Nell'ultima tappa dell'edizione 2014 dei 'Dialoghi' si sono incontrati nella cornice del Festival dell'Economia Luigi Zingales e eMassimo Mucchetti, per discutere - moderati dal direttore Bruno Manfellotto e dal giornalista Luca Piana - di come impostare il rapporto pubblico/privato nel settore economico e delle basi per promuovere la ripresa

Si è conclusa nella sala Filarmonica di Trento l’ultima tappa itinerante dei “Dialoghi dell’ Espresso” dal titolo “A guida Pubblica o Privata?”. Investimento pubblico, incapacità politica e gestionale, ruolo dell'Europa e vecchi vizi italiani. Su questi temi, all'interno della cornice del Festival dell'Economia, si sono si sono confrontati Luigi Zingales e Massimo Mucchetti.

Il dibattito, coordinato dal direttore dell'Espresso Bruno Manfellotto e moderato dal nostro giornalista economico Luca Piana ha visto sul palco Massimo Mucchetti (Presidente Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato della Repubblica) e Luigi Zingales (professore di Finanza alla University of Chicago Booth School of Business) che hanno affrontato il tema della crisi economica e le diversità 'ideologiche' dell'impostazione pubblico/privata nel regolare il sistema economico stesso.

Dopo l'introduzione di Bruno Manfellotto, l'incontro è entrato nel vivo con Zingales e Mucchetti a confrontarsi apertamente su visioni personali diverse. Due approcci se non opposti comunque abbastanza distanti, per parlare di libero mercato e del ruolo della politica,  spesso invasiva nell'approccio pubblico a un'economia  basata su capitali privati.

Un sistema economico, quello italiano, in cui spesso l'azionista pubblico è servito a coprire la mala gestione del privato di turno, in una dinamica spesso sfociata anche in pratiche malsane come tangenti, corruzioni o mala gestione di fondi esteri, spesso provenienti dall'Unione Europea.

Una storia anche figlia di investitori privati incapaci di rischiare del proprio. Per questo Mucchetti, tramite il lavoro effettuato dalla Commissione che presiede, ha proposto all'attenzione parlamentare un dossier di valutazione dei risultati della gestione manageriale di quattro imprese a partecipazione pubblica, introducendo il concetto di valutazione dell'operato analizzato in base ai risultati ottenuti a fine mandato.

Eni, Enel, Finmeccanica e Terna sono le imprese poste sotto esame. La relazione, approvata dalla commissione parlamentare, ha messo in evidenza risultati piuttosto negativi per l'Eni ed Enel, meglio invece Terna e Finmeccanica.
Il senatore Mucchetti dichiara fin da subito il suo appoggio all'intervento pubblico, che deve però essere protetto dall'ingerenza della mano privata attraverso i giusti mezzi di controllo di un Paese democratico: giornalismo, magistratura, buona politica.

Il dibattito è proseguito con il professor Zingales che ha duramente attaccato il capitalismo basato sulla spesa pubblica, tipico di un vecchio modo di intendere l'economia italiana, secondo lui senza futuro. «Non serve certo una nuova IRI – ha affermato l'economista – ma in un mondo in cui fare speculazione e optare per la cleptocrazia è sempre più facile, più si hanno incentivi più si è tentati di trovare strade illegali piuttosto che creare valore sul mercato. La nostalgica visione italiana è dovuta al fatto che viviamo in un mondo in cui le regole o non ci sono o non vengono fatte rispettare. Un azionista pubblico ha dovere e diritto di dare e ricevere indicazioni dallo stato, ma spesso non c'è supporto né guida da parte del governo. Il modo di fare le nomine dovrebbe essere quello di scegliere prima l'obiettivo da perseguire, poi le persone adatte al suo raggiungimento».

Di diverso avviso è sembrato Mucchetti, che ha spiegato il fallimento dell'IRI come una malagestione di un istituto in difficoltà economiche. «Sono dadaista e mi piace provocare – ha affermato il senatore – ma L'IRI non era né un mostro né una farfalla. Quando venne smontato era indebitato e fu considerato tecnicamente fallito. Aveva in realtà un rapporto fra patrimoni e debiti simile a quello di Fiat, Montedison e Ferruzzi. Mentre le tre realtà industriali furono salvate, l'IRI fu liquidato, di fatto non fallito, con un saldo attivo di 20 miliardi di debiti».

Il senatore continua spiegando che l'intervento pubblico è impossibile da eliminare. Deve quindi essere portato allo scoperto e messo in condizione di vigilare sull'operato dei singoli elementi produttivi, non privatizzando e lasciando le grandi realtà industriali libere di attingere a finanziamenti pubblici in maniera spesso incontrollata.

Il botta e risposta fra i due interlocutori prosegue con toni a tratti ironici. Passando al tema europeo Zingales ha posto l'accento sulle diverse modalità di intervento statale fra Germania e Italia. Se nella realtà tedesca si è provveduto a rifinanziare il sistema bancario con cifre di 48 miliardi di Euro, in Italia si è fatto lo stesso solamente per somme nell'ordine dei 6 miliardi. «Le nostre banche si sono così trovate incentivate a comprare titoli di Stato che si stavano svalutando – ha spiegato l'economista dell'Università di Chicago – ma senza ricevere denaro pubblico da un governo che non poteva investire tali somme».

Dichiarandosi contrario a ogni forma di sussidio alle banche, che secondo lui pesano sulla libera competizione di mercato, il professor Zingales prosegue il suo intervento spiegando come la disparità di trattamento che la Germania può effettuare sul suo sistema bancario rispetto a quello Italiano è solo uno dei punti da analizzare sull'approccio pubblico all'economia.

«Si dovrebbe trasportare in economia la visione dei parchi americani, in cui si vedono cartelli che sconsigliano di dar da mangiare agli animali. Serve a insegnar loro a procurarsi il cibo con le loro forze, mantenendoli capaci di vivere in natura con le proprie capacità». Questo l'esempio utilizzato da Luigi Zingales per far comprendere alla platea la sua visione rispetto al tema affrontato. L'economista ha teorizzato un sistema in cui il finanziamento pubblico alle imprese sia tendente o pari a zero, per permettere al mercato di "organizzarsi" secondo la propria natura, e non indirizzando il sistema economico verso aree e interventi precisi che tendono a svilire la natura competitiva delle realtà produttive.

Anche Mucchetti, proseguendo nel dibattito, ha sottolineato la sudditanza psicologica italiana verso la leadership politica tedesca. Il senatore ha poi duramente attaccato la nostra classe politica, incapace di analizzare in maniera adeguata la vendita da parte di Deutsche Bank dei titoli di stato italiani durante la primavera del 2011. Secondo la ricostruzione di Mucchetti, solo Romano Prodi e Luigi Bersani si interessarono all'argomento chiedendo lumi al senatore, mentre il resto della classe politica si dimostrò incapace di comprendere il pericolo di tale manovra economica.

È in quest'ottica che il Presidente della commissione Industria ha sottolineato come ci sia sempre più bisogno di pragmatismo e punti fermi. «Quando lo Stato decide di investire capitali pubblici a sostegno dell'impresa privata, deve assicurarsi che tali capitali vengano spesi al meglio». Secondo il senatore le strade possibili sono solamente due: o garantendosi una partecipazione azionaria della realtà che si va a sostenere, o prestando capitale con un tasso d'interesse che poi deve essere restituito, facendo guadagnare liquidità alle casse statali.

È a questo punto che Bruno Manfellotto ha domandato ai due interlocutori come giudicano la realtà industriale italiana.
Il problema, secondo Zingales, risiede nel fatto che troppo spesso chi commette reati non paga per le pene commesse. Secondo l'economista italiano sono solamente undici le persone arrestate per corruzione nel nostro paese, un dato non riscontrabile in nazioni come gli Stati Uniti. La soluzione, come afferma lo stesso studioso, è quella di impostare una giustizia di tipo anglosassone, più sostanziale che formale, in grado di non incentivare i reati.

Zingales, riprendendo poi le recenti affermazioni del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, ha infine auspicato un netto cambiamento di rotta. «Dopo le dichiarazioni del presidente Squinzi – ha detto in conclusione l’economista – mi aspetterei l'espulsione dei condannati in via definitiva per corruzione dall'associazione degli imprenditori italiani.

Il dibattito si è poi concluso con le domande dei tanti presenti in sala, che hanno dimostrato di aver apprezzato le soluzioni proposte dai due interlocutori ponendo questioni sui problemi analizzati durante il confronto. Da sottolineare l'intervento di Mucchetti a sostegno della realtà produttiva dell'ILVA di Taranto, che necessità di un doppio approccio da parte dello Stato. «Se da una parte si pone il problema della bonifica dell'area industriale, non va dimenticato l'indotto economico e lavorativo che l'azienda pugliese rappresenta. Si tratta di una realtà che può ancora essere un esempio nel panorama siderurgico europeo. Se invece si optasse per la liquidazione dell’impianto industriale, "a pagare le bonifiche sarebbe come sempre Pantalone".

ha collaborato Paolo Tani