Dalla reinterpretazione dello spazio urbano alla riflessione sullo stato d’animo di chi lo vive. La storia dell’università più grande di Italia riemerge dalle immagini dei fotografi di ieri e oggi. In mostra al Mlac fino al 24 settembre

Non solo architetture, superfici, spazi. Ma anche persone, cose e la reinterpretazione di oggetti che oltrepassa il paradigma della funzione per diventare opera. « Per riappropriarsi del valore delle cose, guardandole fuori dal contesto in cui sono state pensate la prima volta», spiega il fotografo Alessandro Imbriaco mentre, con cura, dispone lungo le pareti le fotografie delle lastre in vetro che mostrano i risultati di vecchi esperimenti sull’elettromagnetismo e di ottica, trovate in un armadietto del Museo di fisica. «Per invitare lo spettatore alla riflessione e creare un cortocircuito tra il significato precedente e le forme decontestualizzate nell’immagine», dicono Jean-Marc e Valentina del duo Caimi&Piccinni che offre una rielaborazione del polo museale della Sapienza.

 

Sono sette gli autori contemporanei che le committenti Ilaria Schiaffini, docente di arte contemporanea e Tiziana Faraoni, senior photoeditor del nostro settimanale, hanno chiamato per raccontare la vita della città universitaria di Roma. «Abbiamo voluto allargare la prospettiva e mostrare non soltanto gli spazi che costruiscono l'ateneo ma anche le persone che lo rendono vivo: studenti, professori, lavoratori» dice Schiaffini. «Le abilità e le visioni dei fotografi che abbiamo selezionato si sono combinate perfettamente per esporre i punti di vista attraverso cui cogliere l'università», spiega Faraoni.

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Così accanto alla riflessione concettuale di Imbriaco e allo sguardo straniato sugli oggetti di Caimi&Piccinni, ci sono gli scorci delle architetture della cittadella progettata nel Ventennio fascista da Marcello Piacentini, fotografate da Andrea Jemolo, che si contrappongono alle atmosfere notturne di Massimo Siragusa. Riccardo Venturi incrocia presente e passato, avvicinando agli studenti di un tempo quelli di oggi. Valentina Vannicola spinge l’osservatore a creare una corrispondenza tra la maestosità delle architetture svuotate dai corpi e lo stato d’animo di chi è stato costretto a vivere il tempo eccezionale della pandemia. Annette Schreyer riporta in immagine le conversazioni con le persone che svolgono un ruolo fondamentale per il funzionamento dell’università.

 

Ma non basta. Nel Museo laboratorio di arte contemporanea dell’ateneo (Mlac), accanto agli autori di oggi ci sono anche i maestri di ieri. Schiaffini e Alessia Venditti, in collaborazione con gli archivi degli autori, hanno riattualizzato la mostra curata nel 1985 da Piero Berengo Gardin per le celebrazioni del cinquantenario del complesso piacentiniano. Una selezione delle fotografie di Paola Agosti, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Mario Cresci, Franco Fontana, Luigi Ghirri e Mimmo Jodice unisce la reinterpretazione dello spazio urbano con la riflessione antropologica.

 

Accanto alle committenze d’autore, in mostra anche materiali di archivio, bozzetti, lettere, libri fotografici e una proiezione di immagini, scelte da Camilla Ferrario e Arianna Laurenti, che raccontano i vissuti della città universitaria dal 1935 ad oggi. Così la mostra “2022, La Sapienza fotografata” riporta in scena un pezzo di storia politica, sociale e culturale del nostro paese.