Il Mostro di Firenze colpiva nel buio. L’autore scava nell’oscurità. E il risultato è un grande romanzo che guarda in faccia il male

“Il mostro” di Alessandro Ceccherini è un audace romanzo naturalista che non si limita a fornire un’interpretazione dei famigerati otto duplici omicidi avvenuti nella provincia di Firenze tra il 1968 e il 1985, ma ci trascina insieme ai carnefici, unici veri protagonisti, nei luoghi più bui dell’essere umano. Luoghi malati, angoscianti e spaventosi, dove si muove, libera, la patologia più crudele del mondo: l’anaffettività. Cinquecento pagine debordanti, perfette, che hanno la forza di condurre nel male. Un male che osserviamo con la lente d’ingrandimento, fino a finire con i piedi nel sangue.

Alessandro Ceccherini conosce bene ogni tesi del caso giudiziario e non ne sceglie nessuna. Le usa tutte, le intreccia, le manipola con sapienza, aggiunge ai personaggi reali compagnie fittizie, con un’abilità non comune, e costruisce una cattedrale incrollabile. E non importa quale sia la verità, almeno non importa a noi che leggiamo, a noi interessa solo stare insieme alle anime traviate, nella loro fogna, e con le loro mani uccidere, e con i loro occhi guardare la morte.

Le dinamiche degli omicidi, segnalati con una croce accanto al titolo del capitolo, sono raccontate con precisione chirurgica. Forse perché sono l’unica inconfutabile verità. Quei ragazzi sono stati uccisi proprio com’è scritto. Non ci sono dubbi, o lacune.

Quei ragazzi sono stati umiliati, torturati, uccisi, fatti a pezzi esattamente in quel modo. E Ceccherini non ci risparmia nulla. Meticoloso, ossessivo, feroce, usa i dettagli come le note di un requiem. E con quelle note, crea una melodia in minore, straziante. Un compositore che fa della sua opera una critica spietata a un’Italia corrotta e immorale. E il tutto è narrato in maniera esemplare.

I personaggi, quelli veri e quelli inventati, sono accuratamente tratteggiati in ogni loro manifestazione verbale (ottimi i dialoghi, di cui molti in dialetto toscano), fisica, emotiva, senza lasciare spazio alla fantasia.

Ecco, la fantasia. Questo romanzo non ci chiede fantasia. È tutto spiegato, tutto rivelato in ogni più piccolo dettaglio. Come nei film, in fondo. Quando si guarda un film, lo spettatore si affida a ciò che vede. Leggere questo romanzo vuol dire affidarsi. Accettare. Guardare. E si osservano uomini poverissimi, ignoranti, arcaici. Uomini ricchi, colti, disturbati. Uomini viziosi, affamati di potere, criminali.

Il bene non esiste, ma il vero male è nel ceto sociale più alto. Quello dove il benessere non basta mai. Dove la sapienza dei borghesi approfitta, con la minaccia e la superbia, dell’ignoranza dei disagiati. Dove il proletario è sfruttato, mercificato. Dove i più deboli sono burattini da governare.

“Il mostro” (pubblicato da Nottetempo) è anche un grande romanzo politico e Alessandro Ceccherini è, lo dico senza temere di esagerare, uno scrittore di talento straordinario che deve continuare a scrivere, e lo deve fare per noi, che abbiamo bisogno di grandi romanzi da leggere.