La propaganda bellicista è entrata da tempo nelle scuole russe. Ma ora potrebbero arrivare nei programmi corsi di preparazione militare di base per l’infanzia e per gli adolescenti

La propaganda di guerra del regime di Putin ha cominciato a fare irruzione nelle scuole della Russia nello stesso istante in cui i carri armati del Cremlino hanno cominciato a irrompere prepotenti in Ucraina. Ma adesso, assieme al militarismo più spinto, negli istituti scolastici russi potrebbero presto fare capolino persino elementi di preparazione alla guerra da propinare a bambini e ragazzi.

A dare la notizia è stato il ministro della Pubblica Istruzione Sergey Kravtsov, annunciando che dal prossimo settembre nelle scuole russe si svolgeranno dei corsi di «preparazione militare di base». Si tratta ancora di un progetto e la confusione non manca. Il ministro prima ha assicurato che le lezioni saranno obbligatorie per tutti, a partire dalla quinta classe. Poi ha fatto marcia indietro dicendo che saranno «extracurriculari» e che il loro inserimento nel piano di studi dipenderà da insegnanti e genitori. Non è neppure chiaro in cosa consisteranno queste lezioni, perché il programma non è stato delineato. Stando a Ria Novosti, però, «gli studenti impareranno l’esecuzione dei comandi, studieranno i dispositivi di protezione individuale e di primo soccorso, le armi e come maneggiarle, le basi del tiro, l’uso e la composizione delle bombe a mano».

Ma non è finita. Sempre secondo l’agenzia di stampa statale, «gli studenti degli ultimi anni impareranno inoltre come operare in un moderno combattimento, studieranno la composizione e l’armamento di una squadra di fucilieri motorizzati su un veicolo da combattimento di fanteria, l’equipaggiamento ingegneristico della postazione di un soldato e impareranno cos’è una trincea singola». La Tass — altra agenzia statale — sostiene che «gli alunni del 10° e dell’11° anno» impareranno anche «a maneggiare un kalashnikov» e «fornire primo soccorso in combattimento»; poi, «studieranno i principi di funzionamento delle granate F1 e Rgd-5».

Preparazione militare, quindi preparazione alla guerra. E sicuramente non è un caso che queste lezioni vengano pensate proprio ora, nel pieno dell’invasione dell’Ucraina ordinata da Putin. Lo ha confermato indirettamente la stessa presidente della commissione Istruzione della Duma, Olga Kazakova: «Per una qualche ragione, molti genitori rifiutavano la parola “militare”. Tuttavia, sullo sfondo dell’operazione militare speciale, tutti hanno sentito l’importanza di questo corso a scuola», ha detto la deputata al quotidiano Vedomosti. «Operazione militare speciale» è il modo in cui le autorità russe pretendono che si chiami il conflitto in Ucraina: il Cremlino vieta, infatti, di chiamare la guerra col suo vero nome. «Crediamo che nelle attuali condizioni molto difficili, ogni giovane dovrebbe essere in grado di maneggiare le armi e sottoporsi a una preparazione militare di base», ha dichiarato, secondo Novaya Gazeta Europa, il leader del partito Russia Giusta, Sergey Mironov.

A marzo, quando la crudele guerra scatenata dal Cremlino era iniziata da poche settimane, la famigerata “Z” simbolo dell’offensiva delle truppe russe in Ucraina era spuntata già sulle finestre di diverse scuole. Alcuni istituti sembravano fare a gara nel dimostrare il loro appoggio all’invasione dell’Ucraina. In più di una scuola, bambini e ragazzi sono stati fatti schierare nei cortili o nelle aule e sono stati messi in fila in modo da formare una “Z”. Già la scorsa primavera c’era notizia di lezioni in cui si ripetevano agli studenti le menzogne sulla guerra diffuse dal Cremlino: ovvero che l’invasione sarebbe in realtà un atto di difesa della Russia con l’obiettivo di «denazificare» l’Ucraina. Da quest’anno, inoltre, nelle scuole sono stati introdotti alzabandiera e inno nazionale (da eseguire ogni settimana) e, soprattutto, le cosiddette «conversazioni su cose importanti», considerate vere e proprie lezioni di propaganda. Non tutti sono stati zitti, ci sono state anche lamentele, sia di genitori sia di insegnanti, ma a Mosca sembrano intenzionati a continuare su questa strada. E i corsi di «preparazione militare di base» proposti sono purtroppo la conferma del crescente livello di militarismo che il Cremlino vorrebbe imporre alla società russa e persino ai più giovani.

Le nuove lezioni dovrebbero impegnare gli studenti per 35 ore nel corso di cinque giornate e il loro contenuto, per quanto sia noto solo per sommi capi, ricorda a molti quello della preparazione militare di epoca sovietica, quando a scuola s’imparava a reagire ad attacchi nucleari o chimici, prestare primo soccorso e maneggiare armi da fuoco. Secondo il quotidiano filogovernativo Izvestia, il capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov avrebbe accolto con favore l’iniziativa così come l’idea di includere eventualmente i veterani di guerra tra gli insegnanti di queste lezioni militari. Inoltre, sempre secondo il giornale, vorrebbe che i corsi durassero addirittura 140 ore in due anni per gli studenti della decima e dell’undicesima classe.

La Russia di Putin non è arrivata a questo punto da un giorno all’altro. Sono anni ormai che le scuole e la tv divulgano una visione edulcorata e idealizzata della storia nazionale. Ed è già dal 2016 che in Russia esiste un gruppo paramilitare per bambini o poco più: la YunArmiya, che ha l’obiettivo di diffondere il culto della patria anche tra i più piccoli. I ragazzini in uniforme — basco rosso e divisa beige — hanno tra gli otto e i 17 anni. Gli adolescenti sfilano regolarmente nelle parate dell’esercito russo, inclusa quella colossale sulla Piazza Rossa che si svolge ogni anno il 9 maggio per celebrare la vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale, ma che serve al Cremlino anche per gonfiare i muscoli davanti al mondo mettendo in bella mostra carri armati e missili balistici. A differenza di quanto succedeva in epoca sovietica col corpo dei Pionieri, non è obbligatorio per i ragazzini far parte della YunArmiya, ma le loro scelte sono inevitabilmente influenzate da insegnanti e genitori. Stando ai dati ufficiali, ora, i bambini e gli adolescenti col berretto rosso sarebbero più di un milione. Alcuni attivisti si sono schierati contro questa militarizzazione denunciando che viola i diritti dei minori. Purtroppo, sono rimasti inascoltati.