Salta la norma sulla trasparenza nella legge sulla Concorrenza. La politica, dopo mesi di proteste, non accetta limiti di scelta per i vertici nelle Autorità di controllo. Dove presto dovranno rifugiarsi in molti bocciati alle urne

Con profondo sollievo dei partiti, dopo numerose imboscate parlamentari, il governo ha accettato di sopprimere ancora una volta la meritocrazia nelle Autorità di controllo e di conseguenza l’articolo 32 della legge sulla concorrenza. Questa norma, già fiaccata nel tempo, introduceva una commissione tecnica di cinque esperti di «alto profilo e moralità» per vagliare le carriere e le competenze dei candidati. Nient’altro che un’opera di scrematura oggettiva per lasciare poi ai decisori finali – governo, parlamento, ministeri - una quaterna di profili validi fra cui sceglie il nominato.

 

Inizialmente la novità riguardava l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la Commissione nazionale per le società e la borsa, l'Autorità di regolazione dei trasporti, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali, l'Autorità nazionale anticorruzione, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

 

Organismi che hanno un impatto indiscusso su economia e cittadini, in senso più esteso, sulla convivenza civile. I presidenti di Camere e Senato e i partiti con poche eccezioni hanno presto invocato l’autonomia (autodichia) per ribellarsi al giogo di Palazzo Chigi e così la legge, che rientra fra le misure previste dal piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per adeguarsi ai livelli europei, aveva già ridotto l’utilizzo della commissione tecnica di cinque esperti alle nomine esclusiva del governo come il presidente di Consob (Borsa) o di Agcom (Comunicazione). Non era sufficiente.

 

L’articolo va eliminato. La politica pretende discrezione assoluta. Non per le concessioni balneari che annoiano da mesi, non per un classico baratto politico fra maggioranza e governo, non per uno slancio di sovranità, ma perché tra un anno una piaga sociale si abbatterà sulla politica: gli esuberi o i trombati, come preferite. Ciascun partito, tranne Fratelli d’Italia, la prossima legislatura dovrà scontare la riduzione degli eletti da 945 a 600. Più della metà degli attuali parlamentari di Cinque Stelle, Italia Viva, Forza Italia è matematicamente fuori, sa che non potrà rientrare, non c’è spazio, non c’è modo. E manca un anno scarso al voto. Allora meglio riservare dei posti per aiutarsi. E le Autorità restano indipendenti in teoria poiché da sempre sono occupate dalla politica se non dai politici.

 

L’ultimo è il deputato legista Massimiliano Capitanio indicato commissario Agcom. Questa stratificazioni di regole e di costumi ha portato a scegliere il professor Pasquale Stanzione per la Privacy soltanto perché era il più anziano e dunque l’unico che potesse scongiurare la presidenza di Ignazio La Russa, ha permesso il salto all’Agcom del consigliere parlamentare Giacomo Lasorella perché assai apprezzato dai Cinque Stelle, professore di diritto costituzionale, non mago delle telecomunicazioni, ha unito i presidenti Elisabetta Casellati e Roberto Fico nella promozione all’Antitrust del magistrato Roberto Rustichelli senza altre spiegazioni a margine. È andata così bene finora. Perché cambiare adesso che pure le poltrone sono in recessione.