La legge Cirinnà passò alla Camera nonostante i voti contrari di Lega e Fratelli d’Italia, e le astensioni di 5 Stelle e Possibile. Da quel momento, fino al 31 dicembre 2019 sono state costituite 11.817 formazioni sociali. Paterlini: «Un termine insopportabile»

Era l’11 maggio 2016, e in Parlamento la legge sulle unioni civili passò con 372 voti a favore, 51 contrari e 99 astenuti. Sono passati esattamente cinque anni da quel giorno, quando nell’aula di Montecitorio un’ampia maggioranza diede il via libera al testo promosso dalla senatrice del Partito Democratico Monica Cirinnà. Tra i contrari di allora una parte di Forza Italia, la Lega (Nord) e Fratelli d’Italia, mentre il Movimento 5 Stelle si astenne, insieme a Possibile di Pippo Civati che reputava la legge discriminatoria e arretrata. Qualche giorno dopo, il 20 maggio, arrivò la promulgazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il 21 la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e il 5 giugno l’entrata in vigore.

Nelle settimane successive alcune coppie suggellarono la loro unione anche senza aspettare i decreti attuativi, ma tante persone aspettarono per essere pienamente “in regola”. È il caso di Piergiorgio Paterlini e Marco Sotgiu, primi in Italia a unirsi civilmente a Reggio Emilia il 1° agosto 2016: «Non era una gara ad essere i primi, è stato invece un segnale forte per dire «un minuto dopo di quando è possibile, noi lo facciamo, noi ci siamo. Lo aspettavamo da 40 anni, anche se non pensavo che avrei avuto veramente la possibilità di vederlo né di farlo» spiega Paterlini. 

 

L’Istat ha registrato, nel secondo semestre del 2016, 2.336 unioni civili, per lo più coppie in attesa da molto tempo che hanno aspettato per ufficializzare il loro legame affettivo. Nel 2017 sono state 4.376 mentre sono calate nel 2018 (2.808) e nel 2019, quando gli ultimi dati pubblicati dall’Istituto ne hanno conteggiate 2.297. 

Questa diminuzione numerica viene usata da alcuni per sminuire l’importanza del provvedimento, ma Paterlini è chiaro: «c’è un po’ l’idea del tipo “avete lottato tanto e poi non vi sposate”. Non sono numeri enormi ma è come dovrebbe essere, è diventato normale: è una cosa che c’è e chi vuole può farla. I numeri non sono niente rispetto a quanto si è ottenuto». Tra l’altro anche l’istituzione del matrimonio in tutta Italia fa registrare numeri in calo.

Senza quindi contare i numeri ancora incerti del 2020, le unioni civili in Italia sono state 11.817. Ovvero 11.817 coppie che hanno potuto godere di molti dei diritti e doveri previsti dal matrimonio, riportando anche tranquillità e serenità nelle loro vite quotidiane, prima timorose che anche semplicemente delle procedure burocratiche potessero essere motivo di difficoltà. Paterlini è sincero: «Noi siamo stati fortunati e non abbiamo avuto particolari problemi, ma sappiamo che in futuro saremo “coperti”». 

Ma non bisogna dimenticare alcune differenze, anche grosse e non solo dettate da formalismi. La legge n.76 del 20 maggio 2016, infatti, istituisce «l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale» e la rende possibile «mediante una dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile del Comune e alla presenza di (almeno) due testimoni». Proprio il termine “formazione sociale” che viene utilizzato nel testo è quello più discusso e controverso. Anche cinque anni fa, nei giorni della votazione, era stato al centro di dibattito, perché usato al posto di un più classico “famiglia”. È stato uno di quei motivi che hanno spinto alcune parti del panorama politico di sinistra a non votare a favore della legge Cirinnà. 

Lo stesso Paterlini spiega come la norma sia un paradosso: «Da un lato ti dà tanti diritti uguali al matrimonio che prima non ci spettavano, ma è la prima volta che in Italia viene sancito, nero su bianco, una discriminazione verso gli omosessuali». Prima non c’erano le unioni civili ed era una grave mancanza normativa, «ma adesso la mia famiglia viene chiamata “formazione sociale” ed è insopportabile e una ferita insanabile. Ci vuole il matrimonio egualitario». Le battaglie civili non sono finite.