«Donald ha fatto un VDay pazzesco» dice Grillo, incurante delle accuse di chi gli dice di guardare a destra e saltare sul carro del vincitore. Il senatore M5S Nicola Morra spiega perché l'imprenditore in effetti fa simpatia e cos'ha in comune coi pentastellati

Beppe Grillo ha registrato il video a notte fonda, ed è stato così uno dei primi leader politici a commentare il voto americano. «È pazzesco questa è la deflagrazione di un'epoca. È l'apocalisse dell'informazione, della tv, dei grandi giornali, degli intellettuali, dei giornalisti. Questo è un vaffanculo generale. Trump ha fatto un VDay pazzesco». Grillo quindi non festeggia tanto per Trump - anche se dal video trapela un certo entusiasmo - ma si mostra contento per la dinamica del voto Usa, che a lui ricorda l’ascesa italiana del Movimento 5 stelle.

Uscito il leader, dopo di lui, anche il ministro esteri ombra del Movimento, Alessandro Di Battista, è intervenuto per spiegare meglio il concetto. Di Battista comincia prendendosela con il governo italiano che, avendo improvvidamente sostenuto Clinton, ha esposto l’Italia a un imbarazzo. Poi se la prende con chi, «non potendo ammettere il proprio ennesimo fallimento, parla di "voto di rabbia"». «Costoro», dice Di Battista, che così si ricollega a Grillo, «odiano i cittadini che scelgono. Costoro pensano che la democrazia ci sia soltanto quando le scelte dei popoli coincidono con le loro».

Dietro al loro ragionamento c’è dunque l’idea che il Movimento, in Italia, sia un argine all’avanzata della destra. Il paragone però, come dimostrano le accuse subito arrivate dai dem e dalla sinistra, è scivoloso.

Non trova, onorevole Morra?
«No. Io però sono dell’avviso che, prima che della vittoria di Trump, si debba parlare della sconfitta dell’establishment e che tutti coloro che rispondono a certi poteri si dovrebbero oggi fare alcune domande. In particolare - ed è quello che spiega Beppe - si dovrebbero interrogare sulla loro capacità di comprendere la società e i cambiamenti che la attraversano».



I cambiamenti cioè i "Vaffa" vostri e di Donald Trump, come dice Grillo?
«I dati sull’affluenza dicono che Trump è riuscito più di Hillary a tenere i cittadini dentro il perimetro della democrazia rappresentativa. Trump ha parlato a tantissimi che altrimenti avrebbero scelto di non votare: è esattamente quello che ha fatto il Movimento 5 stelle e che ha stupito i più».

Trump ha fermato l’astensione e la destra. Anche voi, almeno all’inizio. A costo però, ad esempio, di qualche timidezza sui temi più scivolosi, come l’immigrazione...
«Io mi chiederei se più che fermare la destra, la nascita del Movimento 5 stelle, e poi il suo diffondersi come un virus, non abbia - come credo - impedito la rinascita della stella a cinque punte, e non abbia evitato che il malessere diffuso prendesse forme violente, già conosciute negli anni 70 e 80».

Cosa permette il parallelo tra voi e Trump?
«Rispetto alla percezione - che conta molto alle elezioni - sicuramente Trump è stato percepito estraneo al potere, alle banche e alle lobby di Hillary, e vicino alla gente e al suo malessere».


Che poi è paradossale pensando che Trump è un esponente tipico dell’un per cento ricco a cui si imputano le crescenti disuguaglianze. No?
«Che sia milionario non conta: è stato avvertito come più autentico e questo basta. Ed è stato così anche perché Trump non si è curato né fidato dei media tradizionali. Guardi: Trump ha fatto ciò che aveva fatto Obama alla sua prima elezione, ha saltato le mediazioni. Solo che poi Obama si è dimenticato di esser stato il candidato della rete e, come tutti, si è illuso che bastasse massacrare Trump per vincere. Non è così: è più forte la diffidenza verso i media tradizionali».

Lei parla di un mondo senza mediazioni, come futuro obbligato. Per Grillo, poi, la vittoria di Trump «è l’apocalisse dell’informazione, della tv, dei grandi giornali, degli intellettuali, dei giornalisti». Ma l’informazione è anche quella che cavalca le paure, che gonfia gli effetti e i costi dell’immigrazione, che sono argomenti preziosi per i Trump del mondo. E quanto ad allarmismi non è che il web sia esente, anzi, a cominciare dai molti siti della vostra galassia…
«Il web è un moltiplicatore, un acceleratore che può esser positivo o no. La riflessione di Mentana sui webeti, ad esempio, è inappuntabile. Ma la nostra idea è che il web debba essere un amplificatore di contatti umani. Ormai dovrebber esser chiaro a tutti che le persone, nella democrazia ai tempi di internet, vogliono e cercano l’orizzontalità».

Di Battista ha detto che avrebbe votato Verdi, fosse stato cittadino americano. Lei?
«Io probabilmente non sarei andato a votare».

Lo pensa anche adesso che sa che ha vinto Trump?
«Sì, sarei stato tra i milioni di statunitensi che non votano. E non sarei andato anche in polemica con il sistema di voto, un sistema maggioritario che stravolge l’effettivo esito elettorale. I termini di voti assoluti, infatti, Clinton ne ha di più di Trump. Ma lei perde e vince il secondo.  E a me, uno che viene dileggiato continuamente, preso di mira dai media, e pur tuttavia continuava a incalzare l’avversario, può farmi anche simpatia, ma le pare giusto?».

Quindi sarebbe rimasto a casa guardando con simpatia a Trump. Ma se il candidato dei Democratici fosse stato Sanders?
«Sarei andato a votare e avrei votato per lui. Ma non per nulla Sanders è stato fatto fuori dal suo stesso partito».

Se ci fosse stato Sanders lei non avrebbe guardato Trump con simpatia. Faccio allora un parallelo: se il Pd fosse più di sinistra o se a Grillo, nel 2009, fosse stato concesso di correre alle primarie, il Movimento non esisterebbe o lei almeno non ne farebbe parte?
«È probabile. Se il Pd si fosse aperto di più - non tanto se si fosse spostato a sinistra, non è quello il punto - noi probabilmente non ci saremmo».