«Lo zar era consapevole di quanto stava organizzando la Wagner e ha lasciato che agissero». Parla Ilya Ponomarev, il capo della Legione “Svoboda Rossii”, un gruppo di militari russi che affianca le truppe di Kiev

«Il cosiddetto colpo di Stato in Russia, in realtà, era una farsa». Ne è convinto Ilya Ponomarev, ex deputato della Camera di Mosca e capo politico della Legione “Svoboda Rossii” (“Libertà per la Russia”, ndr), un gruppo militare di russi che combatte al fianco degli ucraini nella guerra in corso.

 

Contattare Ponomarev non è stato semplice: da quando la sua legione è uscita allo scoperto, iniziando a operare in pieno territorio russo, è diventato uno dei protagonisti del conflitto. Non rivela la sua attuale posizione, ma a giudicare dallo sguardo rilassato nello schermo non si trova in Ucraina al momento.

 

Molti credevano che un’azione come quella di Evgeny Prigozhin, il capo della Wagner, l’avreste intrapresa voi. «Il nostro obiettivo è rovesciare il potere di Vladimir Putin, combattiamo per questo. Ma anche se siamo tutti russi, siamo inquadrati nell’esercito ucraino e quindi non possiamo agire alla cieca. A ogni modo, se è questa la domanda, marceremo verso Mosca dopo la vittoria dell’Ucraina, ma senza l’esercito regolare ucraino e senza nessun altro esercito. Tuttavia, siccome siamo venuti a combattere per loro, ci aspettiamo che degli ucraini si facciano avanti per battersi con noi. Per ora pensiamo a combattere coordinandoci con le altre unità di Kiev e con lo Stato maggiore, dal quale dipendiamo».

 

Inizialmente inquadrata nella Legione straniera ucraina, infatti, “Libertà per la Russia” si è poi configurata come unità autonoma, al momento con un battaglione operativo (tra i 500 e i mille soldati), un altro in addestramento e un terzo in formazione.

 

Perché crede che Prigozhin e Putin fossero d’accordo?
«Ritengo che Putin sapesse, non che fossero d’accordo. Putin era consapevole di quanto stava organizzando la Wagner e ha lasciato che agissero. Ovviamente non so fino a che punto comunicassero i due, se Putin fosse informato nei dettagli, ma credo che Prigozhin tenesse informato lui o qualcuno a lui vicino e credo che questo sia il motivo per cui alla fine si è sentito tanto fiducioso da agire in questo modo. Inoltre, è per questo che Putin non ha lasciato Mosca, perché sapeva che Prigozhin non avrebbe effettivamente attaccato la capitale, che ci sarebbe andato vicino, ma poi si sarebbe fermato. Ne era certo».

 

Quale vantaggio può trarre il presidente russo da questa situazione?
«Dovete capire che, come molti rappresentanti delle élite russe post-sovietiche, Putin non è né di destra né di sinistra, né liberale né conservatore. È ideofobico. È una persona molto opportunista e scaltra, pronta ad adattarsi a qualsiasi idea gli si presenti intorno e a utilizzarla a proprio vantaggio. Questa è una caratteristica molto comune all’interno dell’attuale classe dirigente russa, che però la sfrutta principalmente per arricchirsi. Per Putin, invece, è diverso: tale assenza di legami ideologici è all’origine del suo successo. Bisogna, inoltre, riconoscere che è un individuo molto capace, brillante, direi anche molto talentuoso dal punto di vista tattico. Come tattico, prende sempre decisioni poco ortodosse e molto azzardate. Ma quando si tratta di strategia, non ne ha. Ed è per questo che strategicamente fallisce. Un esempio perfetto è l’annessione della Crimea nel 2014 che tatticamente gli ha dato un grande vantaggio, ma strategicamente ha portato a un grande disastro. E la stessa cosa è accaduta nel febbraio 2022, con l’invasione dell’Ucraina».

 

A proposito di Unione Sovietica: mentre i mezzi militari della Wagner avanzavano verso Mosca, Putin ha dichiarato in televisione che non avrebbe ripetuto l’errore fatto con Lenin, paragonandolo di fatto a Prigozhin. Che cosa pensa di questo accostamento?
«Ovviamente Prigozhin non è un Lenin, Prigozhin semmai è un emulo di Kornilov. Un generale controrivoluzionario, come quello che nell’agosto 1917 attaccò il governo provvisorio di Alexander Kerensky. E i parallelismi in questo caso sono molti: così come Prigozhin ha agito con il beneplacito di Putin, Kornilov si accordò segretamente con Kerensky. Un ammutinamento finito nel nulla nel 1917 e lo stesso nel 2023. Credo sinceramente che se non avesse avuto contatti con la cerchia di Putin, Prigozhin non si sarebbe spinto tanto oltre. Del resto, ci sono diverse persone che vogliono diventare Lenin in Russia, ma non ne hanno la capacità strategica e tattica; non ne hanno il potere. Non siamo ancora a quel punto».

 

Tornando alla sua Legione, lei o i comandanti militari avete pensato di agire in quelle ore? Insomma, perché non avete approfittato di quanto stava accadendo in Russia?
«Sì, ci abbiamo pensato. Ma dopo aver effettuato diverse ricognizioni, ci siamo resi conto che i confini erano stati rafforzati in modo evidente, che il numero di truppe era aumentato così come la potenza di fuoco delle batterie. Anche per questo sostengo che fosse tutta una messa in scena: volevano tenderci una trappola. Ed è per questo che non abbiamo agito, perché sapevamo che ci stavano aspettavano».

 

Però dobbiamo aspettarci nuove azioni da parte vostra, immagino. Vi spingerete ancora oltre il confine?
«Beh, dipende dalle decisioni del comando militare ucraino. Noi facciamo parte dell’esercito ucraino e le decisioni le prende lo Stato maggiore. Ma credo che la cosa migliore, che personalmente proporrei e sosterrei, è che la Legione continui a occuparsi di “liberare” il territorio russo».

 

Come vede il futuro della Russia?
«Penso che la Russia dovrà essere trattata con dignità, quando tornerà a far parte della famiglia delle nazioni civili, e che tratterà tutti gli altri con la stessa dignità. Immagino un Paese che si riavvicina all’Europa e all’Occidente, nel quale si terranno elezioni libere e giuste. Il potere dovrebbe andare alle comunità locali e non credo che, una volta caduto Putin, ci sarà spazio per idee radicali e intolleranti».

 

Ma non ha paura che così finirete anche voi sotto l’egida statunitense?
«Immagino una relazione tra pari, in cui nessuno dovrebbe essere sotto l’influenza di nessuno. Dobbiamo costruire un pianeta di nazioni uguali. E credo che la Russia democratica potrà aiutare in questo».