E' stata approvata dalla Camera la mozione che impegna l'Italia a spingere i tribunali tedeschi ad eseguire le 57 condanne all'ergastolo pronunciate contro i responsabili degli eccidi perpetrati durante la seconda guerra mondiale. Una decisione che riguarda ormai pochi ultranovantenni. Ma che sarebbe un atto di grande rilevanza storica

Adesso c’è un atto formale che impegna il governo italiano a non restare più inerte. L’Italia dovrà fare tutto il possibile perché la Germania esegua le sentenze pronunciate dai magistrati militari italiani contro i responsabili delle stragi compiute nel nostro paese dai nazifascisti in Italia. Cinquantasette condanne all’ergastolo che sono finora rimaste lettera morta perché i governi italiani non hanno fatto praticamente nulla per ottenerne un’esecuzione anche soltanto formale.

Dopo il 6 dicembre palazzo Chigi non potrà più ignorare la questione perché la Camera dei deputati ha approvato, sostanzialmente all’unanimità (410 si, 1 no, 2 astenuti) e con l’appoggio del governo, il dispositivo di una mozione, primo firmatario l’ex sindaco di Marzabotto Andrea De Maria, che va proprio in questa direzione in modo netto e circostanziato.

IL TESTO DELLA MOZIONE




La Camera, vi è scritto, impegna il governo “ad adoperarsi, per quanto di competenza, perché sia assicurata l'esecuzione anche in Germania sotto il profilo civile e penale delle sentenze di condanna dei criminali tedeschi, emesse dai tribunali italiani in relazione alle stragi del 1943-45”.

Tutto questo potrebbe sembrare un vuoto esercizio formale, visto che si tratterebbe di eseguire condanne che riguardano poche persone ultranovantenni. Sarebbe invece un atto di grande rilevanza storica, politica e giuridica che, in parte, sanerebbe una lunghissima serie di ingiustizie iniziata più di settant’anni fa e mai terminata.

Ventiduemila civili morti in almeno 5000 episodi: sono queste le cifre da non dimenticare quando si parla di stragi nazifasciste in Italia. Non solo le più famose (Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, Fivizzano…) ma, appunto, migliaia di altri atti criminosi i cui responsabili, in gran parte noti sin dal primo momento, non sono mai stati perseguiti. Tutti i fascicoli preparati dai carabinieri e dagli investigatori inglesi e americani finirono nel famoso Armadio della vergogna come, sull’Espresso Franco Giustolisi definì il mobile nel quale furono chiusi nel 1960 perché non se ne parlasse più.

Poi, però, quei fascicoli riemersero nel 1994, l’Espresso li descrisse e ne parlò perché non venissero nuovamente chiusi a chiave, magistrati seri e tenaci hanno istruito i processi, altri magistrati hanno giudicato, assolto e condannato. Adesso manca l’ultimo passo: perché la giustizia non esiste se le condanne non vengono eseguite.

Per sottolineare l’importanza del voto di martedì 6 dicembre alla Camera si sono date appuntamento in tribuna, per seguire la discussione, le principali associazioni che hanno le loro radici nelle battaglie e nelle sofferenze: dalle associazioni partigiane con l’Anpi in testa, a quella delle vittime della divisione Acqui, dei reduci delle prigionie, delle vittime civili di guerra, dei Volontari della libertà.