Basta con i virologi e con gli strateghi militari: c’è da discutere della riforma del voto. E i programmi si attrezzano. Mentre il Parlamento punta a un proporzionale, per consentire a un partito del 3 per cento di tenere in ostaggio la legislatura

Il maggioritario è stato solo una moda temporanea, come il charleston, o è destinato a rompere le balle per parecchie generazioni, come il rap? È la domanda che si fanno i politologi italiani in questi giorni di febbrili consultazioni per il ritorno al sistema proporzionale. Anche tra i matematici c’è grande interesse attorno a una questione di grande rilievo scientifico: se con il maggioritario, concepito per semplificare il quadro politico, i partiti italiani sono diventati una quarantina, il proporzionale li farà aumentare in progressione aritmetica o in progressione geometrica?

 

La certezza L’unica certezza, in questa fase interlocutoria, è il clima di euforia tra i politologhi. Dopo anni di quasi oblio, surclassati prima dai virologhi, poi dagli strateghi bellici, finalmente la categoria potrà rivivere l’emozione delle telecamere. Ormai in larga parte molto anziani, i politologhi italiani in queste settimane presagiscono una inattesa seconda giovinezza, fanno fitness, dieta, training autogeno in attesa della convocazione nelle decine di talk-show. «La guerra ormai ha stufato - spiega Mariuska Palombati, analista alla Louise University - ed è già un miracolo che abbia retto per due mesi: la carneficina è un format ottimo per impatti brevi, ma se la si serializza diventa routine, e il pubblico si disamora. Dunque bisogna puntare su disgrazie più fresche e sorprendenti, il pubblico è pronto per una zuffa di un paio di mesi sul sistema elettorale».

 

Remake Ma non tutti sono d’accordo. Per alcuni si tratta di un remake: «La discussione sulla riforma elettorale - spiega Manlio Pavorchio, storico della televisione - è uno dei grandi classici della scena pubblica nazionale. I primi duelli verbali su proporzionale e maggioritario furono usati da Guglielmo Marconi per i suoi esperimenti sulla trasmissione di onde radio. E pare che esistano degli schizzi a matita di Leonardo, smarriti nel corso di un trasloco, che mettono a confronto la sezione aurea di un Parlamento maggioritario e di uno proporzionale. Non sarà facile, dunque, ringiovanire un genere così antico». Per ovviare al problema, si sta pensando di valorizzare politologhi giovani. Per un politologo tatuato, alcune reti televisive sono disposte a pagare quasi qualunque cifra. Ma i primi bandi per politologhi sotto i settant’anni stanno andando deserti: la politica, secondo l’istituto di sondaggi Tentoni, negli interessi giovanili è al sessantaduesimo posto, subito dopo la poesia cavalleresca e subito prima del rammendo. Si spera in un post di Fedez, che confuta a torso nudo le posizioni di Zagrebelsky, per ravvivare l’argomento.

 

I partiti Si stanno preparando al ritorno in grande stile del partitismo perfetto: già si parla di un Mastellum, o di un nuovo Porcellum proporzionalista (il Proporcellum) che permetterebbero a un partito con il tre per cento dei voti di tenere per le palle l’intero Parlamento per almeno una legislatura. Allo studio anche un suggestivo Affollatum, che sul modello della maratona di New York vedrebbe ai nastri di partenza fino a quarantamila partiti. Ben prima della soglia di sbarramento, sarebbe la probabilità di essere calpestati dalla folla dei concorrenti a fungere da selezione naturale.

 

Fondamentalismo Lettura estrema del proporzionalismo: l’unico sistema elettorale davvero democratico prevede che ogni elettore si costituisca in un singolo partito. Il partito-persona, o iParty, secondo molti studiosi sarebbe il più adatto alla mentalità nazionale. Attraverso elezioni politiche settimanali, sul modello delle eliminatorie della Europa League, si ridurrebbero i ranghi dei partiti eliminandone milioni, fino a selezionarle un centinaio, numero ideale per il voto finale.

 

L’opposto Esiste anche un fondamentalismo maggioritario. Due sole grandi coalizioni verrebbero ammesse alle elezioni, con dentro qualunque cosa, anche i Thugs e i Casamonica. È il modello Guelfi-Ghibellini: garantirebbe un odio smisurato, in grado di sopravvivere per secoli.