Una pattuglia di blogger contesta l’esercito russo e detta la strategia per risolvere lo stallo in Ucraina. E il presidente ora li ascolta. Ecco chi sono

In Ucraina hanno preso a volare coltelli contro tutti gli avversari del presidente Volodymyr Zelensky, inclusi gli amici d’infanzia, oggi stretti consiglieri, come il capo dei servizi segreti Ivan Bakanov o la procuratrice generale Irina Venediktova. Amici sì, fedeli no. Con l’inizio dell’estate è diventato chiaro perché la guerra russa sarebbe dovuta durare solo tre giorni: una buona parte dell’establishment ucraino aveva spianato la via all’entrata dei carri armati moscoviti e si preparava ad assistere alla dipartita del leader e alla sua sostituzione con un novello Lukashenko. Poi, però, il presidente si è rifiutato di salire sull’elicottero offerto dagli americani e la storia ha preso un altro corso. In Ucraina come in Russia. Negli stessi giorni in cui Zelenzsky lo scorso giugno si è reso conto del tradimento dell’amico di sempre, Vladimir Putin ha aperto le sue porte segrete ad alcuni blogger militari pro-regime per capire davvero cosa stesse succedendo sul campo.

 

Lo scorso 17 giugno, durante il Forum economico di San Pietroburgo, due corrispondenti di guerra russi, scavalcando il ministero della Difesa, hanno raccontato a porte chiuse, direttamente a Putin, la «confusione» che regna nelle prime linee. Fino a quel momento, l’informazione era strettamente controllata dai militari, con il consulente al ministero della Difesa Andrey Ilnitsky che chiedeva ai giornalisti di praticare l’autocensura e di raccontare la guerra solo dal punto di vista ideologico, senza entrare in dettagli operativi.

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Nessuno doveva sapere, soprattutto non il presidente, che le cose non stavano andando come narrato dagli alti generali. A stare alle fonti di intelligence, intercettate dall’Institute for the study of war, pare che Putin non sapesse nemmeno che una buona parte dei soldati al fronte ci fosse andata ignara della destinazione. Ironia della sorte, Putin è stato informato in modo corretto proprio da quella stampa che da decenni imbavaglia, imprigiona, uccide. E non è un caso che da un mese i corrispondenti di guerra russi siano diventati la minaccia numero uno per gli alti ranghi dell’esercito: convinti che la Russia debba vincere, non perdono occasione per criticare le manovre mal riuscite e non coordinate dell’esercito. Come lo scorso maggio, quando un battaglione russo ha tentato di attraversare il fiume Siversky Donets all’altezza della città di Bilohorivka nel Donbass, solo per essere sonoramente battuto dagli ucraini e perdere centinaia di uomini e costose attrezzature.

 

L’informazione libera in Russia non esiste da anni, per volontà di Putin, determinato a eliminare ogni forma di opposizione. Lo scorso marzo, il Parlamento ha addirittura approvato una legge che criminalizza ciò che considera falsità sulla guerra russa, definita «operazione speciale»: chi infrange la legge potrebbe ritrovarsi con multe fino a 20mila euro e 15 anni di prigione. La paura regna sovrana, e anche quei funzionari che non vorrebbero avere nulla a che fare con la guerra non aprono bocca per paura delle conseguenze. Putin è circondato a tempo pieno dai suoi ex colleghi del Kgb, i cosiddetti «siloviki», e dai servizi segreti per le attività militari straniere (Gru), ed è di fatto inavvicinabile. Gli alti funzionari pubblici sono sotto osservazione 24 ore al giorno, con il risultato che molti tra loro, e tra i militari, sono spariti per avere detto o fatto la cosa sbagliata nel momento sbagliato. A dispetto del fatto che non fossero oppositori.

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Ma i blogger militari russi e i corrispondenti dal fronte godono ancora di molti spazi di libertà. Sono gli unici a cui è consentito criticare la strategia russa e la leadership militare. Tra i più celebri c’è Voenny Osvedomitel che lo scorso 9 luglio ha messo in evidenza la minaccia posta dai sistemi di artiglieria ad alta mobilità (Himars) forniti agli ucraini dall’Occidente e spiegato come complicano la logistica russa. Secondo Osvedomitel, la difesa aerea russa potrebbe diventare sempre meno efficace contro gli attacchi ucraini e ha chiesto all’esercito di migliorare il coordinamento tra intelligence e aviazione per identificare le potenti armi fornite dagli Usa.

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Un peso specifico importante tra questi giornalisti-militari è quello di Igor Girkin, un nazionalista russo, ex ufficiale dei servizi segreti, che ha giocato un ruolo chiave nell’annessione della Crimea nel 2014 e poi nell’occupazione del Donbass lo stesso anno. Qui ha organizzato i gruppi di militanti pro-Russia fino all’assedio della cittadina di Slovyansk, città chiave del Donetsk a nord di Kramatorsk, durante il quale si è talmente messo in evidenza da diventare comandante militare di tutte le forze separatiste del Donbass, un incarico poi ufficialmente riconosciuto dai vertici russi della regione occupata. Per gli europei, Girkin è ufficialmente un criminale di guerra: il pubblico ministero olandese lo ha accusato nel 2019 di avere organizzato anche l’abbattimento del jet della Malaysia Airlines colpito da un missile russo mentre sorvolava i cieli ucraini il 17 luglio del 2014, attentato nel quale sono morti tutti i 283 passeggeri e i 15 membri dell’equipaggio.

 

Nei suoi ultimi interventi su Telegram, Girkin ha ribadito che le truppe russe dovrebbero concentrarsi ora sul bombardare le linee di comunicazione terrestri attraverso cui arrivano gli Himars e le altre armi letali. Secondo lui, la pausa operativa di metà luglio ha nociuto all’armata russa perché ne ha esposto le vulnerabilità: l’esercito dovrebbe ricominciare immediatamente le ostilità, senza offrire alcuna tregua.

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Non è forse un caso che da qualche giorno siano ripresi con particolare veemenza i bombardamenti su militari e civili nella regione di Odessa. Di certo la voce di Girkin continua a rimbalzare su Telegram senza essere censurata. Il 29 marzo scorso aveva chiesto che la Russia si mobilitasse per conquistare «la cosiddetta Ucraina»; il 21 aprile aveva messo in guardia che «senza almeno una mobilitazione parziale della Federazione Russa sarebbe impossibile e molto pericolosa un’offensiva strategica» in Ucraina; il 13 maggio non si è tirato indietro nel criticare il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, accusandolo di negligenza criminale nella condotta dell’invasione.

 

Proprio negli ultimi giorni trapelano le notizie di una campagna su larga scala in 85 regioni russe per la costituzione di battaglioni di volontari composti da uomini tra i 18 e i 60 anni, senza esperienza militare con cui rimpiazzare le truppe cadute in battaglia. Il sacrificio è ricompensato da salari di circa tremila euro al mese (1,2 milioni di euro al mese per ogni battaglione da 400 uomini) e dallo status di veterani: un prezzo altissimo. Ma anche l’unica alternativa alla coscrizione obbligatoria, che a Putin potrebbe costare la sopravvivenza.