In Puglia si diffonde il complesso del disseccamento rapido dell'olivo. Cittadini e ricercatori sono divisi: abbattere le piante è davvero la soluzione? Le certezze scarseggiano: come le risorse destinate all'emergenza

Il colore delle foglie non è più verde. Somiglia più a quello della terra leccese, rossa. Colpa del Complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRo), un'infezione rintracciata nel Salento e riconducibile alla Xylella, un batterio che ha già fatto danni enormi in Usa e Sud America e che, per la prima volta, è arrivato in Europa.

Gli ulivi, dopo secoli di resistenza, seccano e muoiono. Per alcuni agricoltori possono rinascere. Secondo un piano del Governo c'è invece un solo rimedio: abbattere il simbolo della Puglia per impedire all'infezione di proliferare.

Le soluzioni proposte sono diverse. Ma su un punto attivisti anti-abbattimenti e ricercatori pro-eradicazioni concordano: il problema è stato sottovalutato.

Il Piano Silletti
La prima delibera della Regione Puglia contro la Xylella è dell'ottobre 2013. Solo nel febbraio del 2015, Giuseppe Silletti, comandante del Corpo Forestale dello Stato in Puglia, viene nominato Commissario. Ha il compito di arginare la malattia. Silletti, in linea con le direttive europee, mette a punto un piano che prevede l'uso massiccio di pesticidi e una suddivisione della regione in zone: per delimitare la “zona infetta” (tutta la provincia di Lecce) sono state individuate una “fascia di eradicazione” (nella parte nord della provincia, ampia 15 chilometri, che corre dallo Ionio all'Adriatico) e una “zona cuscinetto”, a nord della zona infetta.

Le cifre ballano: gli ulivi da abbattere sarebbero un milione o poche migliaia. Partiamo da numeri certi: un audit della Commissione europea condotto dal 18 al 25 novembre 2014 ha analizzato 13.250 campioni. Quelli positivi alla Xylella sono stati 242: 234 ulivi, 2 oleandri e 6 polygala.

Il Piano Silletti è ufficialmente partito. Al momento sono stati abbattuti sette alberi, a Oria, in provincia di Brindisi. Da quel 13 aprile, molti cittadini presidiano i territori, pronti a fare da scudo agli ulivi.

La bufala della Monsanto
Ad aggiungere confusione alla confusione ci sono anche le bufale. È dura a morire quella che riguarda un disegno globale della Monsanto, potente multinazionale dell'agroalimentare. Secondo la versione complottista, la Xylella sarebbe stata portata deliberatamente su territorio salentino.

I passi successivi saranno utilizzare un insetticida (prodotto dalla Monsanto), sradicare gli ulivi e sostituirli con piante ogm resistenti alla Xylella (sviluppate dalla Monsanto). La prova di questa tesi sarebbe l'esistenza di una oscura società chiamata Allelyx, Xylella scritto al contrario. Tra i sostenitori del complotto c'è anche Sabina Guzzanti che, in un post su Facebook, ha rilanciato l'affaire Monsanto.

Peccato però che non ci sia nulla di verificato. L'ulivo ogm non esiste, la Monsanto non ha intenzione di svilupparlo. La società Allellyx esiste, ma non ha niente di oscuro: è una compagnia brasiliana, acquisita dalla multinazionale nel 2008. Sì, è Xylella scritto al contrario. Proprio perché si occupa di studiare il batterio (arrivato in Sud America molto prima che in Europa).

Le bufale non sono da sottovalutare. Non solo perché hanno ampio seguito (il post di Sabina Guzzanti ha conquistando oltre 44 mila condivisioni e 16 mila like), ma anche perché rischiano di ostacolare chi sta cercando di opporsi alle eradicazioni con un approccio scientifico. “Le dietrologie – afferma Antonia Battaglia, attivista della ong Peacelink – servono solo a gettare benzina sul fuoco. Concentriamoci sui fatti”.

Non ce lo chiede(va) l'Europa
Il rimpallo di responsabilità tra Regione e governo si chiude alla frase: “Ce lo chiede l'Europa”. È proprio così? L'Europa, con due direttive del 2000 e del 2002 definisce il comportamento che uno Stato membro dovrebbe tenere in caso di “introduzione di organismi nocivi”. Tra le misure previste c'è la quarantena.

Il primo provvedimento europeo che riguarda nello specifico la Xylella arriva il 23 luglio 2014, nove mesi dopo la prima delibera della Regione Puglia in cui si parla di disseccamento rapido dell'ulivo. Nove mesi in cui l'Europa, prima di indicare la strada degli abbattimenti, ha atteso risposte certe.

“L'Europa ha reagito così all'incertezza”, dice Antonia Battaglia. Si è basata – si legge nella decisione Ue - sui “dati tecnici e scientifici disponibili”, che “hanno confermato la presenza” della Xylella. Anche se quello rintracciato in Puglia è un ceppo diverso rispetto a quelli studiati sino a ora, con caratteristiche ed effetti peculiari.

Pochi soldi, troppo tempo
Il primo provvedimento della giunta Regionale pugliese è del 29 ottobre 2013. Ma i finanziamenti per sostenere monitoraggio e ricerca arrivano a rilento. La giunta Vendola ha destinato alla Xylella un totale di 10 milioni di euro (quattro dei quali deliberati solo il 30 marzo 2015). In buona parte arrivano dal Fondo di riserva delle spese impreviste. Quattro, però, sono stati sottratti al Programma di Sviluppo Rurale, il serbatoio finanziario dell'agricoltura pugliese cofinanziato dall'Ue. Il 40% delle risorse non arriva quindi da altri comparti: travasa fondi già destinati all'agricoltura destinandoli alla Xylella.

E il governo? Al momento sono arrivati 2,6 milioni dal ministero delle Politiche agricole e altri 5 dal Fondo nazionale di solidarietà. Briciole. “I colleghi d’oltreoceano sono scandalizzati dalla pochezza di quanto messo a disposizione sino a ora”, dice Donato Boscia, virologo del Cnr di Bari. “L'emergenza non solo è stata sottovalutata. È tutt'ora sottovalutata”. “Il problema – afferma Battaglia – è stato affrontato in modo sciatto e deludente”.

I pareri dell'Efsa
A gennaio l’Efsa, l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, aveva suggerito di condurre ulteriori ricerche per “contribuire a ridurre in modo sostanziale le incertezze e consentire di effettuare una valutazione più approfondita dei rischi”. Da allora però, né il governo né la Regione “hanno richiesto un parere scientifico sulla eziologia della malattia”, come scritto dallo stesso direttore dell'Efsa.

A interpellare l'autorità è stata Peacelink. L'associazione ha presentato un dossier con il quale ha ipotizzato che la Xyella fosse solo una concausa dell'essiccamento, al quale parteciperebbero in modo decisivo alcuni funghi. I sintomi della malattia sono stati infatti riscontrati anche in piante nelle quali non c'era traccia di Xylella.

L'Efsa ha affermato che al momento “non ci sono evidenze scientifiche che i funghi siano la causa primaria dell'essicamento rapido”. Ma che, allo stesso tempo, occorre “continuare a indagare” sul ruolo che “agenti diversi” hanno sull'essiccamento.

“Non c'è certezza sul ruolo delle concause”, afferma Battaglia. “A questo punto sarebbe opportuno sospendere l'abbattimento fino a nuove indagini”.

Sulla necessità di ulteriori ricerche conviene anche Donato Boscia. Ma se le premesse sono simili, le conclusioni sono molto diverse. “Non è pensabile condizionare l’attuazione tempestiva di azioni di controllo ai tempi della ricerca. Xylella fastidiosa è un organismo da quarantena, e in quanto tale va affrontato, a prescindere da quello che causi in ognuna delle specie vegetali ospiti, olivo compreso”. In sostanza, Boscia è convinto che, nonostante l'unicità del ceppo pugliese, vadano prese le stesse misure previste per le altre varianti di Xylella. Non c'è abbastanza tempo. Anzi, “era già tardi al momento della scoperta”. Battaglia invece auspica un'applicazione flessibile della quarantena, perché le disposizioni europee si basano su un ceppo di Xylella identificato su vite e agrumi e non sull'ulivo.

Eradicare o curare?
Da mesi l'associazione Spazi Popolari afferma di aver curato dall'essiccamento alcuni ulivi, grazie a un ritorno a pratiche contadine naturali. Niente pesticidi: si irrora la pianta con la poltiglia bordolese, un antico rimedio a base di solfato di rame e calce. L'albero viene poi potato dai rami secchi e il terreno irrorato con un prodotto a base di aglio.

Anche in questo caso si è pronunciata l'Efsa. Ma anche in questo caso ha affermato di non avere sufficienti basi scientifiche per promuovere o bocciare il trattamento. E raccomandato “ulteriori ricerche sul campo”. Antonia Battaglia sottolinea che, a oggi, “nessuno ha ancora ascoltato gli agricoltori”. E chiede tempo, perché “solo la scienza può dare una risposta”.

Anche Boscia è convinto che “l'eradicazione massiva sarebbe del tutto inutile”. Per diverse ragioni: “Il territorio interessato era troppo vasto già al momento della prima identificazione del batterio; il ruolo epidemiologico di almeno un insetto vettore, la sputacchina, capace di saltare, volare e farsi trasportare passivamente; la tipologia delle abitazioni salentine caratterizzate dalla presenza di una infinità di giardini privati. L’eradicazione vista come soluzione finale è un’utopia”. Ma non ci sarebbe alternativa a “estirpi mirati e selettivi nell’ambito di un programma avente l’obiettivo, più modesto ma più realistico, di bloccare o rallentare l’ulteriore espansione del contagio”. Quindi, come ipotizzato da Nichi Vendola, eradicazioni nel brindisino e “convivenza” con la Xylella in provincia di Lecce. “Anche l'Europa ha abbandonato l'idea dell'eradicazione totale”, afferma Boscia “quando ha capito che non si tratterebbe di poche decine di piante ma che ai numeri bisognerebbe aggiungere qualche zero”.

L'opposizione non è solo tra ricercatori e attivisti. Anche all'interno della comunità scientifica ci sono voci discordanti. La ricercatrice dell'Università di Foggia, Antonia Carlucci, ha sottolineato il peso che avrebbero nell'infezione i funghi. Luigi De Bellis, direttore del dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche ed ambinteli dell'università del Salento, afferma che “oggi non possiamo affemrare che la Xylella si la principale causa del disseccamento perché non si sono ancora scolti i testi di patogenicità”, cioè le prassi scientifiche che diostrano la relazione causa-effetto di un microrganismo con una malattia.

Pietro Perrino, dirigente di ricerca del Cnr, ha scritto a Vendola una lettera nella quale afferma che “nessuno conosce le cause del fenomeno”. “Il disseccamento c’è ed è innegabile – scrive Perrino – ma è difficile pensare che possa essere risolto con l’abbattimento degli alberi affetti. La soluzione del problema non sta nello sradicamento degli ulivi né nell’accanirsi contro eventuali patogeni, ma nel ripristino di un’agricoltura a basso impatto ambientale”. E qui le versioni di chi è a favore e contro l'eradicazione tornano per un momento a sfiorarsi.

Perché, per tutti, le buone pratiche agricole sono fondamentali. La diffusione dell'infezione, afferma Boscia, “dipenderà dal livello di applicazione delle misure agronomiche che si stanno attuando in questi giorni: lavorazioni del terreno (arature, erpicature, fresature) mirate a sopprimere meccanicamente le forme giovanili del vettore”, la sputacchina, l'insetto che trasporta la Xylella e amplia il contagio.

Il destino degli ulivi
Il 27 e il 28 aprile, a Bruxelles si riunirà il Comitato permanente fitosanitario europeo. Ascolterà gli esperti e redigerà il nuovo testo per il controllo della malattia. Il 29 aprile, il Consiglio regionale pugliese si incontrerà con Silletti, Boscia e gli esperti dell'Efsa. Ma Italia ed Europa sembrano aver scelto la strada da seguire: no ad abbattimenti di massa ma, in attesa di nuove ricerche, eradicazioni mirate.

La Regione Puglia, con una determinazione del 6 febbraio (precedente al Piano Silletti), ha già scandito i tempi: nel periodo gennaio-aprile, i tentativi di ridurre l'impatto della sputacchina passano da “trinciatura delle erbe”, “lavorazioni del terreno” e trattamenti fitosanitari. Da maggio ad agosto, quando l'insetto-vettore diventerà adulto aumentando la sua capacità di movimento e quindi il suo impatto, ci sarà il salto di qualità: la procedura prevede di “rimuovere le piante infette” e usare in modo massiccio pesticidi su ulivi, alberi da frutto, piante ornamentali. Ma anche su “macchia mediterranea e muretti a secco”.

Antonia Battaglia non ci sta. Ma si dice “pessimista”. Il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha scritto al commissario per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale Phil Hogan per chiedere “un sostegno concreto per tutelare gli agricoltori ed i vivaisti colpiti dalla Xylella fastidiosa”. Il governo, che ha contribuito con appena 7,6 milioni, adesso batte cassa con l'Europa.

“L'Ue chiede certezze – dice l'attivista di Peacelink – ma la domanda di incentivi è già una risposta implicita”: non ci sono certezze. Neppure per gli agricoltori. Coldiretti Puglia chiede la proclamazione dello stato di calamità naturale, che assicurerebbe agli imprenditori olivicoli sgravi previdenziale, sospensione o dilazione delle scadenze fiscali agricole, scadenza di mutui e investimenti rimandate di 5 anni. Il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele ha chiesto che “lo Stato faccia lo Stato”. Da adesso in poi.