La rabbia per essere costretti a scendere in piazza 'per difendere' anziché 'per ottenere'. L'allegria perché presto l'inverno di Berlusconi sarà alle spalle

Questa è una manifestazione coi capelli bianchi. Posata, saggia, anche un po' stanca. La gente intorno a me sembra domandarsi perché mai sia necessario scendere in piazza per difendere la Costituzione. Ancora? Dopo tutti questi anni? Così qualcuno ne approfitta per ricordare l'olocausto della scuola pubblica, la crisi di disoccupazione, la pace e persino il cordoglio per il terremoto in Giappone.

In piedi sulla vasca di piazza Esedra, due ragazzi mostrano un cartello con un decalogo che fa rima dieci volte con Ruby. Non c'è niente di strano, la Costituzione è lo scheletro della repubblica, ma anche la pelle, che contiene ogni organo, ogni passione. Quel che è strano, mi dico scendendo verso piazza del Popolo, è che negli ultimi anni, almeno cinque, abbiamo indetto soltanto manifestazioni che avevano come obiettivo mantenere qualcosa, e non ottenere.

Eppure di cose da ottenere ce ne sarebbero ancora tante, anche rispetto alle democrazie omologhe alla nostra. Ma tutto il fiato che abbiamo, tutta la forza la stiamo impiegando a puntellare, resistere, bloccare. Se ci distraiamo un attimo, sembrano dire queste manifestazioni, ci sfilano sotto il naso tutto quanto. E' come se ci fossimo battuti per cinquant'anni per ottenere qualcosa e ne servissero altrettanti per riperderla.

Che cosa resterà di questo nostro secolo? Consegneremo il compito in bianco, come nei nostri peggiori incubi sull'esame di maturità? L'italia è un repubblica fondata sulla stanchezza. Mentre questo corteo scende verso piazza del Popolo con la cautela dei muscoli un po' spenti, sotto il palco la gente già canta.

O bella ciao, due cento, mille volte. Accompagnati da un violinista, anche lui coi capelli grigi, che si stacca dall'orchestra che dovrà suonare il coro del Nabucco e si unisce alla gente di là dalle transenne. Intorno a me, riconosco al volo giovani attori e attrici. Per come sono vestiti e si guardano intorno, e perche si appartano con un foglio in mano.

Ogni tanto ne sento qualcuno recitare alcune frasi degli articoli della Costituzione, provarli e riprovarli cercando l'intonazione migliore. I primi ad arrivare sono Ascanio Celestini, Ottavia Piccolo, Fiorella Mannoia. Mentre attacca Viva l'Italia di Francesco de Gregori, arriva in piazza la testa del corteo. Sono le tre e mezzo. Sopra la nostra testa, gira un unico elicottero, fastidioso e inutile come una zanzara.

Ci sono molte bandiere e alcuni cani. Dietro il palco tutti si abbracciano. Forse perché si riconoscono, forse per la gioia di essere qui tutti insieme a difendere la Costituzione. Piano piano la piazza si riempie. Arrivano gli "amici della costituzione" dice qualcuno nel microfono dal palco.

Mi chiedo se non sia arrivato il momento di fare una moratoria della parola amicizia. Non sono una talebana della lingua, ma se conto tutti gli "amici" di Facebook, e gli "amici" di qualsiasi attività si voglia pubblicizzare, e ancora gli "amici" come eufemismo per sponsor e attività criminali, mi innervosisco un po'.

Per questo reagisco male quando qualcun altro, sempre dal palco, prende la parola per chiedere agli "amici" dell'informazione di togliersi dal palco perché sta arrivando la bandiera più lunga d'Italia. Che, per la verità, vista da vicino non è neanche così lunga. La sorreggono a due lati decine di persone allegre, qualcuno indossa una pettorina con su scritto un articolo della Costituzione e Io adotto.

Gridano tutti insieme L'Italia s'è desta. La piazza del Popolo è ormai quasi piena. Insieme alla bandiera cominciano ad arrivare i politici. Ci sono Anna Finocchiaro, Fassino, Mussi, Leoluca Orlando, e molti altri dei quali non mi accorgo. Faccio in tempo a salutare Giancarlo de Cataldo, elegantissimo con il suo foulard tricolare dell'ANPI e la festa comincia. Devo ricordarmi di indagare il motivo per cui, dietro il palco delle manifestazioni, ci sono sempre così tanti bassotti.