Secondo la Corte costituzionale è legittima la punibilità a prescindere dallo scopo. Anche se la detenzione per l'autoconsumo è stata depenalizzata da tempo e la Cassazione aveva pronunciato sentenze di assoluzione per il possesso di poche piantine non finalizzate alla vendita
Nessuna depenalizzazione: coltivare cannabis resta un reato. A prescindere dall'uso che se ne faccia. E anche se detenerla per uso personale un reato non è. Assomiglia a un
paradosso giuridico la sentenza con cui la Consulta ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di appello di Brescia, che aveva sospeso il processo a un commerciante trovato in casa con otto piante di canapa e 25 grammi di marijuana. Malgrado non fossero emersi collegamenti con l'attività di spaccio, l'uomo in primo grado era stato condannato a otto mesi di reclusione, perché per la legge la coltivazione è vietata e non distingue dall'impiego che se ne intende fare. Solo che l'uso personale è stato depenalizzato da tempo.
Di qui il quesito posto dai giudici di Brescia alla Consulta: se non è reato farne uso personale, perché deve essere condannato chi - sempre con queste finalità - vi ricorre in proprio anziché rivolgersi agli spacciatori? Una questione di
buonsenso che aveva sollevato le speranze di molte associazioni dei malati, soprattutto di sclerosi, che da anni si battono per la legalizzazione della cannabis a fini terapeutici e che si sono date appuntamento a Roma nella speranza di festeggiare il verdetto. Per loro non ci sarà nessuna festa, invece: la Corte costituzionale, in uno scarno comunicato diffuso in attesa del deposito della sentenza, ha reso noto di aver deliberato “nel solco delle sue precedenti pronunce in materia”.
In realtà, soprattutto dopo
la dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi, che non faceva distinzioni fra droghe leggere e pesanti, si erano create alte aspettative sulla
depenalizzazione della coltivazione per uso personale. Soprattutto dal momento che più pronunce della Cassazione avevano assolto “coltivatori diretti” trovati in possesso di poche piantine.
Sentenze alle quali si erano tuttavia affiancate altre sentenze, più restrittive, che erano giunte a conclusioni opposte. Adesso a mettere un punto arriva invece la conferma della Corte costituzionale: coltivare è reato, sempre e comunque. Con l'assurdo che a qualcuno ora, rischiando la reclusione, possa venire in mente di passare dal semplice uso personale alla vendita.