Si sfornano di continuo serie tv sul nazifascismo. Ma certi tentativi di ridicolizzare  gli orrori sono imbarazzanti. Parla Bernhard Schlink

Nel suo nuovo romanzo - “Olga” (Neri Pozza editore)- racconta vita e amori di una sartina che, dall’impero guglielmino agli anni Settanta, attraversa tutte le stagioni della storia tedesca. Nel suo bestseller mondiale, “Il Lettore”, aveva fatto innamorare un liceale dell’algida Hanna, analfabeta ed ex-kapò di un lager nazista. «Lo confesso», inizia col dirci Bernhard Schlink a Berlino, «ho una propensione per le donne di una certa età che si barcamenano al limite della sussistenza». Ma cosa significa scrivere romanzi sull’amore ai tempi di Auschwitz? E, oggi che in mezza Europa monta l’onda sovranista, possiamo davvero “amare” le nostre Costituzioni, fondamenti giuridici delle società liberali? Schlink per anni è stato giudice e docente di Filosofia del diritto alla Humboldt Universität di Berlino, prima di diventare uno dei più letti scrittori tedeschi.

A oltre 70 anni dal nazismo, letteratura e arte ritornano su quegli orrori. Perché?
«Perché il cosiddetto “Terzo Reich” è un immenso repertorio di materiale storico per ogni tipo di conflitto e di racconto. In quei 12 anni si compenetrano la tirannia e le colpe più bieche con le più nobili aspirazioni alla libertà, dimensioni disumane di corruzione e crimini che ognuno può percepire nella loro abnormità. Una tragedia non solo tedesca ma mondiale».

Ha raccontato l’amore fra un liceale e una ex Kapò. Amore e Morte ai tempi di Auschwitz: non è paradossale?
«Per la nostra generazione fu uno choc confrontarsi con i crimini che i nostri genitori e insegnanti, che ci avevano messo al mondo ed educato, avevano compiuto, visto o fatto finta di non vedere durante il nazismo. Da qui nasce l’amore traumatico fra l’analfabeta e colpevole, Hanna Schmitz, e il giovane studente».

Quel ragazzo insegnerà a leggere alla ex-nazista attraverso Cechov, Omero, i classici della letteratura. La letteratura ha bisogno di un Inferno politico per sopravvivere?
«La letteratura non può non confrontarsi con ciò che la storia le offre, e l’orrore fa parte, come la guerra e la pace, della vita. La letteratura non può nascondersi di fronte ai più sordidi crimini umani».

Ma oggi anche scrittori giovani e non tedeschi - dalle “Benevole” di Jonathan Littell alle “Assaggiatrici” di Rosella Postorino - ritornano sulle orride tracce del nazismo…

«La catastrofe del nazionalsocialismo è un condensato che rivela così tanto della conditio humana che capisco i più giovani autori che continuano a cercare in questo pozzo oscuro le loro storie».

Vuol dire che i maligni non sono poi così banali, come Hannah Arendt giudicava criminali nazisti come Adolf Eichmann?
«Esatto, e per questo ho trovato interessante il film “Morto Stalin, se ne fa un altro”, perché racconta quel che accade nel suo ambiente alla morte del dittatore. L’arte deve saper affrontare il Male in tutti i suoi rimandi. Se visti isolati anche i più truculenti dittatori sono piatti».

Il film dal suo romanzo - “The Reader” - con Kate Winslet e Ralph Fiennes - ha vinto nel 2008 Oscar e Golden Globe. Le è piaciuto?
«È un errore pretendere di rivedere al cinema le stesse scene che avevamo in mente scrivendo il romanzo. “The Reader” è un bel film perché regista e attori ne hanno fatto una bella variazione».

Un grande scrittore tedesco, Martin Walser, ha sostenuto che Auschwitz e la barbarie del nazismo vengono spesso usati come una «moralische Keule«, clava morale da abbattere sulla coscienza de tedeschi ed europei.
«Credo che Walser abbia indicato un vero problema. Non possiamo negare che stiamo assistendo oggi a una banalizzazione non solo del Male, ma anche del passato e della memoria. Non basta sfornare di continuo in tv serie sul nazifascismo; non bastano gesti commoventi o frasi di indignazione per comprendere la deriva delle dittature del ventesimo secolo. Dobbiamo stare attenti a non banalizzare il passato nazista con scadenti prodotti mediali o, peggio, a non relativizzare Auschwitz paragonandolo ad esempio, come fece l’allora ministro degli Esteri Joschka Fischer, con le guerre in Kosovo».

Hitler o Mussolini sono stati trasformati anche in caricature di romanzetti e film...
«Ho provato a leggere “Lui è tornato”, ma per me questi tentativi di ridicolizzare gli orrori del passato restano imbarazzanti».

Veniamo al “Olga. A che serve rileggere l’intero «secolo tedesco«, come lo storico Eberhard Jäckel ha chiamato il ventesimo, con gli occhi di una donna semplice?
«Possiamo vedere nel ventesimo un “secolo tedesco” o leggerlo dalla crisi di Weimar in poi. A me interessava il destino di una donna che vive una storia che non inizia con il nazismo, ma con la Germania imperiale. E poi mi affascinano le donne determinate di una certa età, costrette a vivere sulla soglia della povertà».

Il New York Times lo ha definito “il bardo della sua generazione”: crede al ruolo morale, pedagogico, dello scrittore?
«Non penso che lo scrittore sia un istruttore morale né che la letteratura serva a educare le masse. Lo scrittore deve seguire una certa veridicità nelle sue storie, orientarsi a un senso di rettitudine. Non mi chieda cosa sia la rettitudine, ma ognuno ne ha intuizione. Se scrivo un buon libro, la dimensione morale è implicita».

L’ultimo premio Nobel della letteratura tedesca, Günter Grass, era fedelissimo compagno della Spd. Heinrich Böll un pacifista vicino ai Verdi. Nella Germania della Merkel il rapporto scrittori-politica è molto freddo.
«Nella società tedesca di oggi politica e politici non sono più presi troppo sul serio o con l’entusiasmo dei tempi in cui Grass e Böll pubblicavano le loro storie. Anche la letteratura non si appassiona più come un tempo alla politica o agli affari dei politici. Oggi la realtà ci appare senza alternative: non siamo più nel mondo bipolare della Guerra fredda: allora sì che eravamo convinti di cambiare il mondo».

Un ex giudice e professore di diritto come giudica il fatto che il terzo partito al Bundestag sia oggi la Afd e che in Germania sia rinata una destra xenofoba e razzista?
«È terribile che nella Repubblica federale sia rinato un partito d’estrema destra. L’obiettivo dei partiti democratici deve essere quello di rendere la vita il più possibile difficile agli estremisti e ridurre i partiti razzisti a fenomeni marginali. Certo, la Afd è forte nei cinque Länder all’est, e per i comunisti della Germania-est il nazismo non era che il passato della Repubblica Federale. E ad ovest chi vuole protestare contro il mainstream trova più facile, dopo la crisi delle sinistre, seguire i pifferai populisti di destra».

La democrazia in Europa è in pericolo?
«Basta guardare in Ungheria, alla Polonia o da voi in Italia per vedere che la democrazia liberale è in grave pericolo. Le libertà e i principi sanciti dalle Costituzioni sono un dono inestimabile, ma ne abbiamo goduto così a lungo che ci sembrano scontati. In un’era di complessa economia globale la gente sogna svolte autoritarie e nazionaliste. La realtà è che abbiamo una chance solo se restiamo uniti: nessun ritorno a un presunto utero nazionale potrà proteggerci dalla globalizzazione».