La bancarotta da 10 miliardi di dollari della piattaforma di scambi Ftx dimostra che il sistema si regge su un equilibrio precario, senza regole né controlli. Un Far West ad alto rischio per i risparmiatori che ha affondato anche i Bitcoin

Avviso ai naviganti, quelli in Rete: nel fantastico mondo delle criptofinanza succede anche questo. Quella che segue è una breve storia di balene, pesci piccoli, crack annunciati. E di un mercato globale da mille miliardi di dollari che d’ora in poi non sarà più lo stesso.

 

Il primo atto va in scena il 6 novembre scorso, una domenica. Quel giorno Changpeng Zhao, fondatore e padrone di Binance, annuncia su Twitter ai suoi 7,7 milioni di follower che venderà 500 milioni di dollari in monete virtuali (token) del suo concorrente Ftx. Quest’ultimo, così come Binance, è un cosiddetto exchange, cioè una borsa digitale, senza una sede fisica, in cui milioni di clienti in tutto il mondo comprano e vendono Bitcoin, Ethereum e decine di altre criptovalute.

 

Il tweet di Cz la sigla con cui è conosciuto il miliardario di origine cinese, viene letto dal mercato come un’implicita conferma delle voci ricorrenti sulle difficoltà finanziarie di Sam Bankman-Fried, il ragazzo prodigio, ora trentenne, che ha creato dal nulla la piattaforma di scambi Ftx. Nei tre giorni successivi succede di tutto.

 

Prima il gran capo di Binance racconta, sempre via Twitter, che il suo gruppo è pronto a scendere in campo per evitare il crack della creatura di Bankman-Fried. Anzi no, a ventiquattro ore di distanza dalla prima dichiarazione d’intenti, Cz fa marcia indietro, abbandona al suo destino l’exchange rivale e Ftx scivola così verso una bancarotta da 10 miliardi di dollari, con un milione di clienti in tutto il mondo, decine di migliaia anche in Italia, che potrebbero aver perso per intero il loro investimento.

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Questi però sono solo i danni collaterali di una classica storia di malafinanza. La triste parabola di un presunto genio con buoni appoggi nel giro che conta, figlio di professori di grandi università Usa, finanziatore del Partito Democratico americano, sostenuto a più riprese per centinaia di milioni di dollari da fondi e banche internazionali.

 

Serviranno mesi, forse anni, per ricostruire il labirinto di società, quasi tutte con base nei paradisi fiscali dei Caraibi, che ha fatto da schermo agli affari, quelli in dollari, soldi veri non virtuali, dell’imprenditore californiano precipitato dal sessantesimo posto della classifica dei miliardari stilata dal periodico statunitense Forbes. Fin d’ora però sono evidenti le conseguenze del crack di Ftx sulla credibilità e la stabilità dell’intero sistema delle criptovalute. Un mondo da sempre in equilibrio precario che meno di sei mesi fa è stato scosso da un altro colossale fallimento come quello di Terra, una valuta digitale, una stablecoin, tra le più scambiate sul mercato.

 

Il doppio crack amplifica gli effetti della crisi di liquidità innescata dal rialzo dei tassi varato quest’anno da tutte le banche centrali del mondo. In sostanza, è diventato molto più costoso farsi prestare soldi da investire in criptovalute e affini. E così il valore globale di questo tipo di attività, che un anno fa superava i 2.500 miliardi di dollari, si è sgonfiato fino agli 800 miliardi di questi giorni.

 

Il Bitcoin, di gran lunga la più diffusa delle monete digitali in circolazione, è arrivato a perdere oltre il 70 per cento del suo valore nell’arco di un anno.

 

«Le criptovalute sono un nuovo Far West che minaccia la stabilità finanziaria globale», aveva avvertito già nell’aprile scorso Fabio Panetta, il banchiere italiano che siede nel comitato esecutivo della Bce. E infatti in questi anni il mercato è cresciuto a gran velocità senza regole né controlli. In Rete si sono moltiplicate le offerte con promesse di guadagni mirabolanti per gli investitori. E la crescita velocissima delle quotazioni a partire dal 2017 ha attirato milioni di risparmiatori insieme a molti profeti di una presunta nuova frontiera che prometteva soldi facili in un universo alternativo, libero e irraggiungibile dalla casta dei politici e dei finanzieri del vecchio mondo.

 

«Ci sono migliaia di valute digitali, se ne contano almeno 21 mila, e gran parte di queste sono semplici strumenti speculativi senza nessun concreto progetto d’investimento», riassume Leonardo Maria De Rossi, responsabile dei corsi "Blockchain and Cryptoassets" all’università Bocconi di Milano. E mentre gli azionisti delle società quotate, così come i clienti delle banche tradizionali, possono contare su un sistema di regole che, tra l’altro, serve a limitare i danni di eventuali fallimenti, chi si avventura nel mondo della criptofinanza lo fa suo rischio e pericolo.

 

Esemplare, a questo proposito, è la catena di eventi che ha portato al fallimento di Ftx. La notizia che ha dato il colpo di grazia alla società già sull’orlo del collasso è stata diffusa sul mercato dal principale concorrente di Bankman-Fried, cioè il patron di Binance, Changpeng Zhao. Inevitabile il sospetto che il tweet di Cz facesse parte di una manovra per affossare il rivale. Tanto che il miliardario cinese, ma cresciuto in Canada e residente a Dubai, ha dovuto smentire, sempre via twitter, di aver pianificato in anticipo l’attacco. Anzi, ha spiegato, «il crack provoca danni enormi per la credibilità di tutto il mercato». Difficile negarlo, tanto è vero che nei giorni scorsi diverse altre piattaforme di scambi, tra cui la statunitense Coinbase, l’unica quotata in Borsa, a Wall Street, si sono affrettate a tranquillizzare i clienti, affermando che la situazione era sotto controllo. Sarà, ma intanto il titolo Coinbase ha perso quasi il 20 per cento in un mese, addirittura l’80 per cento nell’arco di un anno. «Il nostro bilancio è tremendamente forte», si è sbilanciato Kris Marszalek, numero uno di Crypto.com, un altro importante exchange. E lo stesso Cz ha minimizzato («registriamo solo un trascurabile aumento dei prelievi») il deflusso di fondi, un paio di miliardi in soli sei giorni, segnalato da alcuni analisti.

 

«La falla nel sistema è proprio nel modello di business degli exchange», spiega Christian Miccoli, fondatore di Conio, società di gestione di portafogli di criptovalute. «Nella gran parte dei casi i clienti consegnano ai gestori della piattaforma di scambi le chiavi private (una sequenza di lettere e numeri) che danno accesso al proprio portafoglio digitale. Va da sé - conclude Miccoli - che questo espone i risparmiatori al rischio che il gestore si appropri del loro denaro per investirlo altrove». E visto che i controlli sugli exchange sono pressoché inesistenti, la tentazione di prelevare i soldi altrui può diventare irresistibile per gli operatori disonesti.

 

Nel caso di Bankman-Fried, le criptovalute depositate presso Ftx sono andate a finanziarie le attività di Alameda, un fondo d’investimento del vulcanico miliardario californiano con base e faraonica residenza alle Bahamas, ospite di convegni con Tony Blair e Bill Clinton e anche gran finanziatore di svariate organizzazioni non profit, tra le quali il sito americano di giornalismo investigativo ProPublica. Con l’andar del tempo, evidentemente, gli investimenti (col denaro altrui) del giovane e rampante miliardario hanno scavato un buco sempre più profondo nei conti del gruppo. Il colpo di grazia è arrivato con il tweet del patron di Binance, che confermando i sospetti già in circolazione sul mercato, ha funzionato come lo sparo dello starter per quella che può essere definita una sorta di bank run, la corsa agli sportelli delle banche tradizionali. Un numero imprecisato di clienti, di certo nell’ordine delle centinaia di migliaia, ha cercato di ritirare le proprie criptovalute incautamente affidate a Ftx.

 

Com’era prevedibile, l’exchange è collassato nel giro di poche ore e siccome non esiste alcun meccanismo di protezione dei depositi, come invece succede per gli istituti di credito in Italia e quasi ovunque nel mondo, adesso i risparmiatori sono costretti a sperare che dalla liquidazione dell’impero di Bankman-Fired emergano attività sufficienti a rifondere almeno in parte le loro perdite. L’unica certezza è che la procedura durerà anni. Intanto, Chanpeng Zhao, mister Binance, si è fatto promotore di quello che ha definito un «industry recovery fund» col lodevole intento di contenere i danni della crisi di liquidità (e credibilità) innescata dal crack del rivale e sostenere altri operatori in difficoltà. Da incendiario a pompiere è un attimo, miracoli della criptofinanza.