Petizioni in Europa per inasprire il contrasto alla pedopornografia online e in Italia per cambiare i termini oltre i quali non è più possibile perseguire il reato. «È un omicidio psichico»

La distribuzione di materiale pedopornografico online (Csam, Child sexual abuse material) sta aumentando in modo preoccupante nel mondo: da un milione di segnalazioni nel 2010 si è passati a 32 milioni nel 2022. Si tratta, in totale, di 88 milioni di immagini e video. I rapporti indicano che alcune aziende attive e con server nell’Unione Europea sono diventate i maggiori host di Csam a livello globale, passando dall’ospitarne più della metà nel 2016 all’85% nel 2020.

 

Justice Initiative, Ong della Fondazione Guido Fluri impegnata nel contrasto agli abusi sui minori, ha lanciato, assieme a gruppi di vittime e alle organizzazioni per la tutela dei minori di tutta Europa, una petizione che punta a migliorare la legislazione dell’Unione Europea sul tema degli abusi sessuali sui minori. La proposta mira a stabilire regole chiare per le grandi piattaforme online al fine di impedire la circolazione di immagini e video di bambini abusati sessualmente e per evitare che gli adulti possano adescare online i minori. La legislazione prevede inoltre la creazione di un Centro dell’Ue per la prevenzione e la lotta contro gli abusi sessuali sui minori. «Puntiamo alla raccolta, in sei mesi, di 100mila firme in Italia e un milione in tutta Europa», spiega Simone Padovani, fotoreporter, psicologo di comunità, responsabile dell’hub italiano di Justice Initiative, nonché uno dei volti di End clergy abuse (Eca), organizzazione mondiale composta da attivisti e vittime di violenze sessuali che lotta per porre fine agli abusi del clero sui minori.

 

Oltre alla petizione europea, Justice Iniziative sta per lanciare una campagna di raccolta firme per promuovere una legge d’iniziativa popolare in Italia. La proposta verte su diversi punti per migliorare la legislazione in materia di abusi sessuali sui minori. Tra gli altri, è prevista «la creazione di una struttura centralizzata di monitoraggio dati; l’implementazione di un sistema di formazione, educazione e prevenzione sul tema; l’istituzione di centri di ascolto e di servizi di primo accesso legale e di psicoterapia a cui un minore potenzialmente vittima può rivolgersi anonimamente; l’allungamento dei termini di prescrizione per questo tipo di reati, come avviene in Germania o in Spagna, dove il calcolo inizia da quando la vittima compie rispettivamente 30 e 35 anni, o l’abolizione definitiva della prescrizione, come in Canada e in Svizzera». La psicologa clinica Irene Cane ha lanciato una petizione su Change.org per chiedere l’abolizione della prescrizione per i reati di abuso sessuale sui minori. La petizione ha raccolto oltre 65mila firme. In Italia, per il reato di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.) è previsto il raddoppio del termine prescrizionale (ventiquattro anni).

 

C’è però chi non è d’accordo: «Le vittime hanno consapevolezza del fatto spesso molti anni dopo la consumazione dell’atto. È la cosiddetta slatentizzazione del ricordo», spiega Mario Caligiuri, avvocato penalista e professore di Pedagogia all’Università della Calabria. «Trovo assurdo che esista la prescrizione per reati del genere», dice Irene Cane: «Per l’abuso sessuale infantile ho coniato l’espressione omicidio psichico, in quanto i sintomi sperimentati dai minori sono paragonabili a quelli della morte. A causa della difficoltà di convivere con il profondo stato d’angoscia generato dal trauma, le vittime iniziano a sperimentare anche pensieri suicidari che, purtroppo, in alcuni casi, terminano in tragedia».