Il comitato scientifico ha espresso il suo parere negativo sul metodo promosso da Davide Vannoni, segnalando la mancanza di "consistenze scientifiche": Il Tar ha però riaperto il caso accogliendo il ricorso di Stamina contro la scelta dei membri del comitato. Il nostro approfondimento sul presidente della fondazione, non un medico ma un esperto di "processi persuasivi"

AGGIORNAMENTO 4 DICEMBRE - Il Tar ha accolto il ricorso dell'ideatore del metodo Stamina contro la scelta dei membri della Commissione di esperti che ha bocciato la terapia e portato alla decisione del ministro della salute Beatrice Lorenzin di sospendere la sperimentazione. Secondo gli esperti, guidati dal presidente dell'Istituto Superiore della Sanità Fabrizio Oleari, mancavano i fondamenti scientifici sufficienti a giustificare l'approvazione della sperimentazione. La decisione del tribunale amministrativo sospende tuttavia la decisione.
Riproponiamo qui la nostra inchiesta su Davide Vannoni, l'ideatore del metodo Stamina.


Nei giorni di picco arrivano anche in dieci, uno dopo l'altro, bambini e adulti. Vengono accompagnati da quei genitori e parenti che condividono lo strazio di una malattia che molti specialisti giudicano senza speranza. Si presentano la mattina al più grande ospedale pubblico di Brescia con l'ordinanza di un giudice che obbliga il personale dell'accettazione ad accoglierli per iniziare il trattamento messo a punto dall'uomo oggi più discusso della sanità italiana. Lui si chiama Davide Vannoni, ha 46 anni e una caratteristica non comune per quello che si dipinge come il benefattore dei quasi 200 malati che fino ad adesso, a Brescia, si sono rivolti a lui: non è un medico. Vannoni, torinese di nascita, laureato in lettere nel 1993, è la persona al centro del clamore suscitato dal cosiddetto metodo Stamina. Assieme ad alcuni collaboratori, dice di aver elaborato una metodologia per trattare con le cellule staminali alcune gravi malattie, dall'atrofia muscolare spinale alla paresi cerebrale infantile, dalla sindrome di Niemann Pick al morbo di Parkinson. In un caso che si trascina da quattro anni fra mille risvolti - medici, giudiziari e politici - Vannoni è passato dai guai di un'indagine per truffa che il pm Raffaele Guariniello sta concludendo proprio in queste settimane ai fasti della prima somministrazione di massa di cellule staminali mai effettuata, decisa per legge dal Parlamento.

Un percorso ricco di polemiche e colpi di scena che, tuttavia, promette di riservare ulteriori sorprese. Perché, proprio mentre accusa il governo di boicottare la sperimentazione scientifica del suo metodo, Vannoni ha stretto un'alleanza milionaria con un imprenditore che sta lavorando per poter effettuare i suoi trattamenti all'estero. «I primi accordi li stiamo stringendo con operatori del settore sanitario e gruppi ospedalieri in America Latina e a Hong Kong, anche se al momento non posso divulgare ulteriori dettagli», anticipa a "l'Espresso" lo stesso partner del creatore di Stamina, l'industriale farmaceutico Gianfranco Merizzi, proprietario del gruppo Medestea. Un nome che rivela un'incredibile coincidenza: perché Merizzi, nel 1999, quando produceva cosmetici e integratori alimentari con i marchi Clinians e Sant'Agelica, era finito al centro di un'inchiesta giudiziaria condotta sempre da Guariniello sul Cellulase, un trattamento anti-cellulite: «Il processo accertò sia in primo che in secondo grado la piena regolarità del Cellulase. Ma nel frattempo le vendite erano crollate e io avevo dovuto cedere tutto alle multinazionali», racconta. Proprio il fatto di considerarsi «rovinato da Guariniello», come si definisce, avrebbe spinto Merizzi a studiare il lavoro di Vannoni «senza pregiudizi». Decidendo, alla fine, di diventare il socio-finanziatore dell'uomo di Stamina.

Vent'anni fa prevedere che Vannoni sarebbe diventato l'artefice della «rivoluzione che sconvolgerà la medicina», come assicura Merizzi, non sarebbe stato facile. Chi all'epoca frequentava Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche di Torino, lo ricorda come uno studente brillante e anti-convenzionale. «Aveva un carattere esuberante, con una grande voglia di protagonismo. Una formazione non da letterato ma da comunicatore, con quella specie di eccitazione che, negli anni in cui stava nascendo la facoltà di Scienze della Comunicazione, era abbastanza naturale per tutti noi», rievoca un illustre semiologo che è stato suo docente, Gian Paolo Caprettini. Nasce forse da quella «comune esaltazione» un vezzo di Vannoni che Caprettini ricorda, quello di non correggere chi lo chiamava "professore" quando ancora non lo era. Il titolo se lo guadagna qualche anno dopo, quando vince il concorso da associato all'università di Udine, dove inizia a insegnare nel 2004. Oggi tiene corsi in "Ergonomia cognitiva" e "Psicologia della Comunicazione" per le lauree in Comunicazione e in Relazioni Pubbliche: discipline che non vengono specificate nel sito web della Stamina Foundation, dove si definisce semplicemente come "Professor" o "Prof". Sbaglia anche chi lo chiama psicologo, almeno stando all'albo nazionale, dove il suo nome non compare.

Uno spunto promettente per capire com'è diventato quel che è attualmente, invece, arriva dai suoi scritti. Fino ad oggi gli articoli che si sono occupati delle sue attività imprenditoriali ne hanno descritto i lavori nel campo del marketing, condotti spesso per gli enti turistici piemontesi. Vannoni, però, si è occupato anche di marketing sanitario per l'assessorato regionale e, in questo campo, ha scritto pagine che sembrano preludere alle tecniche utilizzate per convincere i pazienti a farsi trattare da Stamina. Concetti cruciali sono l'accento sulla «variabile emotiva» nei processi persuasivi, così come «l'esperienza mostrata dal mittente», ovvero la credibilità che gode chi spiega di aver effettuato lui stesso l'esperienza che vuol proporre agli altri. Idee che saranno messe in pratica nei video utilizzati per mostrare i progressi dei malati, così come il racconto clou nella nascita del Vannoni 2.0: essersi curato lui stesso con le cellule staminali per sconfiggere una parziale paresi del viso.

Il suo personale viaggio della speranza ripete spesso di averlo fatto nel 2005 a Kharkov, in Ucraina, dopo aver inutilmente speso 30 mila euro per tentare di curarsi in una clinica privata torinese. «Dopo cinque viaggi con carotaggi ossei e iniezioni, ho recuperato il 50 per cento», ha spiegato. La rivelazione sulla potenza delle staminali è tale che, al rientro in Italia, convince i due biologi di origine russa che hanno lavorato al suo trapianto a seguirlo in Piemonte. Passano pochi mesi e Vannoni e i due, Vyacheslav Klymenko e Olena Shchegelska, si presentano da un notaio per costituire la società Re-Gene Srl, che ha come scopo «l'esecuzione di ricerche sperimentali su cellule staminali», la loro «differenziazione mediante appositi terreni di coltura» e la «vendita di tali prodotti di manipolazioni estensiva».

Non si limitano però a studiare in laboratorio. Le indagini hanno ricostruito che Vannoni entra in contatto con diversi pazienti attraverso alcuni medici. Le cellule staminali vengono prelevate dalla cresta iliaca dei malati o dei parenti che si offrono come donatori, trattate, infine re-iniettate. Qui, al di là di ogni dibattito scientifico sulla validità del metodo, sta il primo punto critico della storia di Vannoni. Stando ai riscontri effettuati, tra il 2007 e il 2009 ha fatto impiantare a circa 60 pazienti le cellule staminali trattate. Già nel 2007, tuttavia, la legge equiparava i trapianti di questo genere ai farmaci: l'aspirante staminologo avrebbe dunque venduto ai pazienti terapie non autorizzate dal ministero. E qui, in particolare, pesa un dettaglio raccontato dal padre di una donna colpita da una malattia degenerativa che le aveva paralizzato braccia e gambe: «Mi raccomandò di non fargli pubblicità perché in Italia questi trattamenti erano vietati».

La seconda questione riguarda il giro di quattrini che si sviluppa attorno alle cure. Forse per superare le difficoltà normative, accanto alla Re-Gene spuntano due diverse società sanmarinesi. Sul Titano viene anche installato un laboratorio e finiscono i bonifici dei pazienti. Alcuni arrivano a versare anche 50 mila euro, altri si fermano a poche migliaia. Vannoni si è sempre definito uno «studioso appassionato», dicendo di non aver mai agito per lucro e di aver fornito gratuitamente le cure a chi non poteva pagare. Ma sarà solo con la conclusione delle indagini che si capirà meglio che contestazioni i magistrati gli potranno fare.

Nel frattempo, però, è indubbio che il creatore di Stamina abbia ormai svoltato. Un riassunto dei fatti aiuta a capire perché. Nel 2011 - quando l'inchiesta di Guariniello era già nota da tempo - Vannoni ottiene la possibilità di effettuare il suo trattamento agli Spedali Civili di Brescia. Lo aiuta Luca Merlino, un pezzo grosso della sanità regionale lombarda, che risulta anche uno dei primi pazienti trattati nell'ospedale lombardo. L'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco, concede il via libera, per poi revocarlo quando la cosa emerge e Guariniello estende l'inchiesta ai fatti bresciani.

I trattamenti vengono bloccati. Le famiglie dei pazienti si rivolgono ai tribunali, che in alcuni casi obbligano l'ospedale a riprendere le cure. Aiutati dalla fondazione di Vannoni e da altre onlus sorte nel frattempo, sempre più malati si rivolgono ai giudici. Il governo Monti interviene con un decreto che tenta di sanare la situazione e affrontare le proteste, poi convertito in legge dall'attuale Parlamento: vengono stanziati 3 milioni di euro per una sperimentazione clinica, mentre Brescia continuerà i trattamenti sui pazienti che hanno ottenuto il diritto di chiederle. Nel 2012, quando l'Aifa impose il blocco, erano una dozzina; oggi sono quasi 200.

Forte del clamore suscitato, Vannoni nel frattempo ha cambiato strategia, trasformandosi in una sorta di Primula Rossa delle staminali. Ha venduto o liquidato le società commerciali, compresa la Re-Gene. Contesta il comitato di esperti che dovrà valutare i risultati della sperimentazione, ritenendoli in molti casi pregiudizialmente contrari. Raccoglie donazioni attraverso la Stamina Foundation ma, a ogni passo che fa, sottolinea come il suo operato sia senza scopo di lucro. Sul sito web non c'è nemmeno un indirizzo e ogni contatto è delegato a un numero di telefono. Su Facebook ha scritto di essersi trasferito temporaneamente negli uffici torinesi della Medestea del suo alleato Merizzi. Il quale mostra senza esitazioni il contratto che li lega.

C'è scritto che manterranno fede al «principio di gratuità» della cura e che Vannoni donerà a Stamina «parte» dell'importo (pari a 2 milioni) che Merizzi gli ha riconosciuto per condividere il know how sulle staminali. L'obiettivo è «la diffusione del metodo Vannoni nel resto del mondo», a cominciare appunto da Hong Kong e da un Paese dell'America Latina il cui nome resta per ora segreto. «Ci verrano curati i malati locali», assicura Merizzi, sostenendo che a pagare saranno assicurazioni, donatori e sistemi sanitari statali, perché «in molti Paesi non ci sono le restrizioni dell'Italia e diversi scienziati pensano che, con oltre 170 mila studi pubblicati sull'uso delle staminali negli animali, sia giunto il momento di occuparsi delle persone che muoiono». Riprenderanno anche i viaggi della speranza degli italiani? «Non vorremmo. Perché bisognerebbe prima trovare il modo di sostenere i costi elevati delle trasferte», è la risposta