La tornata elettorale è considerata un referendum sull’inquilino della Casa Bianca, che potrebbe perdere la maggioranza al Senato. E, in caso di vittoria repubblicana, tutti aspettano la mossa di Donald Trump

Martedì, negli Stati Uniti si vota per le elezioni di metà mandato. E il problema, con i voti americani, è sempre lo stesso: non funzionano nel modo in cui siamo abituati a veder funzionare le elezioni, chi prende più voti vince. I voti, nelle elezioni americane, non basta prenderli. Bisogna vedere dove li si prende. Non solo: per come funziona il sistema, le Camere non vanno a rinnovo tutte insieme, ma frammentate, divise, scaglionate.

 

Proviamo a fare un po’ di chiarezza sul voto di martedì, su cosa c’è in gioco e su cosa guardare per capire davvero come stanno andando le cose.

 

Cosa sono le elezioni di Mid Term
Sono elezioni che si tengono, più o meno, due anni dopo l’elezione del presidente. Vengono considerate quasi un referendum sulla Presidenza in corso. In realtà non è una percezione del tutto corretta, sia perché i padri costituenti le hanno concepite pensando più a un freno di emergenza che a un referendum, sia perché, comunque, negli ultimi decenni il loro valore di “referendum” si è molto annacquato.

 

È grossomodo dai tempi di Jimmy Carter (con l’eccezione di George W.Bush) che non si verifica la circostanza di un presidente in carica il cui partito vince le elezioni di metà mandato. E poiché non succede mai, nessuno alla cosa dà peso. Anche perché poi, la storia e la statistica insegnano che (con le eccezioni di George H. Bush e di Donald Trump) i presidenti che pure perdono le elezioni di metà mandato, poi, quando si ricandidano, vincono senza troppi patemi.


La ragione del verificarsi di questa regola non scritta della politica americana (“il presidente in carica perde le elezioni di metà mandato”) sta per lo più nella disaffezione degli americani al voto e nella scarsa affluenza (quasi mai raggiunge il 50%): per evidenti ragioni, chi ha perso le presidenziali, è più motivato a votare perché in cerca di rivincita. Per la stessa e opposta ragione, invece, i sostenitori del partito del presidente tendono a disertare le urne. È dunque un azzardo considerare questo voto necessariamente indicativo di come andranno le prossime presidenziali. Le elezioni di medio termine possono dare più un’indicazione sulla forza dell’opposizione che su quella del presidente in carica.

 

Per cosa si vota
Si vota per il rinnovo completo della Camera (che resta in carica solo due anni) e per quello di un terzo del Senato (i senatori restano in carica sei anni, ma vanno al voto in modo sfalsato, in modo che ogni due anni il Senato si rinnovi di un terzo). Oltre a questi voti, che riguardano il governo federale (cioè quello centrale), ci sono decine di altri voti locali e localissimi, per funzionari di varia importanza e ruolo. I più importanti tra questi funzionari locali sono, per evidenti ragioni, i governatori.

 

Cosa dicono sondaggi e previsioni
I sondaggi e, ancor di più i modelli previsionali, assegnano la vittoria alla Camera ai repubblicani, mentre sembra che il Senato sia in pareggio (ma con tendenza verso una vittoria repubblicana). Lo stesso vale per le corse dei governatori, destinate, secondo i sondaggi, ad essere vinte dai repubblicani.

 

Attenzione però: molte delle battaglie decisive (nei cosiddetti swing states) sono in condizione di sostanziale parità. Per questo, il sito di sondaggi e politica FiveThirtyEight, pochi giorni fa, ha titolato “I repubblicani sono a un soffio dal trionfo. O dalla disfatta”.

 

Occorre dire anche un’altra cosa: negli ultimi anni, i sondaggi hanno teso a sovradimensionare il consenso dei democratici e, nonostante nel tempo i metodi di indagine si siano affinati e migliorati, in molti pensano che anche le rilevazioni di queste settimane (che danno i dem in parità con i repubblicani) possano scontare lo stesso problema ed essere, di nuovo, sovradimensionati.

 

Cosa succederà alla Presidenza Biden se queste elezioni vanno male
Come detto, il fatto che il presidente perda le elezioni di metà mandato è abbastanza nell’ordine delle cose e nessuno sembra esserne davvero impensierito. Almeno in ottica 2024.

 

Ma il problema è che da qui al 2024 mancano due anni. Due anni nei quali molte cose dovranno essere decise. I poteri del Presidente degli Stati Uniti sono piuttosto limitati. Le sue leggi devono passare dalle camere che hanno il potere (soprattutto il Senato) di cambiarle o di bocciarle.

 

Per questo, benché la statistica dica che non c’è da impensirirsi più di tanto per il risultato delle elezioni parlamentari, il Presidente Biden sa di non poter dormire sonni tranquilli: perché sa che con un parlamento a maggioranza repubblicana (anzi: trumpiana) non ci sarà nessun margine di trattativa e di accordo, ma solo un costante sabotaggio delle leggi che potrebbero permettere la realizzazione delle sue promesse elettorale.

 

Non solo, esiste un’ipotesi (remota ma concreta) che un parlamento controllato da una maggioranza fedele e Donald Trump possa chiedere l’impeachment per Joe Biden, con l’accusa-balla di aver rubato le elezioni (servirebbero le prove, ma una politica così polarizzata non interessano a nessuno). È un’ipotesi che appare davvero remota e che somiglia più a un azzardo elettorale (inoltre i numeri non ci sarebbero in nessun caso), ma già solo il fatto che se ne parli, dà l’idea dell’aria che tira e di quanto il partito repubblicano, da quando è sotto l’egida di Trump, abbia perso il benché minimo contatto con la realtà e la razionalità delle cose.

 

Quali sono gli stati da guardare
Chi segue abitualmente le elezioni americane sa che, nella stragrande maggioranza dei casi, le elezioni hanno una storia già scritta. Esistono territori così profondamente e radicatamente repubblicani e democratici che i veri giochi si fanno in estate, con le primarie. Le elezioni vere e proprie, poi, non servono ad altro che a ratificare quanto deciso dalle elezioni interne del partito che, in quella zona, è più forte.

 

Ci sono però alcune eccezioni, ossia stati che non hanno una fede politica solida, chiara e che, al contrario, tendono a cambiare casacca da un voto all’altro. Sono i cosiddetti Swing States, quelli nei quali, in buona sostanza, si decide la partita. Negli anni, l’elenco degli Swing States è cambiato più volte. Fino a qualche anno fa, erano considerati in bilico, la Florida e l’Ohio.

 

Oggi, invece, la partita sembra giocarsi tutta in Georgia, Pennsylvania, e Arizona e Wisconsin. Se i democratici vincono almeno tre di queste corse, allora il Senato rimane com’è e la presidenza Biden può continuare a marciare. Se le vincono tutte e quattro, Joe Biden stappa lo champagne. Se ne perdono due o più, lo champagne lo stappa Donald Trump, probabilmente cinque minuti prima di annunciare la sua corsa per il 2024.