Essere e apparire
La libertà si scrive sui corpi: imperfetti o rifatti, benvenuti nel tempo dell'autodeterminazione
Gli interventi estetici schizzati a livelli record da una parte, le campagne contro ogni pregiudizio sulla fisicità e la body positivity dall’altra. E i nuovi parametri estetici della Generazione Z rilanciati dall’uso massiccio dei social. Come cambia il rapporto con quel che di noi si vede
Dentro questo tempo sempre acceso, scandito dalla “guerra dei giusti” su libertà, diritti, autodeterminazione e tutti quei temi che sembrano fatti di luce ma che nascono sempre dall’oscurità: sono i corpi che tornano al centro della scena. Si è detto, spesso, che era la parola ad alimentare questo tempo. Gli hashtag indignati, schwa e asterischi inclusivi. Convinti di un cambio di passo sonoro, è in realtà il metro della vista a permetterci di capire dove stiamo andando. L’affermazione popolare del movimento body positive nato dal “fat activism” degli anni Settanta ha riscritto i canoni della bellezza, tempo fa ridotti a una gabbia che bruciava chiunque non rispettasse caratteristiche che non facevano altro che rafforzare sessismo, razzismo, ageismo.
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Prima erano accettati solo corpi performanti, incapaci di invecchiare. Poi è arrivata la Generazione Z che ha scardinato gli standard etero patriarcali, i ruoli di genere, la norma. Basti pensare al progetto “Belle di Faccia” nato grazie all’illustratrice Chiara Meloni (in arte Chiaralascura) e all’autrice attivista femminista Mara Mirabelli che dal 2018, come profilo Instagram, ha lo scopo di valorizzare i corpi grassi, con particolare focus sulla Fat Acceptance e Fat Liberation. Oppure all’irruzione sulle scene di corpi non conformi come quello della campionessa Bebe Vio, di Winnie Harlow attivista canadese e top model con la vitiligine. Le serie tv presentano personaggi ispiranti come Plum in Dietland o Kat in Euphoria (la citazione di quest’ultima: «Non c’è niente di più potente di una ragazza grassa che se ne fotte di tutto e di tutti»). Nel panorama musicale domina Lizzo, artista internazionale pluripremiata ai Grammy Awards: «Sono un’icona del corpo. Penso di avere un corpo davvero sexy. So di essere grassa. Non mi dà fastidio. Mi piace essere grassa, sono bella e sana». È una rivoluzione che corre anche sui social: Sasha Louise Pallari, modella e make-up artist britannica ha lanciato l’hashtag #filterdrop fondando un movimento social, ribattezzato Acne Positivity e dedicato nello specifico ai molteplici cosiddetti “inestetismi” della pelle. In Italia, Cristina Fogazzi, conosciuta come l’Estetista Cinica è la popolarissima imprenditrice bresciana che si rivolge al pubblico in modo schietto promuovendo la consapevolezza che oli creme e trattamenti aiutano ma non fanno i miracoli millantati dagli spot.
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Eppure è dentro questa galleria di figurine luminose che scatta il collasso generale, il cortocircuito. Per capirlo leggiamo i numeri: secondo le stime attualmente a disposizione, i trattamenti di chirurgia plastica ed estetica nel periodo primaverile del 2021 sono aumentati del 20 per cento. In generale, si stima che le richieste siano aumentate del 67 per cento rispetto al 2019 e ben del 130 per cento rispetto al 2020. Sono sempre i più giovani ad avvicinarsi alla chirurgia estetica in questa ricerca costante di un aspetto «migliore» per sentirsi «a posto». Ma di che posto si parla? Del nostro o di quello dello sguardo degli altri? Tra le ragazze il modello di riferimento è quello della cosiddetta “Rich girl face” (quella di Kylie Jenner per intenderci: naso piccolo, occhi grandi, pelle liscia, labbra carnose). Testa e viso, chirurgia palpebrale e blefaroplastica gli interventi più richiesti. «Ci sono ragazze che non hanno bisogno di aumentare le labbra a 24 anni ma lo fanno in modo eccessivo con volumi fuori dal comune. L’eccesso è quello che ci preoccupa», spiega Francesco Stagno d’Alcontres, presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica.
Eccesso è la parola chiave che riaggiorna un fenomeno non nuovissimo. La storia ci ha sempre insegnato che gli interventi estetici dovevano essere sottili, invisibili, privati, che si trattasse di Cleopatra che scivolava via per fare il bagno nel latte d’asina o della regina Elisabetta I che si tamponava il viso con una miscela tossica di aceto e piombo. Adesso tutto sembra cambiare. Certo, resistono i tatuaggi ma temporanei, durano quanto la viralità di un reel su Instagram. Di recente L’Oreal, l’azienda dedicata al beauty più estesa del mondo, ha acquisito una quota minoritaria di un’azienda coreana di nome Prinker Korea, che ha inventato un congegno capace di stampare un tatuaggio temporaneo direttamente sulla pelle a partire da un archivio di 12.000 tatuaggi selezionabili e personalizzabili attraverso una app dedicata.
Il cambio di passo è visibile nella mescolanza dei confini tra maschile e femminile, nel make up, negli abiti, negli accessori e anche nella bellezza dei corpi. Ragazzi e ragazze giocano a confondere la propria immagine e identità, indossando vestiti associati tradizionalmente all’altro sesso. La cura del sé legata alla sfera del maschile è visibile. Unghie laccate vengono sfoggiate da celebrità internazionali e italiane – da Fedez a Harry Styles, da Damiano dei Maneskin a Rosa Chemical. Un tempo un simbolo di ribellione e controcultura, oggi la “Mencure” (gioco di parole tra manicure e men) è la norma. Su questa scia, molte aziende di bellezza stanno cercando di intercettare i desideri di una nuova clientela introducendo sul mercato linee di cosmetici genderless. I make-up artist o gli influencer di trucchi più noti sono maschi. Lo youtuber James Charles è stato il primo testimonial del brand americano di make-up Cover Girl, che contiene la parola «girl». In Italia Christian Filippi, in arte Damn Tee, a solo 18 anni, con i suoi 215 mila follower su Instagram e quasi 325 mila su Youtube, è uno dei più seguiti vlogger italiani portabandiera di una bellezza che va oltre le differenze di genere.
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Per capire questo tempo è utile posare lo sguardo sul volto orgoglioso ostentato ai Grammy dalla Regina del Pop, Madonna oppure affacciarsi al mondo dell’hip hop dove artiste e sempre più appassionate del genere si sottopongono a pericolose sedute chirurgiche per avere glutei, il cosiddetto Brazilian Butt Lift, come Nicki Minaj o Cardi B. Siamo circondati da un’estetica ricca, vistosa, sovrannaturale che deve essere esibita. A questo si lega il fenomeno per cui moltissimi giovani si presentano dal chirurgo con un selfie a cui hanno applicato filtri di bellezza. Chiedono una realtà più aderente al digitale. Giovanna Cosenza, semiologa, allieva di Umberto Eco, sempre precisa e attenta nel leggere i fenomeni che ci attraversano, da 18 anni dirige un corso monografico sulla rappresentazione del corpo alla magistrale di Semiotica nell’Università di Bologna: «Adesso abbiamo la body positivity e alcune controtendenze interessanti. Ma pesa ancora l’omologazione». Il fenomeno non è assolutamente nuovo, precisa: «La rappresentazione del corpo con una foto ritoccata c’è da quando c’è Photoshop. Siamo alla fine degli anni ’90. Così come le controtendenze. Pensiamo che la prima campagna promossa da Unilever per il suo marchio Dove denunciava l’uso di Photoshop con la rappresentazione del corpo femminile già nel 2004, un case-study dal punto di vista della virilità online».
Sembra ieri, sono passati quasi 20 anni, il tempo di mezzo di una vita. Nel frattempo, sottolinea Cosenza, c’è stata la diffusione di massa del digitale. E per questo è importante parlare di «massa». «Perché l’abbassamento dei costi rende più accessibile a più persone gli interventi sul proprio corpo». L’ostentazione, l’orgoglio di un corpo totalmente ricostruito e allo stesso tempo la rivendicazione dei corpi imperfetti si adeguano e convivono all’unisono, il volto di Madonna, battezzato dal New York Times come una «brillante provocazione» è l’esempio perfetto. «Maria Luisa Veronica Ciccone – analizza Cosenza — sta facendo della sua esposizione della chirurgia estetica una valorizzazione. È geniale. Questo però non incide sulle ragazzine. Ma sulle adulte. Ricordo che in Europa la fascia di età dai 40 ai 70 è maggioritaria, siamo una popolazione adulta e anziana. La vera massa è lì. I giovani sono in minoranza. Soprattutto in Italia secondo Paese al mondo più anziano dopo il Giappone. La comunicazione di Madonna andrà a moltiplicare la chirurgia estetica delle signore over 50. Ed è una comunicazione molto precisa: è un pezzo del mio corpo e faccio quello che voglio. Non c’è niente di più volontario che decidere di operarsi: comporta tempo, investimento economico, superamento delle paure». A incidere sulla popolazione più giovane immersa nel suo smartphone è sicuramente molto più Chiara Ferragni.
Cosenza la inserisce nel filone delle influencer che sulla bellezza portano avanti un discorso di controtendenza. «Certo, non si riprende con le peggiori luci ma anche l’autenticità più autentica è sempre abbastanza filtrata. Eppure Ferragni, pur non essendo una sbandieratrice della body positivity, è nella controtendenza, grazie alla sua rappresentazione quotidiana, vive naturalmente il proprio corpo». È il mondo che stiamo andando ad abitare. «Un mondo che consente una maggiore varietà, i social permettono una moltiplicazione di influencer e micro-influencer. Questo per la rappresentazione dei nostri corpi, vari e diversi, è una buona notizia. Se si moltiplicassero le controtendenze, ognuno troverebbe la sua. Mi auguro che si possa andare verso una moltiplicazione dei canoni estetici anche grazie alla moltiplicazione dei contro-influencer. Del resto la rete è fatta di tante nicchie che valgono tanti piccoli mercati». Bisogna solo concedersi la libertà di essere: ascoltarsi e trovare un posto fuori dal senso di inadeguatezza, dal perfezionismo paralizzante, dalla frustrazione dell’insuccesso.