La propaganda ostentata dai mass-media russi è un coro lugubre e insensato, che serve a trasformare la guerra in pericolo esistenziale per Mosca. Scenario in cui anche l’utilizzo degli ordigni nucleari diventerebbe accettabile

Nel momento agitato che non soltanto l’Europa sta vivendo potrebbe essere una divagazione inquietante, ma il pensiero che la Russia di Vladimir Putin agiti sul serio la minaccia atomica, che non stia divagando, può suscitare reazioni più angoscianti.

 

Sorpresi da un’ondata di pessimismo possiamo immaginare una situazione senza scampo: Putin sconfitto nella campagna d’Ucraina può reagire con un gesto estremo; Putin vincente spalanca un avvenire in cui sarà difficile trattenerlo nell’ambito della ragione. Lasciandoci alle spalle il Novecento con i suoi conflitti e le sue rivoluzioni, eravamo entrati nel 2000 se non proprio fiduciosi, meno preoccupati di dover affrontare tempi difficili. A evocare, sia pure solo per intimorire gli avversari, l’ipotesi di un confronto nucleare è la Russia di Vladimir Putin. Adesso, al contrario delle previsioni, essa conosce serie difficoltà, anche perché, pur senza intervento esterno di uomini sul terreno, il Paese aggredito è sostenuto dagli aiuti occidentali. La minaccia nucleare brandita con insistenza dai mass-media russi è un coro lugubre e insensato, perché un intervento nucleare provoca inevitabilmente una risposta. Chi lancia il missile a testata atomica viene a sua volta colpito. Questa è la deprimente logica che ci insegue. Il 9 maggio alla sfilata di Mosca, per ricordare la vittoria russa del ‘45, è stata l’occasione per dimostrare che - come sostiene il patriarca di Mosca - la santa Russia sa ancora stupire. Putin ha continuato a definire, nel discorso ufficiale, l’invasione dell’Ucraina un’“operazione difensiva”.

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Nella stampa e alla televisione si ricorda spesso che le armi nazionali, quelle nucleari, hanno la capacità di distruggere qualsiasi avversario. È un avvertimento serio? Oppure un argomento che serve a rafforzare l’immagine della potenza atomica, a rimontare il morale del Paese impegnato in un’invasione rivelatasi più difficile del previsto? E che potrebbe risolversi in una sconfitta? Il promotore dell’“operazione” ucraina, Vladimir Putin, potrebbe pagare molto cara, e personalmente, la mancata impresa. Sarebbe un serio colpo per la Federazione russa impegnata a riconquistare la potenza perduta.

 

Lunedì 2 maggio (scrive da Mosca su Le Monde Benoit Vitkine) il presentatore del primo canale Dimitri Kisselev ha commentato una trasmissione spettacolo in cui si prometteva al Regno Unito di essere cancellato dalle carte geografiche da uno tsunami provocato dall’esplosione di un drone-missile nucleare Poseidon. I sopravvissuti saranno esposti «a dosi estreme di radiazioni». Su un altro canale si calcolavano i tempi necessari agli ultimi modelli di missili nucleari per colpire le capitali che danno più armi agli ucraini: 106 secondi per raggiungere Berlino, 200 secondi per Parigi, 202 secondi per Londra. Un esperto russo entusiasta ha precisato che le persone sotto tiro «non avranno neppure il tempo di voltarsi».

 

Il 20 aprile è stato provato un missile balistico Sarmat che diventerà operativo in autunno ma che deve far riflettere da adesso, subito, coloro che «cercano di minacciare il nostro Paese con una retorica scatenata e aggressiva» ha commentato lo stesso presidente Vladimir Putin. Queste dichiarazioni hanno sempre gli stessi obiettivi: tenere alto il morale interno e lanciare segnali intimidatori all’Occidente. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, interrogato sulla possibilità di «una terza guerra mondiale», questa volta con componente nucleare, ha risposto che «l’idea era inaccettabile», evocando al tempo stesso «un pericolo reale».

 

La dottrina militare russa attuale considera l’arma nucleare esclusivamente come un mezzo di dissuasione. Il suo impiego può essere giustificato come misura estrema e forzata, ossia inevitabile. Ma la propaganda fa apparire, adesso, la guerra ucraina sempre di più come una minaccia esistenziale. E questo renderebbe di fatto possibile quello che si dichiara al tempo stesso escluso per principio. Sempre il corrispondente di Le Monde cita due frasi di Vladimir Putin diventate famose. La prima dice: «Cosa sarebbe un mondo senza Russia?». E la seconda: «Noi, come martiri, andremo in paradiso; loro creperanno».