Il testo ha come primo firmatario Federico Mollicone (Fdi) per la quale l’origine dell’attentato andrebbe inquadrata nelle dinamiche politiche generate dal cosiddetto "lodo Moro". E Meloni e Piantedosi parlano di “atto terroristico”

La strage di Bologna fu una strage neofascista. Ma non per il centrodestra. A metterlo nero su bianco il deputato di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone firmatario della mozione del centrodestra sulla quale non compare alcun riferimento esplicito alla matrice neofascista dell'attentato che il 2 agosto del 1980 uccise 85 persone ferendone oltre 200.

Il testo, visionato per primo dall'Adnkronos, vede il presidente meloniano della commissione Cultura della Camera come primo firmatario. Racconta di un iter processuale che pur avendo "già registrato condanne definitive" non è "ancora concluso".

Si fa riferimento alla cosiddetta "tesi palestinese" o "teutonico-palestinese", da sempre un cavallo della destra per spostare l'asse delle indagini sull'attentato dinamitardo.

Evidenzia così il lavoro delle Commissioni parlamentari, con il quale è emerso "come il cosiddetto 'lodo Moro', ossia l'accordo extra legem tra la cosiddetta diplomazia parallela italiana (affidata a settori dei servizi di informazione e sicurezza) e la dirigenza palestinese, maturato in ambito politico-istituzionale agli inizi degli anni Settanta (in seguito alla strage palestinese alle Olimpiadi di Monaco del 1972) per tutelare gli interessi italiani dalla minaccia di attentati, sia il cuore di molte vicende storico-giudiziarie". Per i firmatari della mozione "occorre, pertanto, che ne siano finalmente chiariti sia le esatte finalità sia i modi di applicazione e le conseguenze che questo patto extra legem determinò sul piano nazionale e nei rapporti internazionali con l'Alleanza atlantica". 

 

Così mentre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda al Paese che è stata accertata nei processi la natura neofascista col favore «di ignobili depistaggi e di «agenti infedeli» dello Stato. La mozione della maggioranza di Governo segue l’eco delle parole della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni che fa riferimento ad un «atto terroristico» senza alcun riferimento sulla natura neofascista. Così come il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi

«Bene commemorare la strage di Bologna, male i tentativi di riscrivere la storia» ha commentato Marco Furfaro, componente della segreteria nazionale del Partito democratico. «E male pure le parole non dette. La Presidente Meloni ha fatto una dichiarazione in alcuni passaggi molto ipocrita. Non pronuncia mai la parola "neofascista", cioè la matrice accertata della strage. Perché? Che problemi ha con la storia del nostro Paese? Perché non ha il coraggio di pronunciare parole di verità? Mentre i suoi vogliono fare la commissione di inchiesta. Continueremo dire no ai tentativi di revisionismo e di riscrittura della storia, per rispetto delle vittime innanzitutto. E chiederemo anche alla destra di farlo, a partire dalla premier Giorgia Meloni, nonostante silenzi e strafalcioni». Attacchi anche da parte del presidente dell’Associazione nazionale partigiani Gianfranco Pagliarulo: «Negli anni scorsi Giorgia Meloni ha più volte messo in discussione le verità accertate dalla magistratura. Oggi è presidente del Consiglio. La sua ambiguità non è più tollerabile».

 

Resta, agli atti, una mozione fuori tempo come già raccontato da Paolo Biondani su L’Espresso: «dopo 43 anni di indagini e processi difficilissimi, ostacolati da continui depistaggi di eccezionale gravità, la strage di Bologna non va più classificata tra i tanti dolorosi misteri d'Italia.Il più grave attentato terroristico nella storia della democrazia italiana (85 morti, oltre 200 feriti) è stato eseguito da una banda armata di terroristi neofascisti, con la copertura dei vertici piduisti dei servizi segreti militari e del loro criminale burattinaio Licio Gelli».