Il Parlamento europeo vota al larghissima maggioranza. In Grecia era una figura chiave del partito di estrema destra, che la Corte di Atene ha condannato per organizzazione criminale lo scorso ottobre

Il Parlamento europeo ha revocato l’immunità a Ioannis Lagos, dirigente del partito neonazista di Alba Dorata. Una decisione presa a scrutinio segreto e con larga maggioranza da parte dei deputati che in 658 hanno votato a favore, 25 si sono schierati contro e dieci si sono astenuti. Negli ultimi mesi erano state molte le richieste e le proteste per accelerare la calendarizzazione della consultazione, tra cui quella del vicepresidente dell’europarlamento Dimitris Papadimoulis che auspicava di metterla agli atti già nel dicembre scorso.

 

Il greco è condannato nel suo paese a 13 anni e otto mesi di carcere per essere stato a capo, insieme al leader Nikolaos Michaloliakos e altri cinque esponenti di rilievo, di quella che dall’ottobre del 2020 è considerata un’organizzazione criminale dalla Corte di Atene.

 

Michaloliakos è finito in carcere, ma altretanto non si può dire per altri condannati, come per esempio Lagos che fino a oggi beneficiava dell’immunità per il suo ruolo politico. Adesso, con il via libera dell’organo presieduto dall’italiano David Sassoli, le autorità di Buxelles potranno avviare le procedure per l’estradizione. Un’altra figura chiave, Christos Pappas, è scappato dalla Grecia prima del suo possibile arresto e ora è latitante in Kosovo o in Bosnia-Erzegovina, secondo alcune fonti diplomatiche serbe. Pappas, fervido ammiratore di Adolf Hitler, era considerato il numero due di Alba Dorata e la persona che ha contribuito all’utilizzo di simboli neonazisti nel partito. 

 

Il processo è durato cinque anni e mezzo e ha visto i giudici di Atene esaminare diversi episodi violenti commessi dai membri di Alba Dorata, come l’uccisione del 34enne rapper antifascista Pavlos Fyssas, accoltellato a morte nel 2013 da Giorgos Roupakiàs. Ma nell’ultimo decennio la lista degli attacchi è lunghissima. Nel giugno 2012 vengono presi di mira quattro pescatori egiziani a Perama, uno di loro, Abouzid Embarak, riporta gravi traumi cranici; nel gennaio 2013 due persone legate al partito pugnalano e uccidono un fruttivendolo pakistano, Ssazad Lukman, mentre alcuni attivisti comunisti vengono aggrediti con mazze chiodate; nel 2014 due militanti vengono condannati per aver attaccato un centro sociale ateniese, cosa che si ripete anche nel 2018. Si potrebbe andare avanti per molto.

 

Ma la giustizia greca potrebbe chiudere a breve il capitolo Alba Dorata, un partito strutturato come un’organizzazione paramilitare e una formazione eversiva, nella quale i vertici ordinavano le varie azioni violente verso avversari e immigrati che venivano messe in pratica dai militanti e dai vari gruppi d’assalto cittadini o di quartiere. 

 

Dieci anni di brutalità, aumentate con il trionfo elettorale del 2012 quando Alba Dorata, intercettando lo scontento generale a seguito della crisi economica e delle politiche di austerità imposte dall’Unione europea, ha conquistato 21 seggi al parlamento con il 7 per cento dei voti. Alle successive europee del 2014 si attesta come terza forza politica del paese con il 9,4 per cento ma poi negli anni il consenso comincia a calare, fino al 2019 quando prende il 4,9 per cento alle europee e alle nazionali non entra in Parlamento, con un risultato al di sotto della soglia di sbarramento del 3 per cento.