Nessuna città d’Italia ha tanti soldi da spendere. Con il nuovo porto, l’alta velocità, le autostrade, la città ligure si fa nuova con i fondi pubblici e una pattuglia di sponsor affezionati, dal viceministro Rixi al capo delle Fs Ferraris. Ma le ferite di un territorio cementificato sono ancora visibili

Genova per noi vuol dire un mare di palanche. Soldi, per chi non frequenta la Superba. Nessuna città italiana si avvicina agli investimenti che sono stati destinati al capoluogo ligure. Per stare alle stime di partenza, come sempre approssimate per difetto rispetto alla fine dei lavori, sull’area sono in corso o in avviamento lavori per 16,27 miliardi di euro. La somma include fondi del Pnrr, del ministero delle infrastrutture, del comune guidato da Marco Bucci, della regione presieduta da Giovanni Toti e della maggiore stazione appaltante nazionale, il gruppo Fs, che almeno per un altro anno è agli ordini di Luigi Ferraris, nativo della brianzola Seregno ma laureato all’università di Genova e omonimo del capitano del Genoa cricket and football club caduto durante la Grande guerra al quale è intitolato lo stadio di Marassi.

 

In teoria, Roma può contare su un tesoretto da 19 miliardi di euro. Ma la cifra comprende quasi 6 miliardi legati all’Expo 2030 che la capitale non si è ancora aggiudicata. Altro particolare non trascurabile: Roma ha il quintuplo del territorio e degli abitanti di Genova.

 

La lista della spesa che riguarda l’ex repubblica marinara vede al primo posto il terzo valico dei Giovi, la linea ad alta velocità ferroviaria realizzata da Cociv (Webuild) che vale 6,48 miliardi e che è la prima pietra della nuova grandeur della riviera. Secondo il Mit, a febbraio 2023 l’avanzamento lavori è al 56 per cento con 3,6 miliardi già spesi. Il completamento dell’opera è previsto fra due anni con soddisfazione dell’ad di Trenitalia, il genovese Luigi Corradi, confermato un po’ a sorpresa per un altro triennio dalle recenti nomine del ministro Matteo Salvini e del suo influentissimo vice Edoardo Rixi, tifoso blucerchiato in ansia per la crisi della Sampdoria e altro enfant du pays laureato in economia nell’ateneo della Lanterna, dopo il diploma al liceo classico Mazzini.

 

La dirigenza Fs ha unificato il Terzo valico con i progetti del nodo ferroviario di Genova (1,11 miliardi di euro), che doveva essere pronto nel 2016, e il potenziamento di Genova Campasso (270 milioni).

 

Il programma infrastrutturale prosegue con la Gronda di Ponente, che a fine maggio Rixi ha sottoposto al consiglio superiore dei lavori pubblici. La sua intenzione è di approvare il progetto esecutivo entro la prossima estate. I lavori del nuovo anello stradale, lanciato prima delle Colombiadi del 1992 come percorso Voltri-Rivarolo, si aggirano intorno ai 5 miliardi di euro per un tracciato di 72 chilometri, di cui 50 in galleria, e 37 fra ponti e viadotti. È un investimento che fa capo ad Autostrade per l’Italia (Aspi), la maggiore concessionaria autostradale italiana passata da Atlantia (Benetton) a un azionariato guidato da Cdp-Macquarie. Sull’opera si stanno attrezzando gli uffici di progettazione dell’ex Spea, la società di engineering di Aspi coinvolta nel crollo del viadotto sul Polcevera il 14 agosto 2018 e ribattezzata Tecne. Nel nuovo pacchetto finanziario della Gronda non entrano i 7,9 miliardi di euro di interventi in corso sulla rete autostradale ligure per la rinnovata gioia dei vacanzieri che domenica 4 giugno hanno affrontato una coda da 24 chilometri sull’A10. In città, anche il viadotto Bisagno sull’A12 presenta criticità e sarà messo in sicurezza da qui al 2028. Sempre in città sono previsti interventi che vanno dalla funivia fra la stazione di piazza Principe e il forte Begato (34 milioni di euro) a un progetto di mobilità urbana molto ambizioso con l’impegno di 1,2 miliardi di euro.

 

Il quadro politico è quasi compatto a difesa degli investimenti. Fra le poche contestazioni ci sono quelle degli ambientalisti sul tunnel da 230 milioni di euro della Val Fontanabuona verso Rapallo e il Levante, che fa parte degli accordi di ristoro firmati fra gli enti locali e Aspi insieme al tunnel subportuale da 700 milioni di euro dove la concessionaria autostradale ha annunciato l’apertura dei cantieri entro giugno per 65 mesi di lavori.

 

Eppure Genova è un territorio ferito a ripetizione. L’urbanizzazione dissennata e il cambiamento climatico colpiscono qui in modo più duro che altrove. L’alluvione più grave è del 1970 con 44 vittime. L’ultima è del 2014, con una vittima. Quella del novembre 2011, con sei morti, ha portato al processo e alla condanna della sindaca di centrosinistra Marta Vincenzi a tre anni. In questi giorni si stanno svolgendo le udienze per i 43 morti causati dal crollo del viadotto sul Polcevera progettato dall’ingegnere Riccardo Morandi e gestito da Aspi, allora controllata dal gruppo Benetton. È ancora in fase di indagine l’inchiesta sulla galleria Berté dell’A26, un altro crollo per fortuna senza vittime avvenuto il 30 dicembre 2019, un anno, quattro mesi e due settimane dopo il Morandi. In entrambi i processi è coinvolto l’ex numero uno di Aspi Giovanni Castellucci.

 

Non tutte le opere sono sotto l’ombrello del Modello Genova, applicato alla ricostruzione del Morandi nel tempo record di due anni e con costi altrettanto da primato. Ma il nuovo ponte San Giorgio, aperto nell’agosto del 2020, qui ha fatto scuola e si pensa di applicarlo anche alla punta di lancia dell’esecutivo e degli organi politici locali. Si tratta della nuova diga foranea offshore, la più profonda d’Europa, che dovrebbe consentire l’ingresso a navi lunghe oltre 400 metri con carichi da 18 mila container. Il cantiere è stato inaugurato il 4 maggio scorso con la benedizione di tutte le forze politiche, inclusi i grillini che sono rimasti contrari alla Gronda di Ponente. L’opera è stimata 950 milioni di euro, che diventano 1,3 miliardi con i lavori di contorno, e ha già creato conflitti.

 

Uno è di carattere amministrativo. La gara è stata vinta da un consorzio guidato da Webuild di Pietro Salini, l’impresa che ha realizzato il viadotto San Giorgio, con Fincantieri, Fincosit e Sidra. La seconda classificata Eteria di Gavio, Caltagirone e Acciona ha ottenuto l’annullamento al Tar della Liguria. Ma i lavori andranno avanti salvo risarcimenti a Eteria nell’ordine di un centinaio di milioni, a carico dello Stato.

 

L’altro problema è di tipo ingegneristico ed è stato sollevato da Piero Silva, ex direttore tecnico del progetto della diga. Silva si è dimesso dalla carica perché ha dubbi sulla fattibilità di un’opera che si baserà su cassoni in cemento poggiati su fondali instabili e profondi fino a cinquanta metri. Le considerazioni di Silva sono state esposte all’inizio di maggio in una lettera aperta con alternative di impatto minore e maggiore sicurezza. Ma la superdiga andrà avanti lo stesso.