Per i Benetton incassi d’oro dalla cessione di Autostrade. Per i manager sotto processo nuove carriere. E lo Stato ha reagito con annunci e con un’authority che ancora deve reclutare il personale. Così quattro anni dopo la tragedia di Genova, la sicurezza è un obiettivo lontano

Quattro anni dopo i quarantatré morti per il crollo del viadotto sul torrente Polcevera a Genova il 14 agosto 2018 chi vive si dà pace. La famiglia Benetton ha ceduto Autostrade per l’Italia (Aspi) per 8,17 miliardi di denaro in gran parte pubblico ed è uscita dal business delle concessioni autostradali. Nel processo iniziato il 7 luglio, e subito rimandato al 12 settembre 2022 per vagliare circa trecento costituzioni di parte civile oltre alle trecentotrenta già ammesse, non ci saranno né Aspi né la controllata Spea, la società di progettazione del gruppo, che hanno patteggiato un risarcimento da 30 milioni di euro, un’elemosina pari allo 0,37 per cento dell’assegno di buonuscita.

«È la più grande vergogna mai vista in Italia. Evidentemente era già tutto pianificato. Se fossi uno degli azionisti di Autostrade per l’Italia starei nascosto in casa per il resto della mia vita e invece ricevono il plauso per il loro “magnifico lavoro”».

Sono le parole di Egle Possetti, portavoce del comitato delle vittime del ponte Morandi, quando il 18 marzo 2022 la Corte dei conti ha dato il via alla cessione di Autostrade-Aspi dalla subholding della famiglia Benetton Atlantia a Hra, una società veicolo guidata da Cassa depositi e prestiti con i fondi Blackstone e Macquarie.

Rimangono le responsabilità individuali dei 59 imputati, a cominciare dall’ex ad di Atlantia e di Aspi Giovanni Castellucci, per un decennio uomo di punta del gruppo di Ponzano Veneto su mandato di Gilberto Benetton, scomparso due mesi e otto giorni dopo la tragedia del viadotto Polcevera. Lui e gli altri hanno scelto la linea difensiva del vizio strutturale ai danni del sessantesimo imputato, il convitato di pietra Riccardo Morandi, morto il giorno di Natale del 1989.

Chi è dovuto uscire dal gruppo Autostrade dopo i morti e gli arresti ha cercato nuove vie professionali. È il caso di Antonino Galatà, ex ad Spea, che a novembre 2019 ha fondato la società An Consulting o del suo ex collega Massimiliano Giacobbi, in Spea dal 2000 fino a raggiungere l’incarico di “gestione dei progetti complessi”, come si legge nel suo curriculum. Nel febbraio 2021 Giacobbi ha costituito e finanziato la sua società di engineering Poliedrica. In Poliedrica lavora Lucio Ferretti Torricelli, imputato anche lui, che in Spea era responsabile dal 2016 delle opere d’arte, cioè i ponti e viadotti.

Che lo stato delle opere d’arte stradali fosse pessimo i tecnici Aspi lo sapevano anche da prima del 14 agosto 2018. Lo shock della voragine, i bambini sulla strada delle vacanze precipitati per decine di metri, lo scandalo hanno imposto allo Stato una replica all’insegna dell’ammuina borbonica.

La prima iniziativa è stata la creazione dell’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria stradale e autostradale, in breve Ansfisa, costituita con il decreto legge 109 del settembre 2018 dal governo gialloverde e dal ministro delle Infrastrutture grillino Danilo Toninelli, autore di duri attacchi alla gestione Benetton. Ma già con il ministro grillino l’Ansfisa ha rallentato. Il primo direttore, Alfredo Principio Mortellaro, si è dimesso a fine 2019 perché non aveva personale. Lo statuto dell’authority è entrato in vigore il 1° maggio del 2020. Soltanto ai primi di agosto di quest’anno l’agenzia, che dal maggio 2021 è guidata da Domenico De Bartolomeo, ex dirigente regionale dei vigili del fuoco in Friuli Venezia-Giulia, ha chiuso un bando di concorso per l’assunzione di quindici dirigenti di seconda fascia.

Intanto che Ansfisa si attrezza, controlli e ispezioni sono stati divisi fra lo Stato e i privati. Le verifiche sulla rete Aspi che hanno consentito un lauto incasso ai Benetton sono state affidate alla Proger, un think tank presieduto dall’ex Legambiente ed ex presidente Enel Chicco Testa, laureato in filosofia. Nel gergo dei lavori pubblici si parlerebbe di affidamento in house visto che Proger è una partecipata di Cdp, la controllante di Aspi, e dell’altra holding pubblica Sace-Simest. Più che una società ingegneristica Proger sembra un salotto della politica. Il vicepresidente è l’ex numero uno dell’Inps Antonio Mastrapasqua, a giudizio per i rimborsi truffa all’ospedale Israelitico di Roma. È stato nel cda Roberto De Santis, imprenditore salentino vicino a Massimo D’Alema. Lo stampatore Vittorio Farina utilizzava la sede romana della spa per i suoi colloqui nell’affare delle mascherine anti-Covid. Fra gli azionisti di Proger, che prospera nonostante la pandemia con oltre 5 milioni di euro di profitti netti su 87 di fatturato, c’è l’avvocato Marco Annoni, che nella sua lunga carriera ha assistito la Stretto di Messina, Astaldi, Quadrilatero Umbria-Marche, la Siremar, due linee metro a Milano e, per variare, l’Ilva.

Sul fronte dell’ex Mit ribattezzato Mims, il ministro Enrico Giovannini ha attivato un fitto colloquio con la stampa a colpi di cifre colossali. L’ex numero uno dell’Istat ha annunciato 104 miliardi di euro di investimenti complessivi di cui quasi 16 nell’anno corrente. Una quota di 2,7 miliardi di euro è destinata alla sicurezza di ponti, viadotti e gallerie.

L’Anas guidata da Aldo Isi ha dichiarato di avere portato a termine oltre 86 mila controlli nel 2021 sulle 18 mila opere di scavalco della sua rete, la più estesa d’Italia. Ai 32 mila chilometri verificatii dalla società, controllata dal gruppo Fs, si sono appena aggiunti i circa trecento km della Roma-L’Aquila, dopo che Strada dei parchi del gruppo Toto si è vista togliere la concessione per disposizione di Felice Morisco, il responsabile ministeriale. Le accuse di scarsa manutenzione sono state respinte al mittente per bocca dell’amministratore delegato di Strada dei parchi. È Riccardo Mollo, ex dg di Aspi imputato nel processo per il Morandi, che è stato nominato nel giugno del 2020 con «il caloroso benvenuto» dell’azionista.

Se tanti accusati del crollo del Polcevera si sono già riciclati non c’è da stupirsi e non solo per la presunzione di innocenza. Nel campo disastri stradali la rubrica delitto e castigo è parecchio sbilanciata a favore delle difese fra perizie tecniche, archiviazioni e prescrizioni.

L’elenco degli ultimi dieci anni è impressionante. In ordine cronologico, il primo incidente grave porta la data del 28 luglio 2013 ed è avvenuto sul viadotto dell’Acqualonga a Monteforte Irpino lungo l’A16 Napoli-Canosa. La sciagura più grave prima del Morandi con quaranta morti è arrivata in appello. In primo grado la condanna più pesante, dodici anni, è toccata a Gennaro Lametta, proprietario del pullman precipitato con i turisti di ritorno dal santuario di San Pio a Pietrelcina. Il dirigente di Autostrade per l’Italia Paolo Berti, a processo anche a Genova, è stato condannato a cinque anni e dieci mesi insieme ad altri cinque colleghi mentre l’ad di Aspi Castellucci è stato assolto e il 9 giugno scorso si è presentato per la prima volta in aula a Napoli a testimoniare. La sentenza è prevista per il prossimo febbraio.

Per il viadotto Scorciavacche sulla statale Palermo-Agrigento, crollato senza vittime una settimana dopo la sua inaugurazione nel dicembre 2014, ci sono tredici imputati inclusi i vertici dell’Anas del tempo, il presidente Pietro Ciucci e il condirettore tecnico Alfredo Bajo. Il processo si è perso fra conflitti di competenza territoriale fra i tribunali di Palermo, Termini Imerese e Roma. Nel 2023 scatterà la prescrizione. Idem per il viadotto Himera a Scillato sulla Palermo-Catania, crollato il 10 aprile 2015 e arrivato in primo grado a marzo 2022 con due condanne a un anno per un dirigente regionale Anas e uno della protezione civile.

Sorte simile attende il processo per il crollo del viadotto di Fossano piombato su una macchina dei carabinieri il 18 aprile 2017, miracolosamente senza vittime. A giugno 2022 è iniziato il dibattimento per dieci imputati. Due tecnici Anas sono già stati assolti con il rito abbreviato.

La prescrizione incombe anche sul crollo della galleria Bertè dell’A26 il 30 dicembre 2019 con ventuno indagati fra i quali Castellucci, Berti e Michele Donferri Mitelli, direttore manutenzione Aspi arrestato per il Polcevera a novembre 2020. Il processo è rallegrato, se così si può dire, dall’intercettazione di un colloquio fra i due ispettori che, invece di ispezionare, intonavano un brano di Loredana Bertè, solo omonima della galleria.

Un mese prima, il 24 novembre 2019, altri due incidenti. In Val Bormida, tra Savona e Altare, una frana ha spezzato in due l’A6, senza vittime ma con conseguenze imponenti per il traffico sul quadrante di nord-ovest, già messo in crisi dalla voragine del Morandi. A gennaio 2021 l’inchiesta è stata archiviata. Nella stessa domenica si è aperta una voragine sull’A21 Torino-Piacenza a Villafranca d’Asti. La Procura astigiana ha aperto un fascicolo modello 45, senza indagati né ipotesi di reato.

Non si ha notizia nemmeno del procedimento contro ignoti per disastro ambientale avviato dopo il crollo del ponte sulla statale 195 Sulcitana fra Cagliari e Capoterra il 10 ottobre 2018.

A Genova l’omicidio colposo plurimo e l’occultamento di prove sono reati più difficili da prescrivere. Soprattutto la visibilità mediatica è molto maggiore rispetto alle altre sciagure, salvo forse l’incidente ferroviario di Viareggio del 29 giugno 2009. Anche lì il top manager, Mauro Moretti, si era riciclato alla guida di Finmeccanica. Tredici anni dopo è arrivata la condanna nell’appello bis.

 

La replica di Proger e la nostra risposta

La replica di Ansfisa e la nostra risposta