Le hanno offerto mari e monti. O almeno hanno fatto finta. Adesso la vicepresidente e assessora della Regione rompe gli indugi e punta alle elezioni di marzo, forse con il sostegno di Renzi. E i primi sondaggi le danno ragione

Non una sorpresa, questo no. Le dimissioni di Letizia Brichetto Moratti dalla doppia carica di vicepresidente e assessora al Welfare della regione Lombardia arrivano dopo mesi di veleni e contrasti con il numero uno in carica, il leghista Attilio Fontana.

 

Quello che non era in conto è l’attacco frontale non tanto a Fontana, che Moratti non ha mai considerato una figura alla sua altezza, quanto alla politica sanitaria del governo Meloni, dopo la decisione di riammettere in servizio i medici no Vax.

 

«Registro con preoccupazione», ha dichiarato l’ex ministra dell’istruzione del Berlusconi II, «la scelta di anticipare il reintegro dei medici e degli altri professionisti della sanità non vaccinati, il condono sulle multe ai no vax e la diversa sensibilità sull'importanza dei vaccini. Si tratta di tre esempi, emblematici di una diversa impostazione politica in questo ambito».

 

Parole durissime, oltre il punto di non ritorno. D’ora in avanti per la vedova del petroliere della Saras Gianmarco Moratti inizia una lunga campagna elettorale che porterà allo scontro delle elezioni regionali del marzo 2023 dove l’ex assessora correrà contro la destra schierata accanto a Fontana e contro una sinistra in cerca d’autore, con la prospettiva concreta di arrivare al ballottaggio. Per adesso è stato divulgato soltanto un mini sondaggio di Winpoll su 1700 elettori lombardi che dà Moratti vincente su Fontana di larghissima misura, dodici punti percentuali.

 

Sono cifre da prendere con le molle ma per il centrodestra è un campanello d’allarme dalla più popolosa, e la più ricca, delle regioni italiane proprio mentre si torna a parlare, soprattutto sul fronte leghista, di autonomie fiscali.

 

Per evitare la spaccatura del giorno dei Morti si sono tentate molte strade, dall’ipotesi di affidare il ministero dei beni culturali all’appassionata collezionista d’arte fino all’ultima chance, il ruolo di ad della Fondazione Milano-Cortina 2026 quando Andrea Abodi si è sfilato per essere nominato ministro dello sport.

 

L’ingresso nel governo è stato però bloccato nonostante il buon rapporto tra Moratti e Giorgia Meloni, che ha preferito piazzare al Mibact il fedelissimo Gennaro Sangiuliano. Per la guida delle Olimpiadi invernali italiane Moratti si è vista sbarrare la strada da quello che un tempo fu, per così dire, un suo subordinato. Il sindaco Beppe Sala, ex city manager di Moratti sindaca e magna pars nella compagine olimpica attraverso il comune di Milano, ha respinto la nomina con la motivazione che Milano-Cortina non può essere la camera di compensazione delle liti nel centrodestra.

 

In realtà, non è chiaro fino a che punto Moratti fosse davvero interessata alla fondazione dei giochi invernali. Ufficialmente il suo obiettivo dichiarato è sempre stato lo stesso: palazzo Lombardia 2023.

 

Adesso si tratta di costruire le alleanze intorno alla sua lista civica che, ancora prima di nascere, raccoglierebbe quasi il 12 per cento dei consensi, secondo il sondaggio Winpoll. Sul fronte Terzo Polo, ammesso che duri fino al prossimo marzo, Moratti ha feeling con Matteo Renzi, molto meno con Carlo Calenda. Quanto resta del serbatoio di Forza Italia e le lobby della sanità privata che in Lombardia ha le sue piazzeforti, dal Gruppo San Donato all’Humanitas, sono pronte a mettersi al fianco di donna Letizia. E questo non sarebbe un buon segnale per un esecutivo che ha in Silvio Berlusconi l’anello debole della catena. Il magnate di Arcore potrebbe giocare all’alleato fedele a Roma e infedele a Milano.

 

Con i dati delle politiche alla mano, però, la Lega è in declino ancora superiore a Forza Italia almeno in Lombardia e Fdi potrebbe giocarsi un patto di ferro con i berlusconisti per portare a casa un presidente di giunta amico.

 

Gli scenari sono tanti. Di sicuro da qui a marzo la battaglia sarà durissima.