L’azienda romana Deep Blue forma persone impiegate in scenari molto complessi. Come lo spazio, dove l’Ia farà da assistente agli equipaggi nelle missioni del futuro

«Aveva ragione il campione di scacchi Garry Kasparov quando, nel 1996, battuto per la prima volta da un computer, disse che contrapporsi alla tecnologia ha poco senso. Bisogna sfruttarla per fare cose che, altrimenti, non potremmo fare». A parlare è Simone Pozzi; l’azienda romana di cui è ad, nonché trainer supportato da una settantina di collaboratori, si chiama Deep Blue. Come il computer che sconfisse Kasparov. La specialità è formare donne e uomini impiegati in scenari di stress, complessi, estremi: vigili del fuoco, personale medico, operatori in ambito marittimo o aeronautico, astronauti, in particolare quelli che vivranno lunghe permanenze in orbita, sulla Luna o, chissà, su Marte. «Studiamo l’innovazione tecnologica e il comportamento umano in ambienti come spazio, cielo, mare. Che possono essere affrontati con approcci differenti, da quello ingegneristico a quello filosofico. Il nostro personale è infatti composto sia da chi ha competenze Stem sia da umanisti».

 

La convergenza fra tecnologia e fattore umano va calibrata. «Lo spazio richiede l’uso di tecnologie affidabili. Ma si studia come supportare l’attività dei pellegrini lunari e marziani con Ia e robot assistenti, i “cobot”. Lo impongono i periodi di permanenza oltre l’atmosfera, i lavori cui saranno chiamati gli astronauti e le complessità comunicative. Gli equipaggi dovranno arrangiarsi. La prospettiva più affascinante è concepire l’Ia come membro del team, come mediatore in situazioni di conflitto», precisa Pozzi.

 

Perciò al corso “Human Behaviour & Performance” dell’Agenzia spaziale europea, tenutosi a Colonia, Deep Blue ha istruito i nuovi astronauti su leadership, gestione dei conflitti e fattori multiculturali. «Saranno sempre più importanti le competenze comportamentali, per raggiungere gli obiettivi e per salvarsi la vita», aggiunge Angela Donati, senior training consultant di Deep Blue: «Per ogni tema abbiamo presentato un modello pratico, con simulazioni di squadra e competizioni». L’esplorazione, insomma, si concentra sulle abilità umane dell’Ia: «Monitoriamo l’attività cerebrale di piloti e controllori, sottoponendo i dati al computer. In tempo reale, l’Ia si adatta e semplifica il lavoro. È un supporto che gli astronauti non hanno. Nelle future missioni, però, saranno necessari assistenti sempre più sofisticati, personalizzati. Con cui gli equipaggi si addestreranno».

 

E gli addestramenti hanno applicazioni quotidiane, come nei disastri ambientali. «Qui le persone devono collaborare forzatamente – racconta Donati – un problema per la Protezione civile, per esempio, è coordinare i volontari, meno addestrati. La comunicazione è cruciale, come prendere decisioni di squadra. Lo ha ribadito Luca Parmitano al corso: ognuno si stressa per motivi diversi, ma le tecniche per gestire la tensione sono identiche. Stiamo poi sviluppando un team per gli aspetti giuridici dell’interazione uomo-macchina: se questa causa un danno, di chi è la responsabilità?». Perché le criticità ci sono: «Dipendono dalla crescente complessità delle macchine e delle interfacce – chiosa Pozzi – quando ci sono problemi, il sistema è difficile da gestire. La ricerca oltre l’atmosfera migliorerà ciò che facciamo sulla Terra».