La biblioteca statale, la sinagoga e il cimitero ebraico. I luoghi di Gorizia legati alla vita del filosofo di origine ebraica

Il Fondo Michelstaedter
Biblioteca statale, nel palazzo dov’era lo Staatgymnasium. In una stanza blindata sono conservati i suoi quaderni, disegni, libri. «Tesori in una cassapanca salvata da una vicina di casa la notte del ’43 dai tedeschi, portati qua, catalogati e titolati nel ’73 da Sergio Campailla», racconta mostrandoceli Antonella Gallarotti, che dall’80 cura il Fondo, organizza mostre, pubblica volumi di storia goriziana; «più una parte che abbiamo acquistato tre anni fa da un libraio-bibliofilo». Sfogliamo quei quaderni e disegni: «Duplice e spezzato dentro, disegna volti su volti, come sdoppiati», nota la scrittrice Patrizia Finucci Gallo; «un uomo porta in mano un se stesso più piccolo, come un pascoliano fanciullino, la parte bambina di sé. Nudi, solo maschili, muscoli e pieghe tracciati con mano esperta, lui aveva studiato nudo ?a Firenze, ma gli organi sessuali sempre tralasciati ?o cancellati, come a misconoscerne la fisicità, rimuovere ?la sessualità. E, sotto l’illustrazione di un libro, la marcata sottolineatura della parola “purezza”, lui che dei suoi rapporti con le prostitute scriveva “le mie porcherie”».

La Sinagoga, nell’antico ghetto ebraico
Sono qui conservati ed esposti dal ’98 i 17 quadri e alcuni disegni ?di Carlo Michelstaedter, salvati dalla Prima guerra mondiale e poi dal saccheggio nazista, lascito della sorella Paula alla Biblioteca. «Vengono una cinquantina di visitatori l’anno, studiosi e appassionati. Vero è che più di 4 ore a settimana non riusciamo ad aprire», spiega Lorenzo Drascek che, senza più una vera comunità ebraica a Gorizia, cura l’attività culturale della sinagoga. È immaginabile una partecipazione alla ricerca dei fondi per salvare la soffitta di Carlo? «Ora che non è più soltanto uno spazio vuoto, con quel graffito ritrovato del frate, proverò a coinvolgere la Fondazione per i beni culturali ebraici in Italia. Vedremo». Guardiamo i quadri. Carlo dipinge la madre, la sorella, Nadia che amava non ricambiato, un vecchio cieco, l’ultimo paesaggio, varie caricature. Ma sono gli autoritratti a colpire. Nelle foto che abbiamo, Michelstaedter ha lo sguardo un po’ impacciato; negli autoritratti assume un piglio duro, altero, maschio, ?lo sguardo dell’uomo che la vita la sfida conoscendo il rischio. Com’è e come si vuol vedere, un’altra discrasia.

Il cimitero ebraico a Valdirose
Nonostante un bisnonno cabalista, Isacco Samuele Reggio, Michelstaedter non è mai stato religioso, ancor meno dedito a riti e tradizioni dell’ebraismo. Ma è sepolto qui, in questa conca a fianco di un viadotto, in Slovenia, duecento metri dopo il confine: uno degli ultimi, giacché il campo venne chiuso in quello stesso 1910. Sulla lapide con nome e cognome, solo in ebraico ?è scritto che è un suicida e dunque non gli spetta altro che quella piccola pietra. Accanto, le più degne lapidi di padre, fratello, Elda, la sorella maggiore morta in un lager, deportata con la madre Emma che novantenne morì ?nel viaggio. Intorno, senza ordine né sentieri, qualche centinaio di altre tombe. A fianco è l’antica cappella funeraria: ora è il bar di un casinò.