La vicepresidente del PE Pina Picierno punta su una direttiva che imporrebbe agli stati membri di intervenire sulla loro legislazione nazionale, pena una procedura d’infrazione: «Cambiare il codice penale è la risposta al governo reazionario e maschilista»

«Il sesso senza consenso è stupro. Un concetto chiaro, fondamentale, che non ammette eccezioni né sfumature»: è questa la proposta ambiziosa a cui da mesi sta lavorando la vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno e che, come spiega a L’Espresso « Se venisse approvata, molti Stati membri sarebbero costretti a intervenire sulla loro legislazione nazionale ed aggiornarla andando verso una definizione più giusta e protettiva nei confronti della vittima». Il Parlamento europeo ha dunque dato il via libera per iniziare i negoziati sulla direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica. Nell’Italia attraversata da sentenze che negano la violenza di genere e politici che colpevolizzano le vittime, potrebbe essere un valido aiuto per arginare quella che ormai è a tutti gli effetti un’emergenza.

Picierno, unica italiana tra 14 vice della popolare Roberta Metsola, da mesi lavora a una proposta per sostenere le donne e «abbassare fino a quota zero la soglia di tolleranza di comportamenti maschili violenti, in una società in cui il maschilismo e il patriarcato rappresentano ancora una ferita aperta». Da Strasburgo lo sguardo dell’europarlamentare casertana del Partito Democratico non può che cadere sulle vicende che in questi giorni coinvolgono il nostro Paese. «Purtroppo, in Italia, il dibattito su questi temi sta mostrando un approccio e modalità preoccupanti e surreali. Si eludono e dimenticano le questioni fondamentali, non ci si occupa di mettere a punto interventi strutturali che possano incidere a livello culturale, giuridico e sociale. Una mancanza legata soprattutto alla visione di questo governo sul terreno dei diritti e della questione di genere, che rivela un pensiero reazionario, maschilista e pieno degli stereotipi peggiori del patriarcato. Si pensi, per esempio, alle parole del Presidente del Senato riguardo i tempi di denuncia da parte della ragazza che accusa il figlio. Lì si annidano tutti gli elementi più deteriori legati alla vittimizzazione secondaria. Purtroppo se l’esempio impartito dalla seconda carica dello Stato è questo, diventa complicato per il Paese compiere progressi significativi. Perciò, a maggior ragione, assume un’importanza enorme il lavoro che si sta facendo nelle istituzioni europee».

 

Non per nulla la direttiva stabilisce anche che il tempo entro cui una vittima di violenza può effettuare la denuncia non deve essere inferiore ai 20 anni. «I traumi post-violenza possono essere elaborati a lungo ed è necessario dare tempo alle vittime di trovare il coraggio di denunciare», sottolinea Picierno.

 

Il Parlamento oltre ai reati sulle mutilazioni genitali femminili e ai reati di violenza online, chiede anche che vengano criminalizzati a livello europeo, tra gli altri, il matrimonio forzato, la sterilizzazione forzata, e le molestie sessuali nel mondo del lavoro. Aumentate le misure di protezione e prevenzione, tra le quali i posti nei rifugi per donne vittime di violenza, che stando alla proposta del Parlamento devono essere almeno 1 ogni 10mila abitanti. «Si tratta di misure irrinunciabili, che ogni Paese dell'Unione Europea deve applicare. Perché uno Stato che non tutela le donne non può definirsi uno Stato di diritto».
 

I tempi: dopo l’approvazione due anni per recepirla
I negoziati inter-istituzionali sono iniziati ufficialmente a Strasburgo al termine della plenaria, e proseguiranno fino a quando il team negoziale del Parlamento non troverà un accordo su un testo condiviso con il Consiglio UE.

Il testo legislativo è una direttiva quindi una volta approvata definitivamente entrerà in vigore in tutti gli Stati membri che avranno 2 anni per recepirla nei loro ordinamenti giuridici. Trattandosi di diritto penale, si chiedono naturalmente anche modifiche ai rispettivi codici penali nel caso non siano già allineati con le disposizioni che la direttiva conterrà.

 

Nel caso uno Stato membro non la recepisca entro il termine di due anni o le modifiche siano incompatibili con le disposizioni della direttiva, la Commissione potrà come di diritto, iniziare una procedura d’infrazione contro lo Stato Membro inadempiente.

 

Come per ogni direttiva dell’Unione europea, nel caso non sia recepita entro i termini previsti, può creare effetti diretti nel sistemo giuridico nazionale e quindi, sul singolo caso, prevalere sulla legge nazionale. Ad esempio se l’Italia non dovesse cambiare la sua definizione di stupro nel codice penale entro i termini, nei casi specifici le vittime potranno teoricamente avvalersi delle disposizioni a loro più favorevoli contenute nella direttiva.