L'autonomia, il legame con la città, i volontari e gli autori forti: sono alcuni degli ingredienti del successo della rassegna di Mantova che quest'anno si tiene dal 7 all'11 settembre e festeggia l'importante traguardo

C’è un momento che Marzia Corraini, gallerista, editrice e tra i fondatori del Festivaletteratura di Mantova, non dimenticherà mai: quando uno dei suoi collaboratori entrò di corsa nell’ufficio di Piazza delle Erbe per annunciarle: «Stanno arrivando le prenotazioni». Era il 1997. Mantova si preparava alla sua prima invasione di lettori.

«Furono giorni straordinari, di adrenalina pura: era l’inizio di un’avventura. E la città ci stava seguendo», ricorda a pochi giorni dall’avvio di un’edizione speciale: la numero venti. Occasione per fare il bilancio di una rassegna che, intercettando la voglia di comunità del Paese, ha proposto un modo nuovo di promuovere la lettura; ha inaugurato la stagione dei festival in Italia. E si è imposta come modello di un progetto culturale e organizzativo. «La preoccupazione, in quella prima edizione, era tantissima», racconta Corraini: «Molti erano titubanti. Era stato necessario prevedere un piccolo biglietto per il pubblico. Per la prima volta si utilizzavano certi spazi per incontri con scrittori e musicisti. Vedere che quel sogno cominciava ad avverarsi ci dava commozione ed entusiasmo».

«Il momento più indimenticabile resta per me, invece, quello del primo incontro pubblico», rievoca Carla Bernini, che col marito Luca Nicolini, presidente del Comitato organizzatore, è titolare della libreria Nautilus Coop di Mantova: «Era luglio. Avevamo convocato i cittadini per discutere su come dare vita a un grande evento culturale. Sembrava una follia. Invece, la risposta della città arrivava. Mantova ha certamente beneficiato del festival: non a caso oggi è capitale della cultura».

I fondatori erano otto (oltre ai tre Laura Baccaglioni, Annarosa Buttarelli, Francesco Caprini, Paolo Polettini, Gianni Tonelli) e in otto sono rimasti nelle edizioni successive («anche se si sono aggiunti gruppi di lavoro con molti giovani, fondamentali per intercettare le novità», precisa Nicolini).

Tutti con un esempio nel cuore: Hay-on-Wye, nel Galles, book-town da 1800 abitanti e 40 librerie, che una decina d’anni prima aveva lanciato l’idea di un festival nel quale far incontrare i lettori con gli scrittori. «Per la prima volta accadeva da noi la stessa cosa», dice Corraini: «Gli autori non parlavano da un palco, ma nei bar, nelle piazze, nei cortili e chiunque poteva avvicinarli. Non solo: la cosa più interessante fu, da subito, la fisionomia del pubblico: lettori appassionati, col gusto del confronto, erano arrivati da tutta Italia. Ancora oggi basta osservare le file nei giorni della manifestazione per rendersene conto: molte amicizie nascono lì, scambiandosi opinioni sui libri in mano».

Condivisione. Ricerca della qualità. Impegno a far scoprire autori ancora non troppo popolari. E senso della misura: quella che la stessa Mantova, dal punto di vista urbanistico e architettonico, con i suoi palazzi dei Gonzaga e le sue corti, armoniche suggerisce: «Mantova è forma e contenuto del Festival», ama dire Corraini. «Detta in modo naturale il numero delle presenze», le fa eco Bernini, che cura una delle sezioni più cresciute, per partecipanti ed eventi: quella dedicata ai bambini: «E crescerebbe ancora, se non ci sforzassimo di limitare la partecipazione: che senso ha organizzare incontri enormi per i più piccoli? Non ci piace l’idea della massa a tutti i costi. In certi spazi, di più non si può». I mantovani aggiungono il resto: «I cittadini tengono moltissimo al Festival, perché sanno che è davvero di tutti. Siamo fieri dell’autonomia che abbiamo saputo conquistare: sganciati dalla politica e dalle varie amministrazioni».

Perché sono i privati a sostenere l’appuntamento, per l’85 per cento delle entrate: solo il 13 per cento del budget arriva da soldi pubblici. Elemento decisivo per un appuntamento che costa, oggi, circa un milione e 300 mila euro (rispetto ai 500 mila iniziali). Chi ci guadagna? «In dieci giorni la libreria in piazza ha il fatturato di una grande libreria nel mese di dicembre», dice Nicolini:«Ma soprattutto, e per il resto dell’anno, ci guadagna il territorio. Festivaletteratura ha risvegliato una città, dando la spinta ad altri bellissimi eventi, come il Festival per l’infanzia e quello di musica da camera. Mantova aveva questa vocazione, doveva solo riscoprirla».

Un’inclinazione che in molti, a seguire, hanno cercato di valorizzare: «Abbiamo dimostrato che i sogni si possono realizzare. Ovunque: con pochi soldi o con molti; nei piccoli centri e nelle grandi città; con tanti autori o meno», dice Corraini di fronte a un Paese, a settembre specialmente, punteggiato da un’infinità di occasioni di cultura in piazza. «Prima non c’erano, ora ci sono. Ma copiare è un’arte, nessuno è riuscito a fare come l’originale», scherza Bernini. Quest’anno, al Festival arriveranno scrittori tra i più amati: da Julian Barnes a Jonathan Coe, da Jay McInerney ad Alain de Botton, da Edna O’Brien a Maggie O’Farrell. E un grande focus sulla letteratura canadese avrà per ospiti Dany Laferrière, Jane Urquhart, Alan Bradley a Allan Stratton.
La rassegna ha avuto una pre-apertura con Jonathan Safran Foer, intervistato da Marcello Fois, a dieci anni da “Ogni cosa è illuminata”. E una Gran parata dei volontari: coriandoli, festoni e musica per omaggiare l’anima del Festival: «I Blue People, dal colore delle magliette, come li battezzarono gli scrittori africani, in un’edizione resa memorabile dalla loro capacità di raccontare storie. I volontari - quest’anno sono arrivate 1600 richieste, ma il Festival può accoglierne 700 - sono il nostro più grosso sponsor», dice Corraini: «Motivati, competenti mettono nell’impegno un entusiasmo decisivo. Mantova anche questo ha lanciato: l’idea di un volontariato nella cultura.

Ha formato un patrimonio di professionalità che farà bene all’intero Paese. E il nostro Archivio, 20 anni di storia in forma di foto, video, documenti, sarà un tesoro accessibile a tutti». «Come si va avanti? Dietro l’apparenza di un format immutato ci sono già stati cambiamenti e la ricerca di vie alternative. Anche quest’anno proporremo riflessioni nuove: come quelle sul linguaggio dei videogame in collegamento con la letteratura», dice Nicolini. Che di fronte a centinaia di scrittori invitati, all’emozione del tu-per-tu con giganti della letteratura, un sogno ce l’ha ancora: portare a Mantova Philip Roth. «Impossibile, lo so», aggiunge, laconico. Corraini lo sorpassa: «Lo scrittore che sogno di incontrare? Quello che devo ancora scoprire».