Marco Cappato racconta le tappe di questo decennale. Che vorrebbe diventasse un'occasione per non perdere altro tempo in Parlamento. Almeno per la prima legge. Non si tratta di compassione. Ma di diritti civili
Dieci anni dalla morte di Piergiorgio Welby. «Io ero con lui, quel giorno, in ospedale, insieme a Mario Riccio e ai medici belgi pronti a intervenire se la sedazione non avesse funzionato». Marco Cappato, tesoriere dell'
associazione Luca Coscioni di cui Welby è stato cofondatore, riparte da quel giorno per ricordare il significato di questi dieci anni di battaglie per i diritti civili, che
l'associazione porterà alla Camera dei Deputati con un dibattito che chiede di fare presto.Il 12 gennaio scade il termine per presentare emendamenti alla commissione Affari Sociali del Senato per la legge sul testamento biologico, la prima delle due leggi richieste da 100mila firmatari, con iniziativa popolare. L'altra: l'eutanasia. Su cui Cappato riconosce, i tempi saranno più lunghi. «
Ma chiediamo, e crediamo sia possibile, approvare almeno la legge sul testamento biologico prima della fine della legislatura». Perché se il nuovo governo occupa il dibattito delle aule, insieme alla legge elettorale, fuori, nel pese, «ci sono decine di migliaia di persone che aspettano
un diritto fondamentale», ricorda Cappato. Un diritto che «pur essendo costituzionalmente garantito, ancora obbliga i cittadini a rivolgersi a degli avvocati per farselo riconoscere».
Il diritto a rifiutare le cure. «Con la scelta di Welby di rendere, insieme a noi, la sua battaglia pubblica, scoprimmo molte cose, nel 2006», racconta Cappato: «Scoprimmo innanzitutto che l'opinione pubblica era a stragrande maggioranza favorevole all'eutanasia. Quindi che lo spazio costituzionale per garantire questa scelta già esisteva. E infine che non eravamo i primi: a pochi giorni dall'appello mi scrisse un medico, dicendo che avremmo potuto farlo quando volevamo, ma senza clamore. Si faceva, ma senza dirlo».
Quell'abitudine, nei termini della battaglia dell'associazione, è diventata anche un movimento di
disobbedienza civile. «Diamo informazioni a centinaia di persone. Le aiutiamo.
Lo Stato non può impedire loro di andarsene». La prima proposta di legge per l'eutanasia passiva, ricorda Cappato, arrivò nel 1984 da Loris Fortuna: lo stesso parlamentare che legò il suo nome alla legge sul divorzio. «Per noi è fondamentale: perché
è lo stesso solco. Quello dei diritti civili».
Insieme alla discussione adesso del testo, Cappato e l'associazione Luca Coscioni rilanciano un appello al Ministero della Salute «affinché intervenga con una circolare che dia indicazioni precise affinché non sia più necessario l’intervento di un giudice per far rispettare le volontà della persona malata che chiede solo il rispetto di un diritto costituzionalmente garantito, come affermato nella sentenza del Tribunale di Cagliari sul ricorso presentato da Walter Piludu».