Milano rimane nelle mani di una giunta di centro sinistra e ha il suo primo sindaco Pd (Giuliano Pisapia era stato eletto in quota Sel), forse l’unico risultato che in questa tornata interessava davvero al presidente del consiglio

L’ottimismo,  a Milano, negli ambienti Pd era palpabile, anche se non era del tutto fondato. La differenza di voti tra Stefano Parisi e Giuseppe Sala era minima e mille le incognite. Eppure, chissà perché, in serata, il candidato del centro destra sembrava fare meno paura. Un presentimento diventato realtà man mano che continuava lo spoglio dei voti e i primi dati sembravano confermare che Milano, restava in mano al centro sinistra.

Un successo inchiodato a 3 punti percentuali e poco meno di 20 mila voti, e che, più che la fine di una trionfale marcia di Beppe Sale, sembra il risultato della somma di più variabili, non tutte controllabili, non tutte dipendenti da Sala e dai suoi. Difficile capire cosa abbia predominato, regalato tre punti di stacco e consegnato la città all’ex commissario unico di Expo: forse l’estate e la chiusura delle scuole hanno portato via dalla città parte di quell’affluenza che era già stata scarsa due settimane fa (51%, contro il 54% del primo turno), sarà che a ingrossare le fila degli elettori di Giuseppe Sala sono arrivati i voti dei #ritardataripersala, hashtag sotto il quale da qualche giorno si erano riuniti tutti quelli che al primo turno erano rimasti a casa aspettando di essere proprio indispensabili al ballottaggio e che ora, sono arrivati in soccorso del candidato del centro sinistra, effetto della campagna a tappeto di Lorenzo Guerini che da giorni è stanziale a Milano e la batte palmo a palmo, confermandosi ancora una volta un tessitore e taumaturgo capace di portare sempre a casa il risultato, forse l’unico che in questa tornata interessava davvero a Matteo Renzi.

Effetto, forse di endorsement di peso, come quello di Gherardo Colombo e di Emma Bonino e, persino del più inatteso di tutti, quello di Basilio Rizzo che, a sorpresa, a poche ore dal silenzio elettorale, ha dato indicazione ai suoi di votare Sala, smentendo i propositi e gli umori dei suoi che, da mesi dichiaravano che al secondo turno sarebbero stati a casa.

Effetto forse della liquidità del MoVimento che, a quanto pare, al secondo turno non riesce a muoversi compatto (come i partiti veri) e torna a parcellizzarsi nelle mille anime che lo compongono e che non è riuscito a darsi pace, né votando per Giuseppe Sala, né (come vulgata vuole fossero gli ordini di scuderia) a votare Parisi per colpire Renzi. Insomma, nella frizzante sede del Comitato per Sala, sono contenti di aver vinto ma forse non sanno nemmeno loro come hanno fatto.?Intanto si godono il risultato.

Certo, anche se Milano rimane nelle mani di una giunta di centro sinistra e ha il suo primo sindaco Pd (Giuliano Pisapia, è bene ricordare, non era del Pd, ma era stato eletto in quota Sel) il margine di vittoria è stato molto risicato. ?E forse, fino all’ultimo, nonostante i sorrisi e le strette di mano, anche dalle parti del comitato di Beppe Sala fino all’ultimo temevano qualche brutta sorpresa e si sono mossi con cautela. Una cautela tradita da un dettaglio: due settimane fa le finestre della stanza in cui Sala aveva atteso i voti e che affacciano sulla sala stampa non erano oscurate. Oggi invece sì: sono state ‘murate’, ricoperte di carta azzurra che non lascia vedere niente. Nell’ipotesi in cui non ci fosse niente da vedere.