I due leader si incontrano in Svizzera per cercare di rilanciare le relazioni di Russia e Stati Uniti, giunte al «momento più basso negli ultimi anni». Anche se non è prevista una conferenza stampa congiunta «è un inequivocabile segnale di distensione»

Centinaia di addetti alla sicurezza e forze dell’ordine, un parco blindato da giorni, una villa settecentesca “affittata” con vista sul lago, lo spazio aereo sopra la città chiuso, la popolazione invitata a rimanere in casa. Ginevra si è preparata così a ospitare l’incontro del 16 giugno tra il presidente americano Joe Biden e quello russo Vladimir Putin. La Svizzera, sede diplomatica per eccellenza, sembra perfetta per accogliere gli umori dei leader di due potenze mondiali spesso e volentieri ai ferri corti. 

 

Non serviva il sobrio appellativo di «killer» dato qualche mese fa a Putin dal nuovo inquilino della Casa Bianca, infatti, per capire che le relazioni tra Stati Uniti e Russia sono «al punto più basso degli ultimi anni», come dichiarato dal russo in un’intervista alla Nbc. «Al netto della retorica, di momenti di tensione ce ne sono sempre stati e non c’è stato un solo presidente americano dalla fine della Guerra Fredda che non arrivasse al primo vertice con la Russia nel “momento peggiore delle loro relazioni”. Ma l’incontro tra Biden e Putin è un segnale inequivocabile della volontà di distensione» chiarisce Gabriele Natalizia, professore di International Relations all’Università Sapienza di Roma e coordinatore del Centro Studi Geopolitica.info. 

 

All’interno di villa La Grange, che si affaccia sul lago Lemano, si troveranno da una parte la nuova amministrazione a stelle e strisce del dem Biden, dopo i quattro anni tumultuosi di Donald Trump, e dall’altra lo “zar” Putin. Ancora non è certo se sia previsto un vero e proprio faccia a faccia all’inizio, ma sicuramente la riunione partirà alle ore 13, durerà 4-5 ore anche se non ci saranno limiti di tempo. Parteciperanno anche i ministri degli esteri e ambasciatori, che potrebbero rientrare nelle rispettive sedi. Chi si aspetta scontri a “muso duro”, quindi, può rimanere deluso, anche se i temi al centro del tavolo sono numerosi e tutti di non facile soluzione: il caso Navalny, l’Ucraina, la Bielorussia, la stabilità nucleare, le minacce e gli attacchi cyber, solo per citarne alcuni. 

 

«Le aspettative su risultati concreti sono basse. Ma l’obiettivo è quello di una definizione netta dei ruoli per stabilire gli interessi dei due paesi e per avviare una relazione pragmatica e funzionale» secondo Eleonora Tafuro Ambrosetti, Research Fellow dell’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), che ricorda come sia da sottolineare la forte l’interdipendenza economica tra i due attori. E non è un caso che proprio il comunicato della Casa Bianca parli di riportare «prevedibilità e stabilità» nelle relazioni tra Mosca e Washington. 

 

Le distanze comunque rimangono molte. Biden ha cercato di tracciare delle linee rosse per testare l’affidabilità del Cremlino, come nel caso dell’oppositore russo. A margine del vertice Nato, andato in scena il 14 giugno, il presidente americano ha detto che una eventuale morte di Navalny sarebbe «una tragedia e un’ulteriore indicazione che la Russia ha poche o nessuna intenzione di seguire i diritti umani basilari. Rovinerebbe le relazioni del paese con tutto il mondo». Anche se reputano il caso un affare interno, il messaggio è stato recepito dalle parti di Mosca. 

 

Dall’altra parte Putin ha accettato di buon grado l’incontro presidenziale, perché «per lui è una ribalta importante. La Federazione Russa è da sempre alla ricerca ossessiva del riconoscimento di status di potenza internazionale, e nessuno può darglielo se non gli Stati Uniti» dice Natalizia. E quale modo migliore se non un vertice in pompa magna? 

 

Gli argomenti centrali saranno discussi a lungo. Come spiega Tafuro, «sulla Bielorussia Washington non ha grande interesse e quindi non ci saranno durissime prese di posizione. Cosa diversa per quanto riguarda l’Ucraina, il cui destino è molto più a cuore al presidente statunitense». L’ingresso di Kiev nella Nato è richiesto a gran voce dagli ucraini e osteggiato, per ovvie ragioni di vicinanza geografica, dalla Russia, che reputa l’Ucraina una di quelle zone d’influenza invalicabili fondamentali per la propria difesa. Per Natalizia, però, l’attenzione degli Stati Uniti nei confronti del paese del presidente Volodymyr Zelensky potrebbe essere solo fittizia: «un modo per dare più valore a una questione spinosa che potrebbe servire in futuro come “merce di scambio”. Washington nel medio-lungo periodo potrebbe voltare le spalle al desiderio di Alleanza Atlantica degli ucraini per avere garanzie di tranquillità da Mosca e concentrarsi esclusivamente sul fronte cinese». La cosa che sembra sicura, nonostante tutto, è che le velleità dell’Ucraina non saranno motivo di scontro eccessivo tra Biden e Putin. 

 

Dove potrebbero esserci dei passi avanti, secondo Tafuro, è sulla questione degli attacchi cyber, su cui «potrebbero esserci degli accordi, visto che la Russia già aveva segnalato il desiderio di discutere e regolamentare il tema. Mosca potrebbe avere un allentamento del regime sanzionatorio in cambio dell’offerta di una certa tutela rispetto ai famigerati hacker russi». Qualche segnale di distensione nei mesi e nelle settimane scorse è già arrivato. Come il rinnovo incondizionato a febbraio del trattato New Start, che limita il numero di testate nucleari di Mosca e Washington, o il via libera dato al gasdotto Nord Stream 2 tra Germania e Russia, ostacolato a lungo dalla Casa Bianca. 

 

Probabilmente dal vertice di Ginevra non usciranno grandissimi risultati, cosa confermata anche dalla scelta di non voler fare la conferenza stampa finale congiunta, ma rappresenterà comunque un puntello per il rilassamento delle tensioni. Per sapere se sarà solo un fuoco di paglia bisognerà aspettare.