L’attore è protagonista e regista del famoso testo di Arthur Miller “Sguardo dal ponte”. Dramma sempre attuale di patriarcato, immigrazione e gelosia

In teatro accade spesso. Ci si innamora dei grandi attori o delle grandi attrici e si lasciano andare i giovani talenti, magari per distrazione, vista la velocità con la quale appaiono e poi spariscono dalle grandi città, se mai ci arrivano... Ma questo è un altro discorso, troppo lungo da affrontare in questa sede. I grandi attori, però, quando ci sono, sono applauditi e richiesti un po’ in tutta Italia. Parliamo, per esempio, di Massimo Popolizio, attore genovese ma romano di adozione, apprezzato sia in teatro sia al cinema.

 

In questo periodo è in scena con lo spettacolo “Uno sguardo dal ponte” di Arthur Miller, di cui cura la regia oltre ad esserne l’interprete principale (produzione Compagnia Umberto Orsini-Teatro di Roma-Ert, traduzione di Masolino D’Amico). Il testo è un classico, alcuni di voi lo avranno sicuramente visto almeno nella versione cinematografica del 1962, parlo del film diretto da Sidney Lumet con Raf Vallone. Nel 1958, tre anni dopo la stesura di Miller, era già stato messo in scena, per la prima volta in Italia, da Luchino Visconti (con Paolo Stoppa e Rina Morelli).

 

La storia prende spunto da un fatto di cronaca nera, da cui Miller rimase molto colpito. Il filo narrativo ruota attorno al personaggio di Eddie Carbone (Popolizio), dilaniato dalla passione per la giovane nipote Catherine (Gaja Masciale), cresciuta in casa come una figlia. L’azione – che ha un taglio molto cinematografico – si svolge a Brooklyn, in una comunità di immigrati siciliani. Un giorno arrivano dall’Italia in casa di Eddie e della moglie Beatrice (Valentina Sperlì), i fratelli Rodolfo (Lorenzo Grilli) e Marco (Raffaele Esposito), il siciliano biondo di cui si innamora Catherine.

 

È lui la causa della smodata gelosia di Eddie, vittima di un destino quasi prestabilito, come in un disegno divino, in cui non a caso l’avvocato Alfieri (Michele Nani) svolge la funzione che avrebbe avuto un coro greco. Perché è un testo per noi interessante? Perché ancora una volta si parla dei nostri giorni: dai problemi di integrazione degli immigrati (con tutte le sue derive razziste) agli uomini maschilisti e possessivi presenti in tante famiglie di oggi, fino al grande dilemma legalità/clandestinità. Peccato per la recitazione leggermente sopra le righe di un grande attore, che in questo caso corre il rischio di trasformare il suo personaggio in una macchietta, facendo scivolare nel grottesco il noir di Miller. Ma dirigere se stessi, si sa, non è mai un’impresa facile. Andate a vederlo però, anche solo per la freschezza di Gaja Masciale e per ascoltare una grande storia.

 

Uno sguardo dal ponte

di Arthur Miller, regia Massimo Popolizio

Fermo (29-30 aprile), Gorizia (6 maggio), Milano (9-21).

 

APPLAUSI
Per non dimenticare la devastazione nucleare torna in scena “I monologhi dell’atomica”, tratto da “Preghiera per Cernobyl” di Svetlana Aleksievich e da “Racconti dell’Atomica” di Kyoko Hayashi, con l’interpretazione e la regia di Elena Arvigo. Uno spettacolo da rivedere, il 26 e il 27 aprile al Teatro Argot di Roma.

 

E FISCHI

Sfatiamo un luogo comune: gli spettacoli pensati per i bambini non sono teatro di serie B, né possono essere puro intrattenimento, bensì lavori ben fatti, pensati e costruiti con la stessa attenzione che avrebbe una pièce per adulti. E allora basta spettacoli arrangiati, improvvisati, brutti. Ce ne sono un po’ troppi in giro.