Centrosinistra sconfitto sei a uno nelle città al ballottaggio. Per il Pd di Elly Schlein una faticosa vittoria a Vicenza (senza Giuseppe Conte). E il ko contro M5S e sinistra radicale, nella piccola città toscana: il simbolo di una opposizione tutta da (ri)fare

Sei a uno, vale a dire: non c’è partita. I risultati finali delle elezioni amministrative, con l’unica vittoria del Pd, in un capoluogo sui sette che andavano a ballottaggio, a Vicenza con il lettiano Giacomo Possamai (50,5 per cento, una vittoria faticosa rispetto alle attese), rispecchiano le fotografie della chiusura della campagna elettorale.

 

Venerdì scorso, a Catania con Enrico Trantino, oggi largamente in testa al primo turno secondo le proiezioni, c’era mezzo governo, l’intera coalizione di centrodestra: la premier Giorgia Meloni, i vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, oltre all’eterno Maurizio Lupi. Di là, ad Ancona, a sostegno della oggi perdente candidata Ida Simonella, c’era Elly Schlein. Tutta sola. Mentre Giuseppe Conte chiudeva il primo turno a Siracusa, praticamente solo anche lui (c’era Nicola Fratoianni), e la segretaria del Pd si collegava da remoto. È stato, a Siracusa, il massimo della vicinanza che si è vista con Conte in questa tornata elettorale, nella quale la neo leader del Pd non si è mai mostrata in pubblico assieme all’ex premier ed ex avvocato del popolo, né lui con lei d’altra parte. Nemmeno laddove correvano insieme.

 

Una distanza che immortala perfettamente l’impossibile rimonta. Ma è l’unico problema dell’opposizione? In realtà no, a quanto pare. Persa Ancona, città storicamente di centrosinistra, la cui conquista era l’asticella che Giorgia Meloni si era data per misurare la propria coalizione. Persa anche Brindisi, amministrazione uscente di centrosinistra come Latina (che la destra ha riconquistato al primo turno).

 

Non ri-passate al Pd, simbolicamente, le ex roccheforti rosse di Pisa e Siena. In quest’ultima città si allarga la forbice del primo turno: vince Nicoletta Fabio, sostenuta da Fratelli d’Italia Lega e Fi, due settimane fa in vantaggio di soli due punti. Mentre a Pisa Paolo Martinelli per il centrosinistra rimonta ma non ce la fa: il suo nome suscitava speranze, visto che si trattava di uno dei pochi casi di campo largo, alleanza anche coi Cinque stelle. Eppure.

 

C’è da dire che, nei capoluoghi in cui si è presentato solo, il Movimento cinque stelle ha ottenuto risultati miserrimi. Ad esempio nelle quattro città a ballottaggio, là dove si presentava solo, è rimasto sempre sotto il 4 per cento: ad Ancona 3,6 per cento, a Massa il 2,7, a Vicenza l’1,7, a Siena l’1,5. Un prefisso telefonico che non aiuta alla composizione di qualunque alleanza. La distanza tra Schlein e Conte, insomma, non racconta in realtà abbastanza: il Pd è cresciuto nei sondaggi ma da solo non vince, i Cinque stelle sono crollati nella realtà ma non si sono ancora ricollocati sul piano nazionale. È un rompicapo senza soluzione, o meglio con una soluzione chiara: vince la destra.

 

Un altro esempio complica ancora di più il quadro, ed è il caso di Campi Bisenzio. Piccolo, ma simbolico, da studiare a fondo. Nel comune industriale della cintura fiorentina, infatti il Pd con Leonardo Fabbri, finisce ko contro Andrea Tagliaferri, appoggiato da sinistra radicale, Movimento 5 stelle, lista “Sì parco - no aeroporto e inceneritore” e dalla lista dell'associazione Farecittà.

 

L’ex sindaco, oggi deputato, Emiliano Fossi, è segretario regionale del partito con la mozione Schlein; la sinistra radicale sta dall’altra parte e vince, coi Cinque stelle, agitando il «cambiamento». Non si tratta chiaramente di una formula esportabile, ma rende bene l’idea della fragilità sulla quale si muove l’intera ricostruzione di una opposizione. Ancora, evidentemente, da cominciare.