La metamorfosi dei corpi. E quella delle idee. In politica è l’arte di cambiare a seconda del vento

Metamorfosi o mutanti? Questo è il dilemma. Anzi, magari fosse solo questo. Però sono due parole-concetto che aiutano a capire in che mondo viviamo. Intanto le persone, soprattutto i giovani, non si piacciono più. Hanno problemi con se stessi che non nascono da loro ma dall’ambiente che li circonda. C’è un ambiente finto, fatato, dover vincono sempre e solo i ricchi e belli. Un altro duro, scuro, dove invece vincono la violenza e il buio. E allora o si sta da una parte o dall’altra. E quasi sempre si sbaglia. È vero che la normalità non è mai esistita, a meno di concetti astratti e convenzioni sociali che mutano attraverso i secoli, però non si può vivere costantemente sopra le righe anche se un tocco di trasgressione dà sapore alla vita. Ma solo un tocco, mai un’esagerazione. E allora i ragazzi che non si piacciono si photoshoppano nelle immagini del telefonino, sui social.

 

Chi invece non si sopporta (e magari non lo dice) o è in conflitto con la sua immagine e persino con se stesso, muta il proprio corpo. Compie una metamorfosi: si fa rifare labbra e naso, si riempie il corpo di tatuaggi, qualcuno è arrivato a farsi impiantare un orecchio su un braccio. Follia? Troppo semplice. Ritocchi, cosmetici, tatuaggi: nella nuova estetica il corpo diventa linguaggio, racconta chi siamo (o chi vorremmo essere), abbatte tabù e steccati e ne crea di nuovi. È la nuova tormentata grammatica umana, dove il soggetto del verbo essere diventa un cantante, un attore o nessuno, un personaggio di fantasia che risiede dentro il nostro corpo.

 

L’inchiesta di questa settimana vuole spiegare proprio questi nuovi fenomeni che sono il passo successivo alla società della pubblicità, quella del modello Mulino Bianco, dove tutto andava bene. Ora si scopre che non proprio tutto va bene. Ma nella società dell’apparire il prezzo della rivincita presunta può essere anche quello da pagare con una libbra della propria carne o con una protesi di silicone.

 

Poi ci sono i mutanti. Quelli sono facili da individuare. Nessuno rispetta più i patti, le regole, i doveri. Valgono per gli altri ma solo per loro, non per noi. Non bisogna essere sofisticati per capire che i primi a mentire sono i politici. Soprattutto quelli che, pro-tempore, stanno al governo, perché sono costretti a fare le cose e scoprono che fare promesse elettorali o stare all’opposizione a gridare è molto più facile.

 

Il Superbonus è l’esempio di stagione. Il Centrodestra ha vinto le elezioni anche con lo slogan, uno dei tanti, «la casa non si tocca». E anche la Lega ha battuto forte su queste corde. Proprio il Superbonus è stato al centro del paradigma elettorale. Si vincono le elezioni politiche, si va al governo, si aspettano le elezioni regionali, e dopo, solo dopo, si annuncia che il Superbonus è una iattura per i conti del Paese. Il Superbonus è in vigore dal 2020, possibile che nessuno se ne sia accorto prima? Dov’erano i tecnici del governo tecnico? Anzi dov’erano i migliori del governo dei migliori guidati da Mario Draghi? Il Centrodestra non ha dato l’allarme sul Superbonus perché si aveva paura di perdere le elezioni regionali? Draghi non ha dato l’allarme sul Superbonus perché doveva giocarsi la partita (poi persa) del Quirinale? Allora accettiamo la metamorfosi, segno dei tempi, ma Dio ci salvi dai mutanti.