Ecco le spine di Silvio. La Pascale scalpita per entrare in pista. Barbara viene stoppata dai fratelli. Persino Verdini vagheggia di mollare tutto. E il partito traballa nei sondaggi

Ben mille emendamenti al ddl sul voto di scambio e nemmeno uno straccio di capolista per le elezioni europee. Una dirigenza cresciuta nella devozione al Capo, e ora terrorizzata dalla possibilità di essere messa da parte per l’ennesimo restyling berlusconiano (i club, la Pascale, il cerchio magico, Toti e Fiori); come già avvenuto in passato ma ora senza il leader alla guida della nave, e quindi senza garanzia di un futuro di percentuali solide.

Ecco la tenaglia caotica in cui si dibatte Forza Italia, partito mai davvero rinato eppure vivo e vegeto in Parlamento. Una tragedia che ormai corre parallela – perché partito e capo non sono più la stessa cosa - a quella in cui si dibatte il suo leader, destinato ad (almeno) un biennio di stop da incarichi pubblici ma non rassegnato a farsi da parte. La fotografia, scattata dall’interno del partito azzurro, è impietosa e somiglia una parodia di tanti anni fa sulla Casa delle Libertà. “Oramai ognuno fa il suo gioco, come gli pare, ignaro di quello degli altri. Ci ritroveremo da qualche parte, forse” sospira un ex ministro.

E mentre l’ex Cavaliere incontra i figli (e pare anche Fedele Confalonieri) per fare il punto sulla cosiddetta discendenza in politica (gli ultimi tam tam danno anche la Pascale scalpitante per entrare in pista) nei Palazzi circola lo spettro di un’ennesima scissione. O quantomeno di un gruppo di fuoco che si starebbe organizzando intorno a Raffaele Fitto. L’ex ministro pugliese, da sempre fortissimo su voti e preferenze, starebbe infatti lavorando a una sorta di resistenza, nel caso (dato sempre più probabile) che Berlusconi non voglia più concedergli una deroga per correre alle Europee pur essendo già parlamentare. Al momento è solo una minaccia, anche se c’è chi fa già il conto dei fedelissimi e degli aggregabili, per capire se si supererebbe la quota minima per formare un gruppo parlamentare. Manovre già viste tante volte che in questo caso fanno particolarmente impressione se si pensa che a novembre, quando maturò la scissione di Alfano, l’anti-Angelino, il più quotato figlioccio successivo, era proprio lui: Fitto.

Le ultime tentazioni dell’ex Cavaliere poi stanno fiaccando pure gli insospettabili: persino Denis Verdini, plenipotenziario delle ultime dieci Ere fino all’accordo con Renzi, pare vagheggi polemico di mollare tutto. Il fatto è che l’analisi su ciò che è da fare diverge completamente: di fronte al crollo dei consensi nei sondaggi (che dicono Forza Italia rischi di arrivare terza), l’ex premier vorrebbe rispondere con club e nuove leve (e lui a fare da traino per l’eternità). I signori del partito, invece, pensano che l’unica soluzione sia candidare almeno una decina di nomi da territorio (essi medesimi: Fitto, Scajola, Verdini, eccetera) in grado di racimolare le preferenze necessarie a sopravvivere senza l’ex Cav. Alla fine deciderà lui e chi “gli sta più vicino in quel momento”, polemizza un deputato.
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Poi vi è la questione della Dynasty di Arcore, ancora avvolta nel mistero. Due le spiegazioni che circolano circa lo stop dato sabato da Berlusconi in carne ed ossa alla possibilità che al prossimo voto europeo possa correre uno dei suoi figli. La prima ipotesi vedrebbe Marina e (forse) Piersilvio contrari alla discesa in campo di Barbara (l’unica che sinora non abbia detto un tondo “no” alla politica). Troppi i contraccolpi nei rapporti di forza tra figli di primo e secondo letto (vige il bilancino ovviamente: mai dimenticare, ad esempio, che Marina e Piersilvio posseggono il 7,65 per cento ciascuno dell’impero di famiglia, e dal 2005 Barbara, Eleonora e Luigi il 21,4 per cento in tre).

La seconda ipotesi, è invece assai più berlusconiana e parte da ciò che è evidente: sarebbe proprio Berlusconi in persona ad aver dato lo stop ai propri figli, avendo l’ex Cav. capito che l’eventualità rischiava di diventare concreta. In quel caso dovrebbe farsi davvero da parte: ciò per cui il signore di Arcore non sarà mai pronto.