La cittadina in provincia di Cuneo è stata la prima a lanciarsi nell’iniziativa che ora coinvolge un’altra ventina di realtà. «Quando parli di risparmio e di inquinamento ambientale riesci a catturare l’attenzione»

Il sindaco di Magliano Alpi, Marco Bailo, trascorre molte ore al telefono: «Mi chiedono di raccontare e spiegare». A Magliano Alpi, in provincia di Cuneo, un anno fa è nata la prima comunità energetica d’Italia. Sul tetto del municipio è stato installato un impianto fotovoltaico da 20 kilowatt ed è stata aperta una manifestazione d’interesse rivolta ai cittadini per capire chi volesse partecipare al progetto. Il meccanismo è semplice: «Se produco 100 e consumo 60, l’altro 40 lo condivido con chi è collegato nella comunità energetica. In questo modo consumo tutta l’energia prodotta e ricevo un benefit, un premio da 110 megawatt/h, che mi permette di abbassare la bolletta elettrica», spiega Bailo.

 

L’idea è nata da un contatto che il sindaco aveva con un ingegnere del Politecnico di Torino. «Mi ha chiesto se avessi mai sentito parlare delle comunità energetiche». A febbraio del 2019, il parlamento aveva approvato un emendamento al decreto Milleproroghe, in cui venivano riconosciute per la prima volta le associazioni di produttori-consumatori, come previsto da una direttiva europea del 2018: in questo modo ai condomini, alle imprese e ai comuni è stata concessa la possibilità di condividere l’energia prodotta da fonti rinnovabili.

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La misura è rimasta per lo più sconosciuta alle imprese e alle amministrazioni, anche perché l’anno successivo è arrivata la pandemia. Ma nonostante le difficoltà, Bailo ha deciso di provarci. «Nell’aprile del 2020 c’è stata la prima delibera di giunta per l’apertura della manifestazione d’interesse». È convinto che la pandemia abbia contribuito alla realizzazione del progetto: «Gli uffici erano chiusi e abbiamo avuto il tempo di pensare e studiare». In quel periodo si parlava poco di energia e risparmio, temi che ora invece con la guerra in Ucraina e con l’esigenza di diventare indipendenti dalle forniture russe sono di fondamentale importanza per il governo.

 

«Abbiamo fatto tutto online, facendo pubblicità all’iniziativa», racconta il primo cittadino. Sin da subito sono iniziate a comparire le prime richieste di adesione e il Comune ha dovuto selezionare i partecipanti. Le risorse per la costruzione dell’impianto fotovoltaico sono arrivate direttamente dall’Europa grazie ad alcuni fondi comunitari. È piuttosto simbolico che la prima comunità energetica si sia sviluppata intorno alle mura del municipio, in via delle Langhe: nel luogo che rappresenta i cittadini e le loro istituzioni. Bailo ci tiene a sottolineare che con questi progetti di risparmio energetico non si diventa delle “isole”, si rimane sempre collegati alla rete (anche perché di notte il fotovoltaico risulta praticamente inutile): si inizia però a conquistare una certa indipendenza e si rende sostenibile una parte del consumo. A Magliano Alpi, la cerimonia ufficiale d’inaugurazione dei primi pannelli solari si è tenuta il 12 dicembre.

 

Da quel momento, la comunità è continuata a crescere. «Abbiamo installato altri impianti fotovoltaici sul tetto della palestra, sulla palazzina dei campi sportivi». Ora ne stanno comparendo alcuni anche sulle case dei cittadini, che da consumatori si sono trasformati in produttori. «Quando parli alla gente di risparmio e di inquinamento ambientale riesci a catturare la loro attenzione», aggiunge Bailo.

 

In Italia oggi esistono una ventina di comunità energetiche. Dopo Magliano Alpi a febbraio di quest’anno anche in Lombardia, a Turano Lodigiano, è nata una comunità energetica: riunisce nove famiglie, una parrocchia e diverse utenze comunali. L’obiettivo è produrre ogni anno circa 50mila kilowattora di energia rinnovabile, grazie a due impianti fotovoltaici installati sulle aree coperte del campo sportivo e della palestra. Altre realtà di questo tipo si sono sviluppate anche al Sud, ma in numero inferiore: a luglio dell’anno scorso nei comuni sardi di Villanovaforru e Ussaramanna, in tutto meno di settecento abitanti, alcune famiglie e di imprese si sono associate per produrre e consumare energia.

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Le comunità energetiche possono essere un’occasione per rivitalizzare i paesi più piccoli, che rischiano di scomparire. In Italia ci sono 5.500 comuni con meno di cinquemila abitanti: ospitano circa il 17% della popolazione italiana (più di 10 milioni di persone). Chi li abbandona di solito emigra verso centri più grandi in cerca di opportunità, sono pochi quelli che alla fine decidono di tornare a casa. Secondo il sindaco di Magliano Alpi, bisogna scommettere sulla condivisione: recuperare il senso di comunità. Impegnarsi nella tutela dell’ambiente può essere un efficace collante, soprattutto perché si abbina alla possibilità di risparmiare. «Il terzo impianto fotovoltaico è stato costruito senza il coinvolgimento del Comune. Tutto è nato in piazza, vicino alla chiesa principale», racconta Bailo.

 

A Magliano Alpi risiedono attualmente 2.166 persone. «Qualche settimana fa sono andato a presentare il nostro progetto a Luino, in provincia di Varese. La sala era piena, nonostante fosse martedì».

 

Proprio per incentivare la nascita di queste comunità nei territori in cui è richiesta una produzione energetica più contenuta (e quindi più facilmente sostituibile), il governo ha stanziato 2,2 miliardi. Le risorse provengono dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e sono destinate ai comuni con meno di cinquemila abitanti. Il governo spera di incentivare l’utilizzo di fonti rinnovabili, riducendo le emissioni di Co2 prodotte nell’arco di un anno e già da diversi mesi alcune regioni si stanno impegnando attivamente. A febbraio il consiglio regionale della Lombardia ha approvato una legge per lo sviluppo delle comunità energetiche: la giunta ha previsto un ulteriore finanziamento di 22 milioni. L’assessore all’Ambiente Raffaele Cattaneo ha sottolineato il valore umanitario delle comunità energetiche, che devono «fornire sostegno a chi versa in condizioni di fragilità». Un altro punto fondamentale da tenere in considerazione per capire l’importanza di queste iniziative ambientali è proprio questo: le comunità energetiche nelle città più popolose possono servire a riqualificare zone emarginate. Bisogna far in modo, allora, che questi strumenti di contrasto alla povertà e di transizione ecologica si diffondano anche nei territori in cui le amministrazioni regionali e comunali non investono abitualmente molte risorse.

 

In base agli studi dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica, più di 2 milioni di italiani non riescono ad accedere a servizi essenziali come la luce elettrica o il riscaldamento: i pannelli solari, se installati in quartieri periferici, possono aiutare diversi cittadini ad avere una vita migliore. A febbraio di un anno fa a San Giovanni a Teduccio, municipalità 6 di Napoli, è stato costruito un impianto fotovoltaico sul tetto di un centro educativo che collabora con il comune per il diritto all’istruzione. È un impianto di piccole dimensioni, ma riesce a produrre energia elettrica per quaranta famiglie. La comunità è nata grazie al sostegno di Legambiente e la Fondazione per il Sud, che sviluppa progetti sociali sul territorio. Dare vita a un’iniziativa di questo tipo a San Giovanni a Teduccio significa molto: da anni il litorale sta aspettando interventi di bonifica e messa in sicurezza, già nel 1998 il Parlamento aveva inserito quest’area tra i siti d’interesse nazionale.

 

Le comunità energetiche, ripete spesso il sindaco di Magliano Alpi sono una grande occasione, in cui si legano l’aspetto sociale e ambientale. «Con l’ultimo decreto si stanno aprendo spazi agli imprenditori e alle grandi utility», ipotizza Bailo. Nel provvedimento approvato a dicembre, il governo ha concesso la possibilità di sviluppare impianti più potenti, che coinvolgano anche diversi comuni. «Le comunità energetiche nate durante questi anni erano più vicine al cittadino, ora invece probabilmente ci sarà un cambiamento». Per Bailo non è un aspetto negativo, soprattutto in termini di indipendenza dalle forniture estere. L’importante è non perdere l’aspetto umano e sociale che ha contribuito a creare queste prime esperienze e le ha rese preziose.