I popolari vincono ma senza numeri per governare. Mentre il socialista Sanchez resiste e Vox crolla rispetto al 2019, Così si rischia un nuovo voto. Ma la sconfitta della destra ha implicazioni significative anche per la premier italiana che sperava in uno stravolgimento degli equilibri in vista delle elezioni europee del prossimo anno

«¡No pasarán!» (Non passeranno!) scandiva ieri sera la folla riunita fuori dalla sede del partito socialista spagnolo (PSOE) a Madrid, dopo il risultato delle elezioni. Lo storico motto usato dalle forze anti-franchiste durante la guerra civile spagnola ha incoronato l’impresa che fino a qualche giorno fa sembrava impossibile: fermare l’ondata sovranista.

Quelle di ieri domenica 23 luglio sono state elezioni storiche in Spagna, che tutta Europa ha seguito con il fiato sospeso. Quasi tutti i sondaggi anticipavano la vittoria della destra del Partido Popular (PP) guidato da Alberto Núñez Feijóo, con la possibilità che questo si alleasse con Vox per raggiungere la maggioranza e permettesse l’ingresso dell’estrema destra nel governo spagnolo.

Il PP è effettivamente stato il partito più votato, aggiundicandosi il 33% dei voti e colorando di blu quasi tutta la mappa del paese. Vox ha invece ottenuto il 12,4% dei voti, leggermente meno di quanto previsto dai sondaggi ma un crollo significativo rispetto alle ultime elezioni del 2019, comunque confermandosi terzo partito. I due partiti non arrivano però alla maggioranza assoluta: alla coalizione mancano infatti 7 seggi per raggiungere la soglia di maggioranza di 176 seggi.

Mentre questa viene rivendicata come una vittoria da Pedro Sanchez, per l’attuale presidente spagnolo e leader del Partido Socialista Obrero Español (PSOE) non sarà impresa più facile formare una maggioranza di governo. Con il 31,7% dei voti, il PSOE ha raggiunto un risultato decisamente migliore di quello previsto dai sondaggi, migliorando addirittura il risultato del 2019: insieme all’alleato più radicale Sumar raggiunge però solo 153 seggi.

Rispetto alla destra, Sanchez può contare sulla possibilità di allearsi con i vari partiti indipendentisti catalani o baschi: secondo i quotidiani spagnoli, una coalizione molto ampia a sostegno di Sanchez potrebbe portare la sinistra a quota 172 seggi, contro i 171 che la destra potrebbe raggiungere contando anche partiti locali.

Insomma, non è stata la vittoria travolgente della destra che si anticipava e si temeva, ma Pedro Sanchez non è nemmeno del tutto riuscito nella sua remontada, e a oggi il paese pare ingovernabile e probabilmente diretto verso nuove elezioni. Possiamo però fare alcune considerazioni sul risultato e sulle implicazioni che questo ha per l’Italia e l’Europa.

Molto probabilmente, non ci sarà il governo più a destra della storia democratica spagnola. E non sarà «il tempo dei patrioti,» come auspicato da Giorgia Meloni in collegamento video a uno degli ultimi comizi elettorali di Vox.

La Spagna sembra resistere con più forza all'ondata sovranista che sta portando sempre più partiti di estrema destra nei governi nazionali o locali dei paesi europei, dall’Italia alla Finlandia passando per la Germania. Di questo è forse complice il fatto che la dittatura franchista non è troppo lontana nel tempo ed è ancora fortemente sentita dal popolo spagnolo.

La sconfitta della destra spagnola ha implicazioni significative, prima di tutto per Giorgia Meloni, che sperava in uno stravolgimento degli equilibri europei in vista delle elezioni europee del prossimo anno. Giorgia Meloni, che è attualmente presidente dei Conservatori Europei, ambisce a un’alleanza nel parlamento europeo tra i Conservatori e il Partito Popolare Europeo, che riunisce le forze più moderate di centrodestra. Un governo PP-Vox in Spagna avrebbe rafforzato la tendenza, già vista in Italia, Svezia e Repubblica Ceca, di alleanze tra partiti che fanno parte dell’alleanza Popolare con partiti dei Conservatori.

Resta però il fatto che anche in Spagna avanzano le forze conservatrici e che queste si stiano spostando sempre più verso la destra estrema. Aprendosi all’alleanza con Vox in varie giunte locali il PP ha sicuramente perso una parte significativa del suo elettorato moderato: in questo modo ha però sicuramente anche recuperato molti voti dall’elettorato che nel 2019 si era affidato a Vox. In questo senso il risultato di Vox, sicuramente peggiore rispetto alle ultime elezioni, non è una totale sconfitta: il partito ha spostato infatti il tradizionale centrodestra verso posizioni più estreme, basti pensare che Feijóo ha recentemente dichiarato che l’entrata di Giorgia Meloni nel partito popolare europeo sarebbe auspicabile. Nonostante il PP sia stato penalizzato dall’alleanza con Vox, questo spostamento verso una destra più estrema ha non solo permesso al PP di recuperare voti da Vox, ma anche e comunque di confermarsi come primo partito nel paese.

Anche in Spagna le posizioni di estrema destra sono quindi molto attraenti per una parte significativa dell’elettorato, e Vox resta un interlocutore politico che non può essere ignorato. Basti pensare che in un sistema elettorale maggioritario il risultato conseguito da Vox e PP sarebbe potuto essere sufficiente a portare la destra al governo.

Il dilemma della destra tradizionale resta quindi lo stesso che in molti altri paesi europei: allearsi con le posizioni più estreme per conquistare la parte dell’elettorato che si sta spostando verso quelle posizioni, o staccarsene per evitare di perdere l’elettorato moderato. Il PP fino all’ultimo momento non ha preso una chiara posizione rispetto a Vox: Feijóo non ha mai né confermato né smentito la possibilità di allearsi con il partito di estrema destra, limitandosi a dichiarare di avere alcuni punti in comune e altri no.

Come i partiti di destra tradizionale risolvono questo dilemma dipende da molti fattori specifici del particolare paese e sistema elettorale: l’emergere di posizioni di destra più estrema non può però essere ignorato.

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A sinistra, la leadership di Sanchez esce da queste elezioni rinforzata, probabilmente la favorita a formare un governo di coalizione, e sicuramente arriverebbe più fiduciosa a un'eventuale seconda tornata di elezioni. In questo senso, è giusto per la sinistra celebrare il risultato di ieri come una vittoria. È anche vero che però quella della sinistra una vera e propria vittoria non lo è, e non solo per il fatto che il PP resta comunque il primo partito, che assieme a Vox ha comunque più voti che PSOE e Sumar, e che la formazione di un eventuale governo di coalizione Sanchez che metta insieme tutti gli interessi dei vari partiti regionali si prospetta difficile. La sinistra esce dalle elezioni sconfitta anche e soprattutto per il fatto che l’intera campagna elettorale è stata focalizzata in modo preponderante sulla narrativa impostata dalla destra, e che il risultato ottenuto dalla sinistra è riconducibile in buona parte alla paura di un possibile governo con Vox.

Questa dinamica si vede in Catalogna: qui il partito indipendentista di sinistra Esquerra Repubblicana (ERC) ha registrato un forte calo di voti, mentre il Partito Socialista ne ha guadagnati molti. Presumibilmente, tanti catalani hanno votato il partito di Sanchez perché spaventati dalla possibilità di un governo con Vox, partito fortemente nazionalista e dichiaratamente ostile alle istanza autonomiste. Unendosi contro la paura della destra, soprattutto di una destra estrema e apertamente vicina al franchismo, la sinistra è riuscita a difendersi e a evitare con ogni probabilità un governo PP-Vox: resta però il fatto che la coalizione dietro a Sanchez è estremamente eterogenea e con enormi contraddizioni interne, prima fra tutte la questione degli indipendentismi.

Se infatti l’unico modo per Sanchez per riuscire a governare senza tornare alle elezioni sarebbe quello di allearsi con i numerosi partiti indipendentisti che vorrebbero in tutti i modi evitare la possibilità di Vox al governo, nel lungo termine questa scelta potrebbe rivelarsi controproducente. Uno dei principali temi della campagna elettorale, e uno dei principali argomenti utilizzati dalla destra per attaccare l'attuale presidente, è stato proprio l'atteggiamento troppo permissivo percepito in Sanchez nei confronti dei partiti indipendentisti.

Il fatto che Sanchez abbia avuto bisogno del supporto del partito indipendentista basco EH Bildu per approvare alcune leggi, in particolare, ha portato l’attuale presidente ad essere attaccato dalla destra in quanto in combutta con i terroristi baschi. Un’ampia coalizione eterogenea che comprenda anche partiti indipendentisti, o che comunque abbia il supporto esterno di questi partiti, oltre a non essere di per sé abbastanza per permettere a Sanchez di governare rischierebbe solo aggravare queste tensioni e di rafforzare la destra sul lungo termine.

Per quanto il risultato di Sanchez abbia del miracoloso, e implicazioni importanti a livello europeo, il percorso politico di Sanchez da adesso in poi non sarà in discesa. E l’estrema destra di Vox, nonostante esca da queste elezioni fortemente ridimensionata, se non umiliata, sembra essere l’unica a riuscire nell’impresa che la sinistra non riesce a fare ormai in quasi tutta Europa, ovvero mobilitare l’elettorato di sinistra.