata della fede. Gruppi come quelli del ISIS approfittano di questa ignoranza per trascinare i giovani dentro giochi politici che non immaginano. La guerra in Siria è stata solo una scusa, un modo per approfittare della violenza che ha sommerso il paese e poi tutta la regione: se fossero andati a liberare la Siria da un dittatore, perché stanno attaccando l’Iraq?»

Molti musulmani cresciuti in Occidente si sono messi a combattere perché ritenevano insopportabili le violenze del regime di Assad contro la popolazione, nell'indifferenza delle forze internazionali, mentre sul campo cresceva l'integralismo religioso...
«Per la fede islamica è un principio di base quello che dice che non sarai un vero credente, finché non desidererai per tuo fratello quello che desideri per te stesso: se vogliamo la pace per noi dobbiamo desiderarla per tutti i nostri fratelli. Ma questo non significa andare a fare la guerra: queste cose non sono lasciate alla libera interpretazione, sono legiferate dai teologi sapienti. E tutti i sapienti, ad eccezione di una manciata, hanno chiaramente condannato questa guerra»

Cosa può o dovrebbe fare secondo lei la comunità islamica italiana e internazionale per frenare i fondamentalismi?
«Per i musulmani in Italia credo che sia necessario incoraggiare la conoscenza e lo studio, strutturato e chiaro. Oltre che la formazione delle guide spirituali. E non bisogna assolutamente sottovalutare dichiarazioni o atteggiamenti violenti»

Non c'è anche il rischio che sia la mancanza di integrazione a fomentare l'odio verso le istituzioni? A lei è mai capitato di subire attacchi per via della sua fede?
«Da noi a Lecce non è mai successo, perché da anni abbiamo instaurato un’atmosfera di dialogo e di apertura verso l’altro. Partecipiamo a delle conferenze e degli incontri regolari che permettono alla gente di conoscere meglio i musulmani e questo chiude la porta all’islamofobia. Quando emergono questi atteggiamenti hanno una sola causa: l’ignoranza»


Non sempre però gli sforzi per raccontare l'Islam, anche sui media, hanno un effetto positivo. Nemmeno nella stessa comunità islamica...
«Tanti musulmani in Italia avvertono quest'attenzione mediatica come negativa, si sentono aggrediti. Ma personalmente penso che questa attenzione avrà solo effetti positivi: tante domande verranno poste e le risposte saranno date, e di conseguenza, tanti pregiudizi saranno rimossi. Non abbiamo niente da nascondere»

Quindi, anche i musulmani devono fare un passo avanti?
«Sicuramente la buona convivenza dipende anche dall'atteggiamento dei musulmani stessi, dal loro comportamento, dalla loro voglia di farsi conoscere, andando a rompere i pregiudizi prima di subirne le conseguenze»


Mancanza di luoghi di culto, rispetto del ramadan, degli orari di preghiera, norme sui cibi nelle mense scolastiche... Non siamo un po' in ritardo rispetto al resto dell'Europa sulla convivenza inter-religiosa?
«Sicuramente quelli che ha elencato sono tutti punti dolenti. Dobbiamo lavorare insieme, non attendere che gli esempi arrivino dal resto d’Europa. L’Italia ha le sue caratteristiche storiche e sociali, evolve al suo ritmo, ma in certi campi si potrebbe accelerare, rendendo migliore la convivenza tra musulmani e non musulmani»

Secondo lei su questi temi il governo Renzi si sta muovendo nel modo giusto?
«Non seguo molto la politica, ma credo che temi come il dialogo e il confronto inter-religioso, o il rispetto della libertà di culto e la rappresentatività di tutti nelle istituzioni, siano passi necessari per una pace e una armonia sociale durature»