L’ufficiale rimosso dopo le polemiche per il suo scritto sessista. «È un problema che persone con queste idee ricoprano incarichi di vertice» commenta Alessio Avellino, presidente di Polis Aperta, l’associazione Lgbtqi+ di appartenenti alle forze di polizia e forze armate. «Ma l’esercito è meglio di così»

Le parole del generale dell’Esercito Roberto Vannacci, contenute nel libro autopubblicato “Il mondo al contrario”, rimbalzano da più di ventiquattr’ore sui social, riempiono pagine e pagine dei giornali mentre la politica, come sempre, si divide tra chi chiede le dimissioni e chi rimane cauto, quasi silenzioso. «Non mi rimangio nulla» afferma con un pizzico d’orgoglio a Repubblica il generale. Le richieste di destituzione vengono respinte dallo stesso generale: «Non mi sento assolutamente di fare passi indietro, rivendico quanto scritto. Non uso mai parole volgari ma parole di 'mondo' e rivendico il diritto ad esprimere le proprie opinioni: non ho alcun problema a sostenere una denuncia per calunnia, se qualcuno riuscirà a dimostrarla» . ha affermato il generale intervenendo a "Diario del giorno". Intanto i passaggi omofobi, razzisti, sessisti firmati dal comandante dell’Istituto geografico militare, interrogano le persone Lgbt in divisa che «si sentono meno sicure», racconta a L’Espresso Alessio Avellino, presidente di Polis Aperta e poliziotto transgender, uno dei pochi in Italia. 

 

Cosa ha pensato quando ha letto le uscite del generale Vannacci?
«Sa, tutti noi, forze armate e forze dell’ordine, dobbiamo giurare sulla Costituzione che non riporta il diritto all’odio. Come Polis Aperta chiediamo che il generale Roberto Vannacci venga dimesso dai suoi compiti e dal servizio del Paese. È incompatibile con il ruolo che svolge. Il Generale ha delle persone al suo servizio e questo è grave e pericoloso. Apprezziamo che l’esercito abbia preso le distanze ma non è abbastanza. È una deriva».

 

Cioè intende dire che è il clima politico?
«Penso che il Generale abbia preso tutto questo coraggio perché si sente le spalle coperte da chi è al Governo. Non ha preso mica servizio ieri. Ma pensiamoci: perché queste idee politiche sono state dichiarate in questo periodo? Si possono assolutamente avere idee diverse, opposte. Diritto e libertà d’opinione ma non il diritto all’odio. Ci sono delle fallaci ideologiche alla base. Lui pensa di poter essere messo al rogo per le sue idee, direi che qui c’è più di un problema». 

 

Da Presidente lei conosce molto bene la vita delle persone Lgbt dentro le forze armate e le forze dell’ordine, c’è molta discriminazione oggi?
«Al di là della mia storia personale, nota - ho fatto un percorso di affermazione di genere all’interno della Polizia di Stato senza problemi - c’è un’altra persona che è nell’Esercito da più di 12 anni che ha fatto lo stesso percorso. È in servizio. Non è stato destituito. È un socio di Polis. Ha avuto la rettifica anagrafica, il permesso di operarsi, continua a vivere la sua vita nell’esercito e mantiene il suo ruolo e il suo grado. Banalmente non ha avuto la possibilità di comunicarlo».

 

Per sua scelta?
«Non voleva compromettere il suo lavoro e ha scelto di non parlarne. Nessuno gli ha messo una pistola alla tempia: non parlare. Ma visto il clima, ha preferito, avendo già raggiunto il suo scopo di affermazione di genere, di continuare tranquillamente la sua vita. È la prima persona dell’esercito che ha mantenuto il suo status e ruolo operativo».

 

Alessio Avellino


Spesso si dice che nell’esercito vige la regola «don't ask, don't tell» (non chiedere, non dire), che ne pensa?
«No, abbiamo persone che sono dichiarate. Quando una persona trans avvia un percorso, ad esempio, è visibile. Si vede nel corpo, si vede nel passaggio da un alloggio all’altro. Nessuno si fa dei problemi. Ho un carissimo amico in penitenziaria che ha fatto l’esercito ed era già una persona omosessuale, non binaria. C’è un problema diverso, se posso...».


Dica.
«All’esterno l’informazione è corrotta. Questa narrazione rigida dell’esercito duro e puro, questa idea che non rispecchia la vita reale dentro le forze armate e le forze dell’ordine. Insomma quello che vorrei dire è che c’è, se possibile, una narrazione delle forze delle Ordine e delle forze Armate che è discriminatoria. Sentiamo violenza nella voce di Vannacci, ma anche nella comunità Lgbt che ragiona per assoluti ed ha questa idea di forze dell’ordine nemiche della comunità. Gli assoluti non esistono. Ragionare per idee massime porta a questo».

 

Insomma lei mi sta dicendo che il mondo di Vannacci non è quello delle forze armate.
«Sì, il problema di Vannaci è il ruolo che ricopre. Ci preoccupa anche dall’interno avere queste persone che hanno tutto questo potere ai vertici. La lotta deve essere comune: queste persone devono perdere questo ruolo, incarico, non ci rappresentano, non rappresentano la realtà rischiano di fare dei danni».


Nel suo libro Vannacci, forse per aver pensato che le sue parole potessero ispirare atti aggressivi o violenti, scrive di dissociarsi «da qualsiasi tipo di atti illeciti possano da esse [interpretazioni del testo, ndr] derivare». Nel libro il generale riconosce di esprimere odio. Questo lo preoccupa?
«Lui sceglieva per il personale al suo servizio. E non puoi avere una persona che ha questo potere con queste idee. È grave. Stiamo parlando di un generale che ha avuto un incarico importantissimo. Perché dobbiamo continuare ad avere queste persone? Forse perché il Governo le sta tutelando? Sono politicamente sostenute? Diciamocelo. Anche chi sta interno all’esercito si sente in pericolo. Lo ripeto: le persone Lgbt dentro l’esercito si sentono in pericolo».

 

Come si muove Polis per arginare questa che lei prima definiva “deriva”?
«Più quello che fa è quello che è: i coming out dei lavoratori delle forze armate e delle forze dell’ordine sono potentissimi. Portano a una ripresa delle narrazioni. Rompono quello schema rigido che vuole: Forze dell’Ordine da un lato, persone Lgbt dall’altro. Poi, certo, portiamo avanti corsi di formazione e informazione all’interno dei nostri ambienti. Abbiamo scoperto di recente che è molto difficile raccontare anche all’esterno quanto questo mondo sia cambiato. Sono moltissimi gli agenti che fanno coming out, iniziano un percorso di terapia, tantissime persone che si dichiarano non binarie. Questo è un mondo che andrebbe raccontato perché può portare la comunità Lgbt a fidarsi, entrare in commissariato e affidarsi a chi dovrebbe proteggerli. Se non si fa questo ci troveremo sempre i Vannacci al potere. Le forze armate e le forze dell’ordine devono produrre sicurezza, non toglierla».