Benedetta Ciaccia come Valeria Solesin, dieci anni prima. Trentunenne romana fu l'unica vittima italiana degli attentati di Londra nel 2005. Ma la memoria per lei si è fermata alle promesse. Nel 2006 il Comune di Roma le dedicò un parco, poi ridotto a un lembo di terra dalla speculazione edilizia. Alla fine le dedica una via. Abbandonata senza luci né marciapiedi

La raffica assordante degli spari, le grida disperate e la folla in fuga, i cadaveri a terra, la distesa di fiori e candele sulle scie di sangue, le lacrime che rigano i volti in primo piano nelle telecamere. E il cordoglio per le vite spezzate, forse destinato a restare anche stavolta proclama vuoto per i media. Parigi 2015 come Londra 2005.

Lo stesso orrore, lo stesso strazio, le stesse lacrime versate dal Paese per quell'unica vittima italiana, fatta bandiera nazionale della lotta al terrorismo. Il ricordo da tenere in vita per combattere la paura, per non dimenticare. Ma la memoria resta vuota se si ferma alle promesse. E le stragi inglesi insegnano.

Oggi l'Italia piange Valeria Solesin, la 28enne veneziana rimasta uccisa al Bataclan sotto i colpi di kalashnikov dei terroristi. L'impegno del sindaco di Venezia è intitolarle un ponte della sua città. Ieri l'Italia piangeva Benedetta Ciaccia, 31enne romana, saltata in aria accanto a un kamikaze, tra le stazioni di Liverpool Street e Aldgate East. Di lei, dieci anni dopo, resta una targa piantata in fretta e furia due giorni fa, e una lingua di asfalto colato alla buona in mezzo al verde incolto. Niente marciapiedi, niente lampioni.

"Mia figlia non è più nessuno, dovevano intestarle una via ma i lavori per la riqualificazione non sono mai partiti, e la targa è rimasta per anni a prendere la polvere tra le scartoffie. I politici non hanno rispetto neanche per i morti". Dal 2011 Roberto Ciaccia, il padre di Benedetta, ha una fittissima corrispondenza con il Comune di Roma. Mail, fax, lettere protocollate. L'ultima è datata 17 novembre e indirizzata al commissario Tronca e al prefetto Gabrielli.

Roma le aveva promesso uno spazio nella toponomastica della città, una piccola traversa senza uscita di via del Forno Saraceno, a Selva Candida, periferia nord della Capitale. La scelta non è casuale. Lì in una villetta di recente costruzione, è andata a vivere con i figli piccoli una delle due sorelle di Benedetta, Roberta, oggi 36enne. "Ho pensato che sarebbe stato bello far crescere i miei nipoti nella via dedicata alla zia". Da qui la richiesta in Campidoglio il 13 Dicembre 2011, e l'ok del consiglio comunale due giorni dopo. Una rapidità che non si ripeterà più.

Con una lettera inviata a gennaio 2013, l'allora assessore alle Politiche Culturali, Dino Gasperini, informa la famiglia Ciaccia: “La Commissione Toponomistica ha espresso parere favorevole all'intitolazione della strada da noi richiesta per Benedetta, trattandosi però di una strada in costruzione si procederà non appena saranno completati i lavori”. Già, ma non sono mai neanche partiti, salvo quella striscia di bitume gettata sul terreno. La targa, rimasta anni sulle scrivanie degli uffici tecnici capitolini, è stata montata la settimana scorsa, nel silenzio, senza cerimonie, senza tagli del nastro.

E Roberto non ha dubbi: “Non ci posso credere davvero, la strada resta al buio, nessuno ha fatto i lavori, certo che non hanno inaugurato, cosa c'è da inaugurare? Solo perché hanno letto le mie parole su internet e per quello che è successo a Parigi si sono subito affrettati per evitare la figuraccia e ripulirsi la coscienza”. Senza contare che per quella targa la famiglia ha rinunciato a un parco, già intitolato a Benedetta dall'ex sindaco Veltroni, nel 2006.

Un fazzoletto verde in via Odoardo Giove, sempre a Roma nord, poco distante dalla casa di famiglia dove la ragazza è nata e cresciuta. “Ci hanno detto che non potevamo avere tutte e due, il parco e la strada - spiega il padre - che poi non è vero perché per i personaggi importanti è stato sempre fatto. Comunque noi abbiamo scelto la via, il parco si era ridotto a pochi metri quadrati”. Sì perché nel 2013 metà del terreno fu ceduto dal Comune alla Lidl per la costruzione di un supermercato, e un'altra porzione ospita un'area cani.

Il fu parco Benedetta Ciaccia non esiste più da un anno, è diventato il parco Nicholas Green, un omaggio, con cerimonia alla presenza dell'ex sindaco Marino, al bimbo californiano ucciso vent'anni fa in un tentativo di rapina sulla Salerno Reggio Calabria. La targa intitolata a Benedetta se l'è portata a casa il padre, aspettando l'inaugurazione di quella minuscola strada mai arrivata. Resta la desolazione di una memoria mai scritta, accanto al dolore di chi ancora non dorme la notte pensandola.

“Si doveva sposare a settembre, era già tutto pronto, aveva fatto anche le foto pre matrimoniali, qui a Roma”. Il futuro marito, Fiaz Bhatti, 29 anni, era un britannico di origine pachistana. Lei cattolica, lui musulmano. Un falso problema perché “si amavano molto, il resto non contava”. Lavorava a Londra dall'età di 20 anni. “Partì per studiare inglese, fui io a incoraggiarla ad andare, mia moglie non voleva, era bravissima, l'avevano assunta prima al Financial Times, poi nella più grande casa editrice inglese, la Penguin. Si è anche laureata da borsista”. Tesse le lodi della sua bambina, per darle dignità almeno nei racconti. Perché via Benedetta Ciaccia ora esiste, ma forse non le fa onore.