'L'Espresso' ha visto insieme a Beppino Englaro il film di Marco Bellocchio 'Bella Addormentata', che racconta il calvario di sua figlia: la storia «di un inferno, ma anche di una grande battaglia civile che ha cambiato l'Italia»

«Che penso del film di Marco Bellocchio? Mentre lo guardavo, mi sono chiesto cosa avrebbe detto Eluana: 'Marco, non sei grande, sei super!'. Hanno qualcosa di profondo che li lega: la libertà. E questo film non è ideologico, ma è un grido di libertà che sembra il grido di mia figlia». E' il primo commento di Beppino Englaro, il padre di Eluana, la donna per diciassette anni in stato vegetativo morta a Udine il 9 febbraio 2009, che ha guardato "Bella Addormentata", il film sbarcato ieri alla mostra del cinema di Venezia, con "l'Espresso", come il nostro settimanale racconta nel numero da domani in edicola.

Dal giorno dell'incidente di Eluana, il 18 gennaio 1992, dice Englaro, «non mi è nemmeno mai passato per la testa di andare al cinema. È la prima volta che ci vengo. E credo che sarà anche l'ultima».

Il papà di Eluana spiega anche perché ha scelto di non andare a Venezia: «Che c'entro io? Un conto è un film che racconta le cose, altro conto è viverle sulla propria pelle. Una vicenda come questa ti devasta. Mia moglie è stata devastata in una maniera, con la malattia, io in un'altra. Devastato sotto, dentro. Guardarle al cinema fa riflettere in un altro modo. E siccome solo i cittadini possono cambiare davvero le cose, questo film sarà utilissimo. Nel '92 ero solo, un cane che abbaiava alla luna. Oggi tutto il mondo può apprezzare Bellocchio, ispirato dalla nostra lunga battaglia che ha cambiato il clima culturale di un Paese. E lui lo racconta, mettendo a nudo chi si è buttato nel mucchio solo per interessi di bottega, compresa una certa politica», dice.

Era commosso papà Englaro mentre guardava le scene che riportano sullo schermo i sette giorni cruciali di Eluana a Udine, scene che il papà, come racconta a "l'Espresso", non aveva visto, perché non era a Udine. Nei sette giorni «più terribili che un padre possa vivere», dice. «Non ero a Udine perché non stavo certo concentrato su quello che succedeva là fuori, ma su una cosa molto più importante. Quelli là stavano impazzendo attorno a Eluana, senza rendersi conto che non c'entravano niente con mia figlia. Lei non avrebbe capito cosa ci stava a fare tutta quella gente a invocare per lei cose che non le interessavano. A mia figlia interessava il rispetto degli altri. Se le toglievi quello, Eluana non era più nulla».

Englaro commenta anche le parole di Berlusconi, riproposte nel film, che descrisse Eluana come una ragazza giovane che avrebbe potuto anche rimanere incinta: «Berlusconi mi fece una gran pena», racconta a tre anni dalla morte di sua figlia: «Il fatto che, come persona, non si rendesse conto, mentre parlava, dello squallore delle cose che stava dicendo. La vicenda di Eluana, in questi anni non è mai stata contro nessuno. Non c'è mai stato nessun dogma da parte nostra. Nulla di ideologico. Eutanasia ed altre nefandezze evocate sempre ad effetto da diverse parti, non mi hanno mai sfiorato e non ho mai avvertito la necessità di doverle replicare per la semplice ragione che erano estranee alla vicenda di nostra figlia».

La scena che l'ha più colpito è l'incontro in autogrill fra Maria e Roberto, due dei protagonisti di "Bella Addormentata". Maria chiede dell'acqua: «Non acqua da bere, ma acqua per Eluana», commenta papà Englaro: «È una scena fortissima, mi ha ricordato le tante, infinite volte che ho sentito quella frase. Dire che mia figlia sarebbe "morta di fame e di sete". Ascoltarlo qui mostra tutta la miseria di quel ritornello. Mi meraviglio, dopo oltre vent'anni e sette mesi, di essere ancora in grado di sentire certe cose. Erano già eterne le prime 48 ore, quando Eluana fu ricoverata e portata dentro questo inferno, da cui non avrebbe potuto mai uscire».

Dopo la visione del film con "l'Espresso", Englaro ha spiegato anche che «la Bella Addormentata non è certamente Eluana, lei non avrebbe mai potuto  risvegliarsi. Bellocchio porta sullo schermo l'inferno che può generare la medicina: 'Noi facciamo il tuo bene'. Ma la risposta che mi sento di dare è: "Vi chiedo solo di non farmi del male". Nei confronti di nostra figlia, però, c'è stata giustizia grazie alla Corte d'Appello di Milano, alla Cassazione e al Capo dello Stato, che sono stati ineccepibili. I giudici riconoscendo a Eluana di non poter più essere discriminata e Napolitano non firmando il decreto che il governo voleva imporre per negare a mia figlia un suo diritto sancito da una sentenza della massima corte. Non mi sarei mai aspettato, però, che Quirinale e magistratura potessero arrivare a un conflitto di attribuzione da portare alla Consulta, come avvenne nella vicenda di nostra figlia», aggiunge riferendosi alle polemiche di queste settimane.

Poi la telefonata al regista, come racconta il settimanale, per le sue impressioni a caldo:  «Non è stato facile per me guardare questo film», ammette. «Marco, una splendida creazione artistica, dentro i giorni cruciali di Eluana. A Venezia e al dopo Venezia, la sorpresa dell'impatto con giuria e pubblico della tua immaginazione. Grazie Marco, per il bel film, sei super e basta».