L’attuale numero due di Banca d’Italia è il candidato ideale. Anche se il suo nome non corrisponde al profilo al femminile gradito alla presidente della Banca Centrale Europea

Per Fabio Panetta è il sogno che s’avvera: un’intera vita dedicata a incarnare il ruolo di guida della Banca d’Italia, e ora che Ignazio Visco lascia l’incarico, è giustamente arrivato il suo momento. Questa candidatura ha traballato - pochissimo a dire la verità - solo nell’autunno scorso, quando lo stesso Panetta ha rifiutato l’offerta di Giorgia Meloni al ministero dell’Economia. Del resto un simile incarico gli avrebbe quantomeno reso più difficile farsi trovare pronto per via Nazionale. Ma Meloni non porta rancore: infatti la premier ha nominato Panetta tre mesi prima della scadenza effettiva del mandato di Visco. Chapeau, dicono da più parti, mai in passato si era pensato di giocare così d’anticipo, evitando battage di indiscrezioni e rumors.

 

Contemporaneamente si apre la corsa al board della Banca Centrale Europea. La prima questione da risolvere è capire se effettivamente il posto resterà riservato all’Italia. Non è scontato, anche se a Francoforte un italiano non è mai mancato: da Tommaso Padoa-Schioppa a Lorenzo Bini Smaghi, dalla presidenza di Mario Draghi fino a Fabio Panetta, nominato nel dicembre 2020 dall'allora premier Giuseppe Conte.

 

Premesso che togliere spazio all'Italia sarebbe uno sgarbo pesantissimo - non giustificabile neppure dalla mancata ratifica del Mes -, è un dato di fatto che la Germania vuole espandere la propria area di influenza, specialmente ora che soffia vento di recessione, e che anche i piccoli Paesi intendono avere un ruolo dove si prendono le più importanti decisioni di politica monetaria. Di sicuro la presidente Christine Lagarde ha detto che per il dopo Panetta sarebbe gradita una donna.

 

Nella storia della Bce sono state pochissime: la prima, nel 1998, è stata la finlandese Sirkka Hamalainen, nel 2003 sostituita dall'austriaca Gertrude Tumpel-Gugerell. Dal 2011 e per i successivi tre anni il board è stato totalmente al maschile. È necessario attendere la nomina della tedesca Sabine Lautenschlager per rivedere una donna ai vertici della Bce. Poi nel 2019 Christine Lagarde è diventata presidente della Bce e nel 2020 la Germania ha fatto spazio a Isabel Schnabel, che alla Bce ha supervisionato il programma Quantitative easing da 2,6 trilioni di dollari.

 

In Bce Fabio Panetta si è occupato di rischio sovrano, volatilità dei mercati finanziari e del progetto dell'euro digitale, su cui la banca centrale prenderà una decisione a ottobre. Ora tra palazzo Chigi, via XX Settembre e via Nazionale si sta ragionando sulla persona più indicata da proporre a Francoforte. Sfortunatamente all’interno di Banca d’Italia le economiste pronte per quel ruolo scarseggiano. Si è fatto il nome di Alessandra Perrazzelli, vice direttore generale di Bankitalia, unica donna che siede nel direttorio di via Nazionale, tuttavia ha una formazione giuridica: tradotto, non è un’economista. Ai vertici dell'amministrazione centrale, l’unica donna con una formazione economica è Magda Bianco, entrata in Bd’I nel 1989, ma si è specializzata in industria italiana, regolamentazione dei mercati, corporate governance, temi distanti dalla figura ricercata per la Bce. L’altra donna in amministrazione centrale è Bruna Szego, capo dell’unità antiriciclaggio, anche lei con una formazione giuridica. La scelta potrebbe ovviamente ricadere su un’economista esterna all’organico della Banca d’Italia, e allora si è fatta strada l’opzione Paola Tagliavini, consigliere d’amministrazione di Intesa Sanpaolo, docente di Accounting e Risk management all’Università Bocconi, e al vaglio ci sarebbero inoltre i curriculum di Concetta Brescia Morra, docente di Diritto dell’Economia all'Università Roma Tre e di Elena Carletti, ordinaria di Finanza alla Bocconi e consigliera indipendente nel consiglio di amministrazione di Unicredit. Nomi validissimi, anche se l’esigenza di Bankitalia è quella di mantenere un filo diretto con Francoforte e quindi potrebbe prevalere la volontà di schierare qualcuno cresciuto all'interno della scuola di via Nazionale. Del resto la sintonia tra Ignazio Visco e Fabio Panetta sul fronte inflazione è stata sotto gli occhi di tutti. Se per Visco «il ritorno dell’inflazione su livelli in linea con l’obiettivo sarà più rapido e meno costoso se tutti, imprese lavoratori e governi, contribuiranno a questo fine», Fabio Panetta, che in Bce siede fra i banchi delle colombe (e non dei falchi), avverte che nel contrasto all’inflazione la Bce deve evitare di guidare «a fari spenti nella notte» e ha sostenuto che quelle imprese che, di fronte all’aumento di materie prime e energia avevano alzato i prezzo, ora devono fare la loro parte normalizzando i listini.

 

Tornando ai papabili per la Bce, il nome in continuità con Panetta e cresciuto a Palazzo Koch, è quello di Piero Cipollone, vice direttore della Banca d’Italia dal 2020, un Draghi-boy. Cipollone avrebbe il profilo giusto per quel ruolo e nei corridoi di palazzo la battuta che circola è: «Peccato non abbia la gonna». È molto probabile che la scelta ricada proprio su di lui, sorvolando sull’invito di Lagarde a nominare una donna, semplicemente perché un’economista pronta per quell'incarico non c’è. E si tratta di un grande problema che stenta ad essere risolto. Nonostante l’impegno di Banca d’Italia a risolvere il gender gap e il tentativo di far crescere le economiste con percorsi di formazione interna, la presenza femminile si assottiglia parallelamente al crescere della competizione e della carriera.

 

Come intervenire? Vent’anni fa, la Banca Mondiale si ritrovava in questa stessa situazione: le donne non riuscivano a infrangere il soffitto di cristallo e il board decise di stabilire una nuova regola: le donne sarebbero state favorite nell’avanzamento di carriera, anche a disparità di curriculum. Non perché le donne debbano avere una corsia preferenziale, piuttosto perché troppo spesso non vengono giustamente coinvolte nei momenti decisionali e necessitano quindi di un passpartout per essere a quei tavoli.