Opinione
I neonazisti non vanno normalizzati
L’ultradestra non è un fantasma esoterico o fuori dalla storia. Ma una rete che ancora oggi può far presa, raccogliere seguaci e adepti e soprattutto fungere da avanguardia ideologica
Quando si sente il termine «neonazisti» si pensa a un che di esoterico, astruso e incomprensibile, che si situa fuori dalla storia, in un passato buio, ed eccede la ragione sconfinando nella follia o nella balordaggine. Il passo ulteriore è quello di credere che un fenomeno del genere sia imputabile alla malafede, o peggio, all’ignoranza.
Basterebbe studiare meglio quel che è avvenuto per trovare il giusto antidoto. Questa spiegazione, che riconduce tutto a un problema conoscitivo, ha fra l’altro il grande difetto di non essere un’analisi politica. È rassicurante credere alla ricomparsa di vecchi spettri, che prima o poi saranno sconfitti dalla luce del progresso.
Ma le cose stanno ben diversamente. Quegli spettri sono invece le ombre nere di un’ultradestra sempre più aggressiva, e, quando occorre, violenta, che appartiene al nostro presente e si staglia prepotentemente nel futuro. Rientra nella storia, ha proprie ragioni e, dopo i primi tempi della pandemia, in cui sembrava tacitata, viene sempre più ammessa nello spazio pubblico e perciò sempre più normalizzata. Basti citare il caso emblematico di Forza Nuova che non verrà sciolta.
Rispetto a questa ultradestra, in alcuni Paesi europei, tra cui il nostro, persino elettoralmente forte, i gruppi neonazisti, che si muovono disinvoltamente dentro la rete, per compiere poi proficue incursioni nello scenario politico reale, svolgono un ruolo decisivo. Non sono semplicemente «frange estreme». Piuttosto sono forze in grado di condensare la vasta nebulosa del malessere diffuso, del ripiegamento etno-egoico, del risentimento sovrano.
È qui che c’è spazio per falsi profeti e portavoce dell’inganno, i veri protagonisti del sovranismo attuale, capaci di fomentare l’odio, coltivare la recriminazione, insinuare l’idea del raggiro. Quelli che si sentono perdenti sono in effetti vittime: della democrazia che è solo una truffa, della pandemia che è una fandonia, degli immigrati che vengono manovrati nel progetto di grande sostituzione della «razza bianca», degli ebrei, che dopo aver portato distruzione per secoli ora fanno leva sulla menzogna dell’Olocausto, dei Rothschild e Soros di turno, dei parassiti e invasori di ogni specie, dei pervertiti e pedofili, di tutte quelle forze estranee e quei poteri occulti che vogliono pregiudicare la sicurezza, contaminare l’identità dei «noi». La frotta nemica è il Partito degli Stranieri.
Ecco allora che la rete metallica del neonazismo può far presa, raccogliere seguaci e adepti, ma soprattutto fungere da avanguardia ideologica. Croci uncinate, simboli runici, come il Sole Nero, sono una paccottiglia per nulla innocua, perché costituiscono lo scheletro di simboli e rituali mortiferi che possono trovare un cinico impiego politico. Com’è già avvenuto. Certo è cibo rimasticato. E questo rimasticare può darsi solo in una visione nostalgica e passatista, profondamente reazionaria perché reagisce non solo all’ignoto del presente, ma anche alla penuria di mezzi interpretativi che aiutino a leggere il mondo. Ma proprio questo dovrebbe essere fonte di preoccupazione anche a sinistra.
Non si può dimenticare, come spesso avviene, che «nazismo» è la forma contratta di nazionalsocialismo, e cioè di un socialismo immaginato nei confini nazionali, concepito nei limiti nazionalistici, raffigurato nelle frontiere del corpo mistico del popolo. E diciamolo con chiarezza: una biopolitica del sangue e del suolo non è per nulla finita. Prosegue, anzi, in questa Europa postnazista dove, oltre ai muri eretti dall’oggi al domani, come in Polonia, è possibile che formazioni paramilitari vadano a caccia dei migranti su tutto il fronte dell’est. E questa biopolitica prosegue anche con complicità nel nostro Paese dove, come emerge dall’inchiesta dell’Espresso, sono attivi gruppi di neonazisti, suprematisti, antisemiti, negazionisti, peraltro diffusi su tutto il territorio.
Un’associazione come quella denominata “Ordine di Hagal”, che si dichiara solo culturale e spirituale, ma i cui obiettivi sono politici e i cui mezzi sono addirittura violenti e semibellici, non dovrebbe poter esistere né nel web né, tanto meno, nella realtà. Non sorprendono poi i collegamenti con i canali russi, come la piattaforma Vkontakte, e i nessi stretti con la galassia del suprematismo ucraino.
È tempo di intervenire. Anzitutto indicando come organizzazioni terroristiche quei gruppi che, oltre a ostentare il neonazismo, perseguono una strategia violenta e manifestano intenzioni omicide. Ma è importante anche non normalizzare questa ultradestra. Il che vuol dire non lasciare che, in un facile accesso allo spazio pubblico, possa fomentare la protesta dei risentiti, portando in auge la rude furbizia delle masse, le care vecchie abitudini del volgo, e coltivare la recriminazione dei «raggirati», com’è avvenuto e avviene con i no vax e i no green pass. Tutto quel che è successo nell’ultimo anno dovrebbe essere spia di una contiguità e una continuità che non possono essere trascurate e sottovalutate.