Per la prima volta da quando è stata istituita, nell’Authority dell’Energia entrano funzionari di partito ed ex parlamentari. E quasi tutti i nuovi membri vengono da aziende che ora dovrebbero controllare

Come tutelare al meglio i diritti dei cittadini-clienti delle società di servizi pubblici? Come garantire qualità e trasparenza alle famiglie e alle aziende che pagano la bolletta per ricevere energia e acqua? Forse per tener fede alla promessa di cambiamento, il governo Cinque stelle-Lega ha appena scelto un modo senz’altro innovativo per dare una risposta a questi interrogativi.

A fine agosto si è insediato il nuovo collegio dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, in sigla Arera. Ebbene, quattro dei cinque commissari designati dal consiglio dei ministri sono stati per anni a libro paga di società soggette al controllo della stessa Authority. Tra loro c’è l’ex parlamentare del centrodestra Stefano Saglia, che poco prima di insediarsi nel nuovo incarico ha dato le dimissioni dal consiglio di amministrazione di Terna, gestore pubblico della rete elettrica. Stefano Besseghini, sponsorizzato dalla Lega e Andrea Guerrini, in quota Cinque stelle, risultano invece entrambi amministratori di aziende di servizi partecipate da enti locali. Besseghini, nominato presidente di Arera, siede nel consiglio della Ala di Magenta, provincia di Milano, mentre Guerrini è presidente dell’Asa di Livorno, città amministrata dalla giunta grillina del sindaco Filippo Nogarin. Anche il leghista Gianni Castelli è approdato all’Authority dopo aver trascorso 15 anni sul ponte di comando del gruppo A2A, la multiutility lombarda dell’elettricità e del gas. La quinta poltrona dell’Arera è invece andata a una dirigente della stessa Authority, Clara Poletti, gradita al Pd.

Dopo settimane di faticosi negoziati, l’intesa tra Lega e Cinque stelle è arrivata a fine luglio, quando il consiglio dei ministri e poi il Parlamento hanno dato via libera ai nomi proposti dal ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, d’intesa con il titolare dell’Ambiente, Sergio Costa. Tra gli esperti del settore nessuno mette in dubbio la competenza professionale dei singoli componenti del collegio che si è insediato pochi giorni fa, il 30 agosto. I dubbi riguardano piuttosto l’opportunità di delegare la regolazione del mercato a ex amministratori di società vigilate. Anche se i membri del collegio lasceranno tutti gli incarichi aziendali, sulle loro decisioni non potrà non gravare l’ombra di un conflitto tra la loro precedente posizione e quella attuale. La legge affida all’Arera il compito di «tutelare gli interessi dei consumatori e promuovere la concorrenza». In altre parole vanno garantite ai cittadini qualità dei servizi e tariffe eque. Obiettivi che, a quanto pare, il governo conta di poter raggiungere consegnando l’authority a quattro professionisti che fino a poco tempo fa erano schierati, per così dire, sul fronte opposto della barricata, dalla parte delle aziende.

A ben guardare, però, non è solo una questione di opportunità. Tre delle recenti nomine appaiono in contrasto con una norma del 2013. Il decreto legislativo numero 39 dell’8 aprile enumera i casi di “inconferibilità” di incarichi di vertice nelle amministrazioni pubbliche, comprese le autorità indipendenti. Nell’elenco degli esclusi compaiono anche «coloro che nei due anni precedenti abbiano (...) ricoperto cariche in enti di diritto privato» regolati dall’ente che conferisce l’incarico. A prima vista questo è proprio il caso di Besseghini, Guerrini e Saglia. Tutti e tre, quando sono stati designati dal governo come nuovi componenti del collegio di Arera, erano amministratori di aziende di servizi pubblici che devono rendere conto all’Authority. Castelli si salva per pochi mesi: le sue dimissioni dal consiglio di Serenissima gas (gruppo A2A) risalgono a maggio 2016.

Anche quest’anno, come sempre in passato, le nomine sono state il frutto di una spartizione tra i partiti. È la prima volta però che l’Arera sperimenta un assetto che alcuni esperti del settore definiscono, ironicamente, a trazione privata.

Il collegio uscente, in carica dal 2011, era presieduto da Guido Bortoni, già direttore centrale della stessa Arera. Gli altri componenti erano a suo tempo stati scelti tra magistrati amministrativi e contabili come Rocco Colicchio e Luigi Carbone. Oppure vantavano curriculum da economisti, con esperienze, diversi anni prima, in aziende di servizi pubblici. È il caso di Valeria Termini, consigliere della romana Acea fino al 1997, e Alberto Biancardi, all’Enel come assistente del presidente Piero Gnudi nei primi anni Duemila.

Con il governo gialloverde, però, il vento è cambiato. Arera apre le porte ai militanti di partito, anche ex parlamentari. Castelli, per esempio, è un leghista di lungo corso. Già nel 1993 era in consiglio comunale a Milano e affiancava un giovanissimo Matteo Salvini. Negli anni successivi sono arrivati gli incarichi in Aem, conservati anche dopo che la società della metropoli lombarda è diventata A2A in seguito alla fusione con la bresciana Asm. Infine, nelle settimane sorse, il nome di Castelli è riemerso tra i papabili per l’Arera. In altre parole, dopo aver trascorso oltre dieci anni ai piani alti di una delle più grandi aziende energetiche nazionali, l’ex segretario milanese della Lega, classe 1950, avrà ora il compito di sorvegliarne l’attività, tutelando gli interessi dei consumatori.

Ha fatto politica tutta la vita anche Saglia, che dalla militanza giovanile nelle file dell’estrema destra è infine approdato nei giorni scorsi all’Authority delle reti. L’esordio in Parlamento risale al 2001, sui banchi di Alleanza Nazionale. Nel 2009 arriva l’incarico di governo, come sottosegretario allo Sviluppo economico. Due anni dopo, Mario Monti sostituisce Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi e il parlamentare bresciano, passato al Popolo della Libertà, abbandona la poltrona al ministero.

Nel frattempo però Saglia si era costruito la fama dell’esperto in materia energetica e in veste di sottosegretario aveva gestito per conto del governo alcuni importanti dossier. Tra gli altri, per esempio, la revisione della concessione con cui è stata affidata a Terna, azienda a controllo pubblico, la gestione della rete elettrica dell’alta tensione, in linguaggio tecnico la trasmissione e il dispacciamento dell’energia. Quel provvedimento ha confermato e in parte migliorato le condizioni e le tariffe del servizio che lo Stato affida alla società, che è quotata in Borsa. Nel 2017, il bilancio del gruppo si è chiuso con profitti lordi, il cosiddetto ebitda, pari a 1,6 miliardi su 2,2 miliardi di ricavi. Una redditività altissima, il 72 per cento, paragonabile a quella di Autostrade per l’Italia di cui molto si è discusso nelle ultime settimane.

Nel 2014, meno di tre anni dopo aver concluso l’esperienza di governo, l’ex sottosegretario è entrato nel consiglio di Terna. Adesso Saglia cambia un’altra volta casacca. Dovrà, tra l’altro, sorvegliare la società di cui è stato amministratore dal 2014 fino a pochi giorni fa. Prima ancora, nel suo ruolo di governo, Saglia rappresentava l’azionista nonché concessionario di Terna. Tre casacche, una sola persona. Un campionissimo delle porte girevoli.