La casa è stata acquistata in un’asta e rimessa a nuovo da una ditta che riceve commesse pubbliche. Ristrutturazione per cui – sostiene la ditta – non avrebbe chiesto compensi al governatore veneto. Ma, durante i lavori per costruire la piscina, c’è stato lo smottamento di una collina

AGGIORNAMENTO 24 GIUGNO ORE 19: La replica di Luca Zaia e la nostra risposta

 

Relax, vista mozzafiato e un’atmosfera fuori dal tempo. Persino il nome è incantato: “Torre delle Fate”. A Refrontolo, un paesino sperduto sulle colline del Prosecco in provincia di Treviso, l’antica torretta del dazio austriaco è stata fino al giugno del 2011 la villa di un politico con il vento in poppa: Luca Zaia. Oggi per ammirare la vecchia dimora del presidente leghista del Veneto basta aprire il sito di un lussuoso b&b che promette «una vacanza intima, in una villa immersa nella natura e nella privacy». Dopo la vendita la gestisce una società di Los Angeles, che ne ha fatto un relais esclusivo. Quattro stanze, tre bagni, gazebo, solarium, barbecue, piscina e 1500 metri quadri di giardino. «Un sogno», commentano sul sito della villa visitatori venuti da tutta Europa.

 

L’amore per Refrontolo e i suoi vigneti dev’essere scattato subito nel governatore, che ha fatto proclamare le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene «patrimonio dell’umanità» dall’Unesco nel 2019. La storia che L’Espresso può ricostruire grazie a documenti inediti racconta un lato finora sconosciuto del leghista due volte governatore del Veneto, rimasto sempre lontano da scandali privati e considerato un politico attento al territorio, al paesaggio e al patrimonio del Veneto: nel fascicolo di una vecchia controversia civile emergono sospetti di lavori gratis nella villa del presidente, finanziati da imprese aggiudicatarie di importanti commesse pubbliche, e conflitti di interesse all’ombra delle Prealpi trevigiane.

 

Tutto ha inizio nel 2004, quando Zaia è ancora presidente della Provincia di Treviso e si innamora dell’ex casa del dazio di Refrontolo, che acquista a un’asta giudiziaria per 230 mila euro. Subito si affeziona al luogo «tanto da trasferirvi la residenza», racconta la Tribuna di Treviso nel 2011, «ristrutturandolo in maniera molto accurata per trasformarlo in un bed & breakfast». Torre delle Fate infatti non è sempre stata un elegante resort con piscina. Per rimetterla a nuovo sono stati necessari lavori di risistemazione tra il 2004 e il 2006. Ed è proprio dopo l’apertura dei cantieri in casa Zaia che si verifica un imprevisto: una frana.

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In seguito ad alcune piogge intense, nel maggio del 2004 cede un pezzo di collina su cui poggia la casa appena aggiudicata al presidente. Lo smottamento, secondo i tecnici, non è un evento naturale: nei mesi precedenti erano stati eseguiti dei lavori per risistemare il giardino e installare una piscina con vista sui vigneti del Prosecco. Quella porzione di collina però non regge e scivola a valle, minacciando la strada sottostante. Gli incartamenti depositati al Comune di Refrontolo indicano come responsabile ed esecutore dei lavori Luca Zaia in persona, che dichiara nella denuncia di inizio attività (Dia) di realizzare la ristrutturazione «in proprio». L’unico professionista che sottoscrive una scarna descrizione delle opere è il geometra Mario Piovesan di Volpago del Montello. Non proprio un tecnico qualsiasi: è l’assessore provinciale all’urbanistica della giunta Zaia.

 

Con la frana si scopre che i lavori non erano stati eseguiti dalla ditta «Zaia Dottor Luca», ovvero dal presidente stesso, ma da validissimi collaboratori: nella sua proprietà operavano informalmente gli operai della Cadore Asfalti di Belluno, una società di opere stradali che riceve rilevanti commesse pubbliche, tra gli altri, dall’Anas, dalla Provincia di Treviso e da Veneto Strade, gestore di duemila chilometri di rete stradale nel Nord-Est, di cui Zaia all’epoca era consigliere di amministrazione. Una sorta di “cortesia” per il presidente, per cui «nulla il dottor Zaia ha pagato né gli è stato chiesto di pagare dalla Cadore Asfalti», come sostiene la stessa ditta in un documento visionato dall’Espresso.

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Inizialmente erano previsti solo interventi leggeri ma il geometra di Zaia, Piovesan, aveva presentato nuove carte per consolidare la scarpata e costruire una «piccola piscina». Sotto la supervisione di Zaia e dell’assessore Piovesan però gli addetti della Cadore eseguono lavori diversi da quelli dichiarati: posizionano “terre armate” per ampliare il giardino nei pressi della piscina, una tecnica impiegata per i terrapieni di sostegno delle opere stradali. La scelta si rivelerà non rispettosa della natura geologica della collina, come evidenziato da un perito incaricato nel 2007 dal tribunale di accertare lo stato dei luoghi. Tanto che la scarpata con le prime piogge comincia a franare.

 

Qualcuno deve aver sottovalutato la complessità dell’intervento, eseguito «in assenza di progetto di massima, progetto esecutivo e direzione lavori», come appurato dal perito. Ormai il guaio è fatto e coinvolge, anche se per questioni private, il presidente della provincia e un assessore della sua giunta. Resta da decidere chi pagherà il conto. Ci pensa la Provincia di Treviso: il 6 maggio 2004 l’amministrazione provinciale guidata da Zaia emette un decreto urgente per la messa in sicurezza della frana di Torre delle Fate che minaccia «la pubblica incolumità». I lavori vengono affidati a una ditta di cui era stata «sentita la disponibilità»: la Cadore Asfalti di Belluno, la stessa intervenuta nella casa del presidente. Il provvedimento è firmato dal dirigente del settore gestione del territorio, che fa capo a Piovesan: l’assessore-geometra progettista dei lavori franati. Costo dell’operazione: 47 mila euro, interamente pagati con soldi pubblici.

 

Due anni dopo la frana riprende a muoversi e interessa anche la porzione ancora intatta della scarpata. Zaia stavolta pretende che qualcuno paghi. Con il suo legale di fiducia, l’avvocato Massimo Malvestio, intima alla Cadore Asfalti di risarcire i danni. Il conto presentato dal vicepresidente della Regione Veneto fa saltare sulla sedia l’impresa di Belluno: un elenco di opere del valore di 450 mila euro. Tra i lavori richiesti da Zaia spunta anche un’opera in calcestruzzo armato con micropali, tiranti, drenaggi, e uno scavo per la vasca in cemento della piscina con tanto di «pavimentazione esterna in legno esotico». Con buona pace delle colline patrimonio dell’umanità.

 

La ditta non ci sta e la controversia finisce davanti al Tribunale civile di Treviso. È Zaia nel novembre del 2007 a citare in giudizio la Cadore Asfalti: per i suoi legali ci sarebbe stato «un appalto» e l’azienda sarebbe responsabile di gravi difetti e inadempimenti. Ma la ditta di Belluno offre una versione diversa. Nella sua comparsa davanti al giudice Antonello Fabbro sostiene che il contratto di appalto «non esiste» e ricorda che uno dei soci, Roberto Olivotto, nei primi mesi del 2004 era stato «contattato dal dottor Luca Zaia» il quale gli avrebbe chiesto, «in virtù del rapporto di conoscenza», di «mettergli a disposizione qualcuno degli operai» per la ristrutturazione della sua nuova casa. Quindi l’impresa declina ogni responsabilità, assicurando di aver operato «su incarico, istruzioni, indicazioni esecutive e diretta sorveglianza» di Zaia e dell’assessore provinciale dell’epoca, Piovesan, nella veste di geometra del presidente.

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Sarebbe stato proprio Zaia a ordinare di alzare il livello delle terre armate «sino all’altezza di circa 5 metri», ottenendo «un sensibile raddrizzamento» dell’originaria scarpata, per ampliare «l’area da destinare a giardino dove una delle imprese operanti stava realizzando una piscina», assicura il legale della Cadore, Massimo Camilli. Il gioco si fa duro e Zaia in quel momento ha altro a cui pensare: è il nuovo ministro dell’Agricoltura del governo Berlusconi. La causa viene cancellata dal ruolo perché le parti non si presentano alle udienze, come spesso accade quando si conclude una transazione, cioè un accordo extragiudiziale.

 

Raggiunto da L’Espresso, il presidente Zaia tramite il suo portavoce ha dichiarato che in poco tempo «è impossibile ricostruire in maniera puntuale e con documenti alla mano una vicenda di 18 anni fa», dicendosi disponibile a «commentare eventuale materiale» in nostro possesso. Zaia ha poi precisato che «si parla di lavori minimali rispetto alla mole di opere che si è protratta per anni nell’area, tutti interventi, va sottolineato, autorizzati dagli enti preposti». L’ex assessore provinciale e geometra di Zaia, Piovesan, non ha risposto alle domande mentre l’avvocato della Cadore Asfalti ha reso noto che «Roberto Olivotto, fratello dell’amministratore dell’epoca, ricorda molto poco della vicenda e comunque ritiene di non dover fornire alcuna informazione».

 

Tre anni dopo quei fatti, eletto governatore del Veneto, Zaia rivenderà la villa all’imprenditore Bruno Zago, il re della carta riciclata in Italia, proprietario della Pro-Gest, e consorte. I quali ne faranno un b&b di successo, gestito oggi dalla società californiana della figlia Alessandra e del marito. Forse l’incantesimo di Torre delle Fate si era spezzato, ma non ha impedito al presidente di concludere un ottimo affare: l’ha ceduta a poco meno di 2,3 milioni di euro, dieci volte il prezzo a cui l’aveva acquistata