I valori del 25 aprile sono oggi nelle battaglie per i diritti, per la libertà di amare, vivere, lavorare e conoscere

Nonostante cerchino di nasconderlo, denigrarlo, persino negarlo, il 25 aprile non è e non sarà mai una data qualunque. Anzi, forse non è nemmeno un giorno del calendario. È un giorno della Storia, della nostra Storia. In quel giorno c’è il significato della nostra società attuale, che ci piaccia o no, così com’è oggi, ma che, grazie a quel giorno, abbiamo potuto costruire nella libertà, nella democrazia, nella pace.

 

Come disse Winston Churchill riferendosi ai piloti della Royal Air Force che stavano combattendo la battaglia d’Inghilterra, «Mai così tanti dovettero così tanto a così pochi». Quella frase calza perfettamente anche riferita ai partigiani, donne e uomini coraggiosi, che rischiarono la vita (e molti di loro la persero) per liberare l’Italia dai nazi-fascisti e aprirci le porte alla libertà. Viene da chiedersi: chissà quanti di loro, vedendo l’Italia di oggi, rifarebbero quello che hanno fatto. La risposta è facile: tutti. Perché chi intraprese le strade della montagna o scelse la clandestinità dei Gap (Gruppi di Azione Patriottica) nelle città, lo fece per un fatto politico, certamente, ma anche etico e morale: proporre un modello di società, addirittura di umanità, emancipata, opposta a quella del disegno fascista basato sullo sfruttamento del lavoro, la disparità tra uomini e donne, la politica coloniale.

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Su L’Espresso Luca Casarotti, nella rubrica “Calendario civile”, spiega bene come comprendere il fenomeno della Resistenza. Oggi richiamarsi a quei valori è un dovere civile per ogni coscienza democratica, soprattutto di fronte al ritorno di concetti come quello di difesa della razza contro l’invasione degli immigrati (che non c’è perché i più arrivano in Italia solo per ripartire come documentato ampiamente da L’Espresso nel numero del 26 marzo scorso), oppure quello del lavoro femminile, da utilizzare come risorsa, però schierato ancora in funzione anti-immigrati, dimenticando che gli immigrati, spesso, fanno lavori che gli italiani non vogliono più fare: lavori umili, sottopagati, senza diritti.

 

Ma oggi perché ha ancora senso festeggiare il 25 aprile? Per la memoria di quei giorni, per la memoria storica e civile, per il debito che non finiremo mai di pagare a quei partigiani coraggiosi. Ma anche per ricordarci che le conquiste, se si fanno, poi vanno difese. Però non bisogna fermarci, bisogna andare avanti: il futuro è di chi ha coraggio, visione. Come proprio i partigiani di 78 anni fa ebbero coraggio e visione mettendo in gioco la loro stessa vita. E così viene naturale guardare ai giovani. La tecnologia, un fenomeno indispensabile del nostro tempo, li porta ad essere sempre più numerosi nelle comunità virtuali, ma sempre più soli nella vita reale, con meno protezioni, assistenza, spesso senza guida oppure davanti a modelli sbagliati.

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Allora Loredana Lipperini suggerisce ai giovani come possono attualizzare i valori della Resistenza, la Resistenza di oggi, che si batte per il diritto di scegliere chi amare e con chi vivere, il diritto di scegliere se essere o non essere madri, il diritto alla salute e a un lavoro e uno stipendio dignitosi, riuscendo qualche volta anche a dire la famosa frase del copista Bartleby: «Preferirei di no». Ma anche il diritto alla conoscenza con un’azione che si fa dalla notte dei tempi: leggere, studiare, leggere e studiare sempre di più. La conoscenza apre la porta alla libertà, al futuro, al progresso. Anche questo ci ha insegnato quel 25 aprile.